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Visualizzazione dei post da 2009

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" Le teorie formulate per giustificare la necessità biologica di dormire sono numerose, ma nessuna di esse appare suffragata da prove sufficienti a privilegiarla su tutte le altre. " (Elio Lugaresi, voce "Sonno", Enciclopedia Treccani, 2006).

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Nolite ergo assimilari eis; scit enim Pater vester, quibus opus sit vobis, antequam petatis eum. (Matteo, 6, 8) Il grassetto è di Doppiovubi. W.B.

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Ait autem: “Amen dico vobis: Nemo propheta acceptus est in patria sua". ( Luca, 4, 24)

Articolo 629.

Dopo aver constatato che effettivamente i suoi lettori, o meglio, alcuni dei suoi lettori travisavano, anche gravemente, quello che scriveva, scosse la testa amareggiato, e decise che per questo motivo non avrebbe mai più scritto niente. Spense il computer portatile e l'abat-jour. Quasi subito si addormentò, nervoso, come d'abitudine sul fianco sinistro. Sognò un Globo di luce, sospeso nell'aria. E rimanere al cospetto del Globo gli procurava benessere. Osservando con più attenzione, scoprì che il Globo era vivo. Lo toccò con cautela e percepì che tra il Globo e lui non c'era differenza, perché il Globo era lui stesso. Se non che il Globo sapeva tutto, mentre lui non sapeva niente. Per questo gli pose una domanda. Dimmi, ti prego, per quale motivo mi sento così infelice, alle volte. Per molti motivi. Spiegamene almeno uno. Quando hai deciso di incarnarti, pensavi che saresti stato libero. Non è così? La paura, la tua paura di fare quello che vorresti fare, soffoca ogni

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"Entri nel soggiorno e butti la giacca sul divano a due posti. Vai a stanare le pantofole e leggi i titoli dei libri negli scaffali, deciso a trasformare in realtà questo mito della tranquilla-serata-in-casa. Qualche titolo a caso basta a indurre in te uno stato di vertigine: Mentre morivo, Sotto il vulcano, Essere e tempo, Anna Karenina, I fratelli Karamazov . Devi aver avuto una gioventù ambiziosa. Naturalmente, parecchie di queste rilegature non si sono mai rotte. Hai fatto del tuo meglio per conservarle, per tenerle in caldo. Un bel niente sembra essere quello che hai voglia di fare fino a quando prendi in considerazione l'idea di metterti a scrivere. Si dice che la sofferenza sia la materia prima dell'arte. Potresti scrivere un libro." (Jay McInerney, Le mille luci di New York , 1984. Traduzione per Bompiani di Marisa Caramella).

In via del tutto eccezionale.

Da tempo si limitava a qualche breve citazione. Aveva la sgradevole impressione però che i lettori, diciamo lettori, non cogliessero appieno, anzi qualche volta per niente, il significato di quelle citazioni, ammesso che avessero un significato. Così decise di tornare a scrivere qualcosa di suo, in via del tutto eccezionale, nella piena consapevolezza che tanto i per così dire lettori non avrebbero colto neanche in qualcosa di suo un qualche significato, o comunque ci avrebbero visto un significato diverso da quello reale, o forse ci avrebbero visto soltanto qualcosa da criticare - era un periodo in cui si sentiva davvero tanto incompreso ma si sentiva anche presuntuoso, però almeno ne aveva o pensava di averne la consapevolezza e avere la consapevolezza di avere un difetto dicono che vada a elidere il difetto medesimo, salva la mala fede, come quelli che dicono Tanto mi posso pentire anche sul letto di morte e non vado all'inferno, e alla fine però ci vanno lo stesso perché avevan

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"I wake to sleep, and take my waking slow. I feel my fate in what I cannot fear. I learn by going where I have to go." Theodore Roethke, The waking

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"Sennonché, lui era intelligente. Era totalmente chiuso in se stesso, ma era intelligente. Era capace di guardare per ore una stessa cosa senza annoiarsi. E si è scoperto che riusciva a leggere. Leggeva molto lentamente e mai ad alta voce. Non so che cosa sembravano a lui le parole." David Foster Wallace, Piccoli animali senza espressione , 1989.

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"...I was the walrus, but now I'm John..." (John Lennon, God ) E poi pensò, La mia catarsi è quasi completa. W.B.

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“Vedo qualcosa…” Kit scrollò le spalle. “Incominciò a succedere lo stesso anche a me, alla tua età” ricordò Tesla. “Quando trovavo il tempo per star seduto immobile, le immagini venivano. Ma è sempre questione di trovare il tempo, no?” “Sì, c’è sempre qualcosa… lavoretti, tutto quanto.” “La decima” disse Tesla, “da rendere al giorno.” “ Non è che mi lagni delle ore qui… no, neanche un po’, signore.” “E perché no? Io mi lagno di continuo. Soprattutto perché non ce ne sono abbastanza.” (Thomas Pynchon, Contro il giorno , pagina 116)

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Ci pensò su per più di due mesi. Nel frattempo, non scrisse niente sul suo blog. Cambiò, così, idea. Giunse alla conclusione che non tutto è già determinato. Per ognuno di noi, al concepimento, è stato previsto uno scopo specifico, e il nostro destino consiste nel perseguire proprio quello scopo, e non un altro. Rimaniamo sempre liberi di seguire una strada diversa, e di sopportare così gli effetti di questa scelta. E tutto questo, pensò, non aveva niente a che vedere con la morale. Decise, dunque, e per la prima volta nella sua vita, di cercare di comprendere il suo destino. Forse aveva sempre recitato il ruolo sbagliato, letto in un copione sbagliato. A chi ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza. A chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. W.B.

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La fissò con attenzione, e improvvisamente capì. Guardò oltre il suo volto, oltre la sua scatola cranica. Vide il cervello di lei, rosato, percorso da innumerevoli ramificazioni di vasi sanguigni. E, ancora più a fondo, trovò miliardi di microscopiche reti neuronali. E, dentro queste sterminate connessioni, osservò stupito tutte le impressioni che lei aveva ricevuto, per tutto il corso della sua vita, da quando era stata concepita a pochi secondi prima dell'osservazione di lui. Erano tutte conservate fedelmente. Poi scrutò anche dentro le cellule di lei, e in ciascuna di esse vide la stessa identica e ripetuta sequenza interminabile di istruzioni. Capì che lei, di fronte a qualsiasi evento le capitasse, cercava la reazione appropriata, la sua originale responsabilità, ovvero l'abilità di rispondere, all'interno dell'unica base di dati a sua disposizione, ossia nelle sue reti neuronali e nel suo codice genetico. Non poteva che cercare in quei luoghi, dove il contenuto er

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Lei gli aveva detto: "Ma perché non hai scritto un post sulla nascita di tua figlia?" Non era una domanda, era una specie di rimprovero. Lo percepì come tale, anche se non lo era. D'altronde, erano quarant'anni, e oltre, che interpretava tutto quello che era diretto a lui come un ininterrotto rimprovero. Già, perché non aveva scritto un post sulla nascita della loro figlia. In realtà non si sentiva all'altezza, temeva di scrivere un post inadeguato all'evento più bello della sua vita. "Perché lo fanno tutti. Non mi va, è un momento intimo. Non me la sento di renderlo pubblico.", le disse, poco convinto. "Ah." concluse M., poco convinta. Aveva avuto paura di non saper rendere con la parola scritta, come sarebbe stato giusto, l'emozione che provava nel vedere quell'esserino dormire beatamente, con i due pugnetti sollevati sopra la testina. L'emozione che provava quando i due occhietti, con ventisette giorni di vita e di esperienze

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L'amico S. gli aveva scritto, in un commento a un post del suo blog, che ci sono soltanto due soluzioni: la consolazione della pagina e la contemplazione della natura. S. aveva anche scritto che le due soluzioni in realtà erano una sola. Da un po' di tempo lui non capiva bene il pensiero dell'amico S., che alle volte era effettivamente troppo oscuro. S. gli aveva detto: "Ascoltami, U., tu hai scelto la consolazione della pagina, ma non hai raggiunto alcuna consolazione." "Chi ti ha detto che ho scelto la consolazione della pagina?", gli disse U. "E' chiaro." "E' chiaro solo a te.", replicò U. con fermezza. "Dici? E' chiaro solo a me?" S. non era più tanto convinto. U. da tempo aveva capito che quando l'amico S. formulava asserzioni perentorie, era sufficiente mantenere la calma e confutarlo con fermezza. A quel punto S. dimostrava tutta la sua fragilità e metteva in dubbio tutte le sue convinzioni. "E

