Come risolvere la crisi economica (1)

Partiamo da un concetto semplice.
Il denaro, guardato per quello che è, dal punto di vista fisico e materiale, è costituito da pezzi di carta colorati e da tondini di metallo.
Il valore del denaro è naturalmente convenzionale: i consociati hanno stretto tra loro un patto, e si son detti, Quella carta e quei tondini hanno un valore.
Se non ci fosse il patto, quella carta colorata e quei tondini non avrebbero alcun valore, e infatti i bambini li guardano per quello che sono: pezzi di carta colorata e dischetti di metallo. Ci si può giocare.
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Il valore che abbiamo attribuito al denaro è un valore collegato al fatto che possiamo dare a qualcun altro il denaro in cambio di qualcosa.
In tanto il denaro ha valore in quanto può essere speso.
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Immaginiamo un soggetto che abbia nel cassetto mille euro, e che non li spenda. Semplicemente, li tiene lì. Aspetta.
Secondo gli economisti, quel soggetto si chiama risparmiatore.
La parola risparmiare viene dal germanico sparanjan – da cui deriva anche “sparagnino” – e significa appunto “astenersi dall’usare, dal consumare una cosa, o limitarne l’uso e il consumo allo stretto indispensabile, per lo più in vista di future necessità”.
A volte questo accade. Accade che un soggetto tenga i soldi in un cassetto.
Però qualsiasi risparmiatore, anche il più incallito, prima o poi i soldi dovrà spenderli. Al limite li lascerà ai suoi figli, perché li spendano.
Se il nostro risparmiatore non dovesse spendere mai i soldi che tiene nel cassetto – e non dovessero mai spenderli nemmeno i suoi figli e i figli dei suoi figli – quel denaro perderebbe qualsiasi valore. E’ come un sasso tenuto in mano, che ha un energia potenziale perché nel momento in cui lo lascio andare interviene la forza di gravità e lo spinge verso il terreno. Se mi reco sulla luna col sasso in mano, l’energia potenziale del sasso tende ad annullarsi.
I soldi nel mio cassetto non valgono più niente, se non li spendo, e non li spenderò mai.
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Acquisiti questi concetti semplici, chiediamoci per quali motivi un soggetto, anziché spendere i soldi, li risparmia.
Abbiamo appena detto che il risparmiatore prima o dopo li dovrà spendere, se non è scemo. Quindi la domanda più precisa, con l’aggiunta dell’avverbio temporale, perché la questione è temporale, è questa: perché un soggetto non spende i suoi soldi adesso?
Perché tu non esci e non spendi i tuoi soldi adesso?
Senza l’avverbio di tempo la domanda non ha senso. Il punto è quell’adesso.
Le opzioni teoriche, lasciando perdere Keynes e le ascisse e le ordinate e le formule – che sono cose da Mario Monti & C. - possono essere varie. Lasciamo anche stare la risposta perché non ho soldi, perché nel nostro modello il soggetto li ha, seppure nel cassetto (in questa opzione rientra anche la ipotesi secondo cui il soggetto non ha abbastanza soldi per comprare quello che vuole, la scartiamo perché è estremamente soggettiva e non ci consente generalizzazioni).
Le opzioni sono:
1. perché ho paura di rimanere senza soldi;
2. perché adesso quello che desidero costa troppo, secondo la mia opinione.
Uno – o entrambi – di questi fattori, genera l’attesa, e l’astensione.
Il primo è un atteggiamento psicologico dominato dalla paura di stare peggio.
Il secondo si basa sul desiderio di stare meglio, che non è abbastanza attraente.
Non ci dilungheremo qui sull’interessante diatriba in ordine alla maggiore o minore efficacia della paura o del desiderio ovvero, detto in altri termini, se sia più forte il premio o la punizione, ovvero, detto in altri termini ancora, se funzioni di più – quando un bambino di quattro anni fa i capricci – promettergli un Kinder Sorpresa, se la smette, oppure minacciarlo di buttargli via il suo giocattolo preferito, se non la smette. Secondo Doppiovubi, ma è la sua opinione personale, la paura è una molla molto più potente del desiderio, ma è la sua opinione personale, appunto. Michele Ferrero – uno degli uomini più ricchi del mondo, appunto, e l’uomo più ricco d’Italia – ha un’opinione ben diversa, ovviamente.
Scendendo a un livello più profondo, probabilmente il risparmio si basa esclusivamente sulla paura, perché in ultima analisi quando decido di non spendere perché per soddisfare il mio desiderio devo pagare un prezzo troppo alto, temo di buttare via il mio denaro e di rimanerne quindi sprovvisto. Però questo è opinabile. In linea di massima possiamo parlare di paura e desiderio, di punizione e premio.
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Orbene, voi tutti sapete che Doppiovubi sogna una società diversa, dove il denaro non esiste perché non esiste la proprietà, dove i governanti sono davvero i migliori e conoscono e guidano il popolo secondo il criterio dell’amore, della bellezza, e dell’amore per la bellezza, dove il tempo è la risorsa più preziosa e viene usato secondo natura, e dove i conflitti tendono allo zero perché i valori non sono materializzati. Ma questa società adesso non c’è, abbiamo la Società dell’Orrore, e questa Società dell’Orrore sta andando in crisi, e nel breve e medio periodo (concetti orribili) la Società dell’Orrore necessita di strumenti – orribili – per mantenerla in uno stato di sopravvivenza. Doppiovubi, dunque, suo malgrado, che non è uno stilita e vive in mezzo a voi, sta ragionando insieme a voi, appunto, con logiche orribili, secondo strumenti di pensiero orribili, ma sono purtroppo gli unici che, allo stato, possono essere compresi e applicati. A meno che non si teorizzi che questa Società dell’Orrore abbia un solo modo per purgarsi e depurarsi e in ultima analisi salvarsi ed evolvere, ovvero sprofondare nel disastro economico più totale, tabula rasa, e allora ben venga la cosiddetta crisi economica. Ma Doppiovubi teme che non sia così. La crisi economica farà morti e feriti, ma tra qualche anno gli stolti ricominceranno a brindare e a parlare di investimenti e di borse che volano eccetera eccetera, e tutto tornerà come prima, o anche peggio. E così Doppiovubi – con conati di vomito e turandosi il naso – discuterà domani con voi di IVA e di lavoro. L’unica cosa che Doppiovubi può fare è parlarne in termini umani, secondo le emozioni, appunto, guardando alla paura e al desiderio degli esseri umani, e non trattare questi ultimi come fossero pupazzi da manovrare per il lucro di quei pochi che hanno studiato i meccanismi dell’arricchimento e ne approfittano per diventare ancora più ricchi, e che trasformano gli esseri umani in percentuali su lucidi preparati dal bravo professore che dopo la sua bella lezioncina tornerà a casa soddisfatto ed applaudito e venerato dai suoi facoltosi studenti del master of business administration.
Poste queste basi, seppur con una fatica e un dolore immensi, vedremo nel post di domani che cosa può fare un cosiddetto buon governante oggi per risolvere la cosiddetta crisi economica.

W.B.

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