Guardò l'insegna del supermercato

Guardò l’insegna del supermercato e pensò che era la cosa giusta da fare. Forse avrebbe dovuto coinvolgere anche il suo amico. Forse no, forse era meglio così, se le cose fossero andate storte avrebbe pagato soltanto lui.
Controllò un’ultima volta l’arma. Fece scorrere con cautela il carrello avanti e indietro, il colpo era in canna. Inserì la sicura, mise la pistola in tasca, poi la tirò fuori e controllò di nuovo la sicura e mise la pistola in tasca.
Era la cosa giusta da fare, aveva una famiglia da mantenere.
*
Scese dalla macchina, parcheggiata vicino a un passo carrabile per avere una fuga rapida. Entrò nel supermercato con passo lento. Aveva studiato quel colpo per settimane, e aveva scelto l’obiettivo con cura.
Il supermercato era un piccolo supermercato biologico. Poco personale, pochi clienti, ma molti soldi in cassa. Ormai i grossi supermercati avevano più guardie giurate che clienti e telecamere dappertutto. Lì invece c’erano soltanto quattro telecamere, di cui tre puntate sugli scaffali e una sola sulle casse. E tutti i giorni alle 14:45 l’impiegato dell’ufficio – l’unico che osservava le telecamere – usciva nel cortile interno a fumare una sigaretta, per abitudine consolidata. Stava via quattro minuti, giusto il tempo di ripulire le casse. Lo studio delle abitudini costituisce la base per ogni buona rapina.
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Il supermercato bio aveva clienti ricchi, lo scontrino medio si aggirava sui sessanta euro a persona, anche se i sacchetti degli acquisti uscivano mezzi vuoti. Tutto sommato quella rapina rappresentava una forma di giustizia sociale. Quella gente riusciva a spendere anche un euro e cinquanta per una banana, purché fosse bio. Intanto i suoi due bambini avevano fame, e sua moglie lo guardava con rabbia ogni volta che tornava a casa a mani vuote, e lui aveva voglia di uccidere sua moglie, nonostante l’amasse, e, anzi, proprio perché l’amava. Quella rapina era la cosa giusta da fare.
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Si avvicinò alla cassa, a quell’ora c’era una sola cassiera, una donnina delle Mauritius che scherzava con tutti i clienti. Lui finse di studiare quale fosse il miglior dentifricio bio, e volle essere sicuro che nessuno fosse in coda. Erano le 14 e 47, rimanevano soltanto due minuti prima del ritorno dell'impiegato. Calcolò mentalmente quanto ci fosse in cassa. Almeno cinquemila euro, forse molto di più.
Passò all’azione.
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Aveva immaginato mille volte quel momento, e le emozioni che avrebbe avuto nel compiere quel gesto. Era la sua prima volta, non aveva mai violato la legge. Pensava che la pistola - un acquisto fatto su internet grazie a un amico di un amico, a cui aveva promesso cinquecento euro a cose compiute - gli sarebbe pesata troppo nelle mani tremanti. Doveva dire qualcosa, gridare forse, mentre l’avrebbe puntata in faccia alla cassiera. Aveva deciso che avrebbe mantenuto la sicura inserita, tanto la cassiera non se ne sarebbe mai accorta. Meglio tenerla inserita, qualcuno avrebbe potuto farsi male.
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Mentre puntò la pistola in faccia alla mauritiana non disse niente. Non gridò niente, non specificò che Quella era una rapina, non urlò di Dargli i soldi. Gli venne naturale. La mauritiana obbedì a quel comando implicito, docilmente schiacciò un bottone – anzi due, quello grande, sopra la cassa, e quello più piccolo, sotto la cassa – gli fece un sorriso, e tirò fuori un fascio di banconote da cinquecento euro, molto più di quanto lui avesse mai immaginato, e in quel momento lui pensò che non solo era la cosa giusta da fare, ma che avrebbe dovuto farla molto prima e si sentì improvvisamente bene e pieno di energie. La mauritiana fece un gesto inatteso, si mise a contare le banconote sul piccolo davanzale di plexiglass, come se si trovassero in banca e ci fosse una prassi da rispettare. E lui non disse niente, non le mise fretta, ed erano le 14 e 50, l’impiegato era rientrato in ufficio dopo la sigaretta e se ne stava lì, a bocca aperta, come in un fermo-immagine, davanti alle patate bio, osservando stranito la scena, e lui pensò di puntare la pistola anche contro l'impiegato, o di gridargli qualcosa come in un film di Tarantino, qualcosa come, Non ti muovere figlio di puttana o ti faccio saltare le cervella, sì, pensò proprio a quella frase, e subito dopo pensò che non solo non era un figlio di puttana, ma che non gli avrebbe mai sparato, e tanto meno in testa. Tenne l’arma puntata contro la cassiera che gli confermò sorridendo dodicimilacinquecento, e gli mostrò le due mani vuote e gli fece un sorriso, come dire, E’ tutto quello che ho.
Mise i soldi in tasca, non li accartocciò come in un film di Tarantino, anzi appoggiò la pistola sul davanzale in plexiglass per avere le mani libere, li piegò per bene e li mise in tasca. Riprese la pistola, continuò a tenerla puntata contro la cassiera – quasi avrebbe avuto voglia di ringraziarla e di salutarla - , e uscì senza dire una parola. In quei sei minuti non aveva detto una sola parola. Infilò l’arma in tasca, e uscì con una lentezza esasperante. Più cresceva in lui l’euforia di avercela fatta, e più camminava lentamente, come se volesse aumentare ancora di più il controllo della situazione. Controllava tutto. Poteva tutto.
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Salì in macchina, fece un sospiro e appoggiò la fronte sul volante. Rimase così per una manciata di secondi. Poi venne assalito da una stanchezza mortale, avrebbe voluto addormentarsi lì, e appoggiò la testa all’indietro. Toccò la tasca gonfia di denaro per essere sicuro che tutto fosse vero. Girò la chiave e la macchina non partì. Mentre riprovava, due gazzelle dei carabinieri erano già davanti a lui, messe di traverso.
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Risultò poi che il giudice lo aveva condannato applicando un’aggravante speciale, un’aggravante costituita dal fatto che aveva rapinato un supermercato bio senza avere un’arma bio, perché non si poteva, per legge, usare una pistola comune, un’arma qualsiasi per quel genere di rapina bio, ma erano ammesse soltanto pistole bio, senza piombo e altri inquinanti, bensì esclusivamente pistole in legno d’acero e caricate a proiettili di mais non geneticamente modificato. Al più, scrisse il giudice nella motivazione della sentenza, avrebbe potuto e dovuto usare una siringa con sangue bio, anche senza certificazione, purché le analisi a posteriori – c’era giurisprudenza sul punto – avessero dimostrato l’origine controllata del sangue.
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Fu condannato a sette anni, e fu rinchiuso in un carcere bio, una prigione di ultima generazione. Le sbarre alla finestra erano state costruite in farro e altri cereali, e così lui, una notte, se le mangiò e fuggì attraverso la boscaglia.
Non lo trovarono mai più.

W.B.



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