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Visualizzazione dei post da 2011

L'ombra di Marcus.

“Cammino tranquillamente nel bosco. Sento l’odore dell’umidità, ascolto il rumore delle foglie sotto i miei scarponi e ogni tanto il richiamo di un uccello. A tratti sono felice per l’assenza di umanità intorno a me.” “Assenza di umanità. Vada avanti.” “Poi mi prende l’inquietudine. Mi sento minacciato. Mi guardo intorno e l’ansia cresce sempre di più.” “Qual è il pericolo?” “Non lo so, qualcosa mi dice che si tratta di un serpente, un serpente velenoso e pericolosissimo, ma non riesco a vederlo, dev’essere nascosto tra le foglie.” “Quindi, cosa fa, scappa?” “No, cerco di vedere, di capire, ma il serpente non si vede né si sente. E’ proprio questo che mi terrorizza. Non vedere il pericolo.” “E se riuscisse a vederlo?” “Lo combatterei. Proverei a schiacciarlo. Ma non lo vedo. Eppure so che c’è.” “Questo sembrerebbe positivo, voglio dire, il desiderio della lotta. E poi?” “Poi mi sveglio.” *** *** *** Si fa un gran parlare, di questi tempi, di Goldman Sachs. Doppiovubi ha letto qualcosa

Nearer my God to Thee.

Doppiovubi pensa che dalle regioni sottili e superiori provengano agli esseri umani messaggi misteriosi, indiretti e impliciti, secondo codici da decifrare. Qualche giorno fa Doppiovubi ha sognato questa musica struggente e meravigliosa; come qualche inguaribile romantico ricorderà, è quella del finale di “Titanic” (*), quando i musicisti continuano a suonare, nonostante l’acqua salga sempre di più. Ormai non è più possibile andare oltre, e mister Hartley, col violino in mano, dice al suo gruppo: “ Gentlemen, it has been a privilege playing with you tonight.”. W.B. (*) Il titolo si richiama a una lirica, stranamente tratta, a sua volta, da un altro sogno; ""Nearer, My God, to Thee" è infatti un inno cristiano del 19° secolo scritto da Sarah Flower Adams, basato su Genesi 28:11–19, il racconto del sogno di Giacobbe. Fu poi la sorella di Sarah - Eliza - a musicarla.

Finale alternativo.

Roma, sabato 12 novembre 2011. Al termine di una delicata riunione con il direttivo del partito, Silvio Berlusconi lascia Palazzo Grazioli per recarsi dal Presidente della Repubblica. La folla lo attende dietro alle transenne. Gridano, fischiano, qualcuno lancia monetine contro la sua auto. Silvio tace e li osserva attraverso il finestrino azzurrato. Ancora qualche minuto, e sarà tutto finito. Al suo fianco, Gianni Letta lo osserva in silenzio. Avrebbe voglia di prendergli la mano. Poco prima, in una pausa della riunione, lo stesso Letta si era avvicinato ad Angelino Alfano. “Sono preoccupato – gli aveva sussurrato – oggi lo vedo particolarmente stanco. Temo per la sua salute.”. Angelino gli aveva risposto: “Hai ragione. Stasera poi è proprio, come dire, gonfio. E’ molto appesantito.”. Gonfio, e appesantito. L’auto si dirige veloce verso il Quirinale. Silvio tira un sospiro di sollievo. La folla non c’è più, anche se, nella sua mente, risuonano ancora i cori che lo

Piergiovanna D'Arco.

Dal Corriere.it del 19.10.2011: “MUTUI A GIOVANI, GARANZIA STATO - Le giovani coppie sposate senza un contratto di lavoro a tempo indeterminato avranno «una garanzia» dello Stato per accendere un muto sulla prima casa. È quanto si legge nella bozza del decreto sviluppo a cui sta lavorando il governo.”. Doppiovubi pone i seguenti gravi problemi di costituzionalità: 1. Perché accendere un muto solo sulla prima casa e non sulla seconda? 2. Perché accendere un muto sulla casa e non, per esempio, un sordo o un cieco? 3. Nel caso in cui il muto venga spento, a seguito dei suoi mugolii strazianti, si può continuare a godere della suddetta garanzia/agevolazione? Inoltre Doppiovubi pone un problema politico: ma che razza di Paese è quello in cui un soggetto svantaggiato, un disabile sostanzialmente, viene addirittura bruciato vivo, e non all’interno delle mura domestiche, ma finanche esposto all’esterno, quasi che le carni lessate costituiscano uno spettacolo? Per questo Berlu

Indig-nados.

