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"Entri nel soggiorno e butti la giacca sul divano a due posti. Vai a stanare le pantofole e leggi i titoli dei libri negli scaffali, deciso a trasformare in realtà questo mito della tranquilla-serata-in-casa. Qualche titolo a caso basta a indurre in te uno stato di vertigine: Mentre morivo, Sotto il vulcano, Essere e tempo, Anna Karenina, I fratelli Karamazov. Devi aver avuto una gioventù ambiziosa. Naturalmente, parecchie di queste rilegature non si sono mai rotte. Hai fatto del tuo meglio per conservarle, per tenerle in caldo.
Un bel niente sembra essere quello che hai voglia di fare fino a quando prendi in considerazione l'idea di metterti a scrivere. Si dice che la sofferenza sia la materia prima dell'arte. Potresti scrivere un libro."
(Jay McInerney, Le mille luci di New York, 1984.
Traduzione per Bompiani di Marisa Caramella).

Commenti

pim ha detto…
se l'arte sia figlia del dolore è domanda che mi pongo, in dolente insipienza, da anni.

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