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Naturalmente non scrisse alcun post correttivo. Era un periodo in cui era stanco delle interpretazioni. Tutti dicevano la loro su tutto, tutti ritenevano di aver ragione su tutto. Desiderava fatti inequivocabili, che non consentissero margine all'opinione. Si scoprì a immaginare che uno sconosciuto, per la strada, gli sputasse addosso, così, senza motivo. Questo gli avrebbe consentito di saltargli addosso, dare libero sfogo all'ira, ucciderlo di pugni in faccia, senza che si dovesse nemmeno provare a discutere - perché nessuno potrebbe discutere intorno a un fatto chiaro come quello - giusto per ristabilire un ordine nelle cose. Ma nessuno sconosciuto gli sputava addosso, per la strada. W.B.

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“Ma come ti è saltato in mente di scrivere quelle cose sul blog?” disse lei. “Tanto non sono vere, è fiction, un esercizio narrativo, non dovresti prendertela.” disse lui. “Peccato che quelle cose vengono lette anche dagli altri, e poi ci credono.” “Ma se il mio blog non lo legge nessuno.” “Lo leggo io.” Lei se l'era presa, in particolare, perché lui aveva scritto che tutti lo usavano per ottenere il loro benessere. E in quel tutti era ricompresa anche lei. Lui se la cavò, o almeno credette di cavarsela, con la storia della fiction e dell'esercizio narrativo (si compiaceva soprattutto per il riferimento alla fiction). In più, ingenuamente le promise, con una certa melensa solennità, che avrebbe presto scritto un altro post per così dire correttivo, con il quale avrebbe chiarito a tutti i lettori, anche se di lettori in realtà non ne aveva e non ne avrebbe avuti, che si era trattato di mera fiction e di un puro esercizio narrativo. Questo, all'apparenza, contribuì a calmarla

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E poi si chiese, Ma forse io stesso mi comporto così con gli altri, forse anch'io uso gli altri per il mio benessere. Dopo averci riflettuto un po', si rispose abbastanza convinto, No, io non lo faccio. Qualche tempo prima era giunto alla conclusione che l'infelicità dell'uomo fosse sempre invariabilmente determinata da un unico fattore, ossia dalla sua capacità di costruirsi mentalmente un'aspettativa, proiettata nel futuro. La teoria si poteva descrivere così. L'uomo immagina una situazione piacevole, non attuale, per cui ovviamente la desidera, e si crea un'aspettativa. Il tempo passa, e la realtà, quando viene a esistenza, è oggetto di confronto con l'aspettativa. Normalmente non coincidono: nella fantasia tutto va secondo programma, altrimenti che fantasia sarebbe, nella realtà, invece, le cose non vanno come previsto, anzi. Quindi l'uomo – e, soprattutto, la donna – cerca disperatamente di forzare la situazione, di cambiare la realtà, per tenta

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In quei giorni si sentì molto solo. Pensò quanto fosse assurdo, e vano, che tutti, intorno a lui, si preoccupassero costantemente, e unicamente, di trovare il modo per essere felici, o, quanto meno, per non essere infelici. Che lotta assurda, e vana. Gli pareva, poi, che tutti fossero impegnati a usare lui, come fosse uno strumento per realizzare la loro felicità e il loro benessere. E fu questo pensiero, soprattutto, a dargli l'impressione di sentirsi solo. W.B.

La teoria più accreditata.

Prima o poi, tutti i bambini riescono a ottenere dai loro genitori una tartaruga d’acqua. La mettono sul tavolo e la usano come un giocattolo. Com’è divertente vederla zampettare verso il baratro e salvarla all’ultimo istante, con volontà di potenza. Come ogni giocattolo, dopo un po’ di tempo non interessa più. Diventa noioso. La natura fa il suo corso, e la tartaruga cresce sempre di più. E’ allora che la bestiola diventa un problema. Ho letto sulla enciclopedia universale, L’origine della luna è tuttora oggetto di ipotesi, ma la teoria che gode attualmente di maggior credito prevede che la luna sia stata generata in seguito a un gigantesco impatto con un oggetto delle dimensioni di Marte . Un gigantesco impatto. Un oggetto delle dimensioni di Marte. Anche mia nipote, la figlia di mia sorella, non ha fatto eccezione. La tartaruga – ormai adulta – è stata ceduta a mia mamma. Mia mamma ha accettato l’incarico. Da sette anni si occupa dell’anfibio, con cura amorevole. Le cambia l’acqua d

Allahu Akbar.

Domenica sono stato alla libreria Feltrinelli di piazza Duomo. Cercavo una di quelle poltrone nere, tipo Frau, dove ti puoi sedere per sfogliare un libro prima di comprarlo. Tante volte la gente ci si siede solo perché è stanca. Forse è l'aria condizionata della Feltrinelli che ha dentro qualcosa che ti fa stancare. Di sicuro emana un cattivo odore, sa di minestrone. Sabato pomeriggio in corso Buenos Aires c'era una manifestazione pro-Gaza. Impressionante sentire centinaia di persone gridare Allah è grande, impressionante sentirlo gridare in arabo. In genere le nostre manifestazioni sono ricche di voci femminili, per cui il coro di protesta è leggermente acuto, si percepiscono chiaramente le ugole delle donne che vibrano e stridono. Questa volta il coro, nel complesso, aveva toni bassi, gutturali, cupi, cavernosi. Molto, troppo. Intimoriva. Allah è grande. Non c'era nemmeno una poltrona libera. Vagavo con due libri sotto il braccio, assediato dal caldo opprimente e dal catt

Dopo novantadue post, forse è ora di qualche cambiamento.

Quest'anno il Festival di Sanremo non sarà condotto da Pippo Baudo. Qualche giorno fa sono andato a pranzo con il mio amico – nonché collega – S. Ci siamo mangiati la solita pizza con la solita acqua minerale. Il cameriere mi ha guardato svogliato, aspettava la mia conferma, perché S. aveva ordinato anche per me, la solita pizza margherita e la solita acqua minerale gassata – non fredda. Io però ho voluto dare un'occhiata al menù del giorno. Sono vegetariano, mi è bastato vedere la parola cozze e la parola salsiccia. Vanno bene la pizza margherita e l'acqua gassata, non fredda, ho detto. Il cameriere ha fatto un mezzo sorriso di circostanza, come dire, mi hai solo fatto perdere tempo. Pare che il Festival sarà condotto da Paolo Bonolis. Alla fine i nomi sono sempre quelli lì, Baudo, Bonolis, Baudo, Bongiorno, Baudo. Un po' come quando la Juve vinceva un anno sì e un anno no. L'anno prossimo andrà a Pippo Baudo. Forse si sta riposando nella sua villa in Sicilia. Chis

Fondata sul lavoro.

Ieri mattina sono passato sotto l'ufficio dell'amico, nonché collega, Marco P., perché eravamo d'accordo sul percorrere insieme un certo tratto di cammino verso una comune destinazione. Ho premuto, con vigore, il pulsante sul citofono. Mi ha risposto, con energia: “scendo subito”. Ma ormai lo conosco abbastanza bene, e so che la sua attenzione è ineluttabilmente catturata dalle contingenze. E' questo a cagionare i suoi abituali ritardi. Inoltre, dato che la temperatura era sotto lo zero, ho ritenuto di andargli incontro, e di ripararmi, così, nell'androne. Per evitare perniciose correnti d'aria, mi sono spinto sino alla cosiddetta “guardiola”. Dentro la guardiola era il portinaio (*) dello stabile. L'uomo, seduto alla sua scrivania lignea, era intento a compilare la “Settimana enigmistica”. Era interamente concentrato nell'operazione di natura cerebrale, tanto da non accorgersi minimamente della mia presenza, nonostante rientrassi in pieno nel suo campo