Sì, Doppiovubi ci ha provato in tutti i modi a seguire l’istinto lessicale che pur non gli difetta, al fine di scovare nei meandri della sua amplissima e invidiata memoria linguistica un termine che potesse attagliarsi con assoluto rigore al fenomeno, come un predatore alla ricerca di una sola parola perduta, diremmo una sola aggettivazione, o anche per esser più tecnici, un’unica predicazione, utile e atta a divenir precisa e sottil didascalia di tutto ciò che questi bizzarrissimi esseri umani – sempre in movimento ma anche, ossimoricamente e dunque paradossalmente, in perenne assemblea statica con, invero costose, tende di foggia canadese - gli evocano, un concetto, anche se ineffabile, scolpito, come si suol dire, all’inseguimento della possibilità - con un singolo lemma - di azzeccare l’idea platonica, l’eidon, l’immagine, il coito fecondo tra linguaggio e senso visivo, la sintesi, l’Uno pitagorico che concilia gli opposti, la schiuma dell’onda dell’inconscio collettivo che accarez

La seconda tecnica per una buona comunicazione.

Nel post di sabato 17 settembre 2011, Doppiovubi vi parlò delle tecniche (o regole) per una comunicazione feconda tra gli esseri umani, iniziando dalla prima e promettendovene altre quattro. Doppiovubi non ha alcun dubbio sul fatto che nessuno dei lettori del suo blog abbia applicato costantemente la prima regola; forse qualcuno ci avrà fatto mente locale due o tre volte, ma poi la cosa, come si suol dire, sarà "morta lì". Doppiovubi non è - allo stato - né pazzo né affamato (*), ma per certo è pervicace, quindi insiste con le regole e vi propina la seconda, qui di seguito. Orbene, quando ci relazioniamo con un altro essere umano, durante l’interazione, dobbiamo (dovremmo) tenere sempre presente, con piena consapevolezza, l’intera storia del nostro rapporto. La ragione di questo è abbastanza evidente: una relazione che dura da molto tempo ha consentito di accumulare una vasta conoscenza, una mole di dati esperienziali che ci permettono di valutare (non “giudicare”) con chi

Clarence.

L’altra sera Doppiovubi e M.P. (quello dei pipistrelli) si sono recati a casa di PIM per seguire Juventus-Milan. Tutti e tre sono milanisti dalla nascita. PIM nutre e appalesa un particolare odio per Clarence Seedorf, in quanto gli riconosce qualità superiori alla media, ma scarso impegno, il che è imperdonabile (in effetti). Doppiovubi dice, Clarence ha trentacinque anni; forse starebbe a Massimiliano Allegri metterlo fuori. Ma quali alternative ci sono? Doppiovubi, a ogni modo, si è svegliato lunedì mattina con una chiarissima similitudine, riguardante C.S., che è la seguente. Doppiovubi ha capito, con una lucidità folgorante, chi gli ricorda Clarence S.: gli ricorda uno che, alla sera, diciamo verso le 20.45, porta il cane nel prato sotto casa a far la pipì, e intanto passeggia con flemma tra i ciuffi d’erba, fuma una sigaretta e forse fa una telefonata. Ecco, più o meno C. Seedorf si muove così sul campo: con la stessa rapidità e lo stesso impegno di uno che porta fuori il cane (*)

Io crescerò, felice per il mondo andrò.

Da un po’ di tempo a questa parte, si fa un gran parlare di “crescita” economica. Tutti gli economisti affermano risoluti che bisogna “crescere”. Ci vuole la “crescita”. Il P.I.L. deve “crescere”. Doppiovubi afferma che l’idea della crescita è malsana, nefasta e perniciosa, e ciò per (almeno) due motivi. Il primo è che in natura, in un sistema chiuso, non ci può essere crescita, bensì soltanto un diverso ri-equilibrio, a somma comunque zero; la crescita è contraria alla legge di conservazione della massa, enunciata da Antoine-Laurent de Lavoisier nel 1789 (*), che, in termini volgari e non chimici stricto sensu, dice che nulla si crea e nulla si distrugge, bensì tutto si trasforma. Quindi “crescere”, sotto il profilo concettuale, è sostanzialmente impossibile (**). Il secondo motivo è strettamente correlato al primo: il concetto di crescita implica necessariamente un aumento quantitativo, mentre occorrerebbe semmai una diversa – e migliore - qualità delle attività e delle produzione. N

Come non sprecare il tempo che mi rimane.

Seppur cripticamente, Doppiovubi ha già avuto modo di richiamare la c.d. “Legge di Parkinson” (*). Secondo questa legge - tra l'altro -, se si ha a disposizione un certo tempo T1 per portare a termine il lavoro L, posto che il completamento di L dovrebbe comportare – secondo una misurazione oggettiva, per quanto ciò sia possibile – un minor tempo T2, il soggetto occuperà in ogni caso tutto il lasso di tempo T1, dilatando e ritardando ciascuna delle operazioni intermedie che dovrebbero condurre al più rapido perfezionamento di L; applicazioni di questo principio si rinvengono quotidianamente: lo studente universitario che sa di avere a disposizione un mese per preparare un esame (esame che si potrebbe preparare, diciamo, in quindici giorni) tenderà a diluire lo sforzo profuso e spesso si “ridurrà”, come si suol dire, agli ultimi giorni; il commercialista che invia telematicamente il modello Unico la sera della scadenza, pur avendo avuto a disposizione tutto il tempo utile per farlo

Eppur Doppiovubi non sa dove ha messo l’ombrello.

Com’è noto, uno dei maggiori problemi di Doppiovubi consta di questo, che egli non riesce avere uno sguardo d’insieme sulla realtà; frammenta talmente tanto i fenomeni (inevitabilmente, fino alle particelle elementari), che molte volte perde di vista il quadro generale. L’altro giorno si è detto, Forse può anche darsi che la concentrazione su un aspetto specifico delle cose, e la sua frammentazione sino all’ossessione, possa financo (o finanche) contribuire a togliere senso alla vita nel suo insieme. Come abbiamo la frantumazione (meglio che dire “frammentazione”) delle cose, c’è anche la disintegrazione del tempo: sino ai singoli istanti; e vivere momento per momento elimina ogni concetto di programma e ci fa assomigliare agli animali, che in effetti non hanno alcuna cognizione del tempo che passa. Anche i bambini molto piccoli, come gli animali, non hanno il concetto di “domani”, “dopo-domani”, “la prossima settimana”. Ma nemmeno il concetto di “tra due ore”. Se giocano con un pupazz

Default.

E’ consolidata la vecchia regola giornalistica per cui occorre separare i fatti dalla interpretazione dei fatti. L’interpretazione è lecita, per carità, e anzi il diritto di esprimere la propria opinione (cioè, l’interpretazione soggettiva) è tutelato costituzionalmente. Basta che si sappia che è interpretazione e che non è fatto (oggettivo); è un po’ come la pubblicità subliminale, che è espressamente vietata (*). Posso cercare di venderti un mobile IKEA, ma quanto meno devi sapere che sto cercando di vendertelo: non posso far transitare l’immagine di una BILLY per un nano-secondo, tra un ippopotamo e un fenicottero, in un documentario di Piero Angela. Non va bene: chi ascolta e vede non è libero di esercitare la sua facoltà di discernimento (diciamo, la critica del giudizio, Doppiovubi vi risparmia il tedesco, per questa volta). Tante volte, però, anche riportare un fatto (e un fatto vero) significa interpretare, senza però che sia chiaro che si tratta di interpretazione, che per def

La prima tecnica per una buona comunicazione.

Doppiovubi oggi vi esporrà la prima delle cinque regole dettate da una certa qual teoria psicologica con riferimento alla corretta comunicazione tra esseri umani. L'obiettivo è quello di realizzare un rapporto buono e fecondo, che non sia inquinato da elementi emotivi disturbanti, e in alcuni casi addirittura distruttivi del rapporto stesso. Perché la comunicazione è essenziale: viene prima di tutto. Applicando tutte le cinque regole, sarà possibile evitare la gran parte dei dissidi. Molte incomprensioni possono anche essere azzerate. Tutte e cinque le regole hanno a che fare con l'auto-introspezione, che il soggetto deve praticare contemporaneamente all'atto comunicativo. In buona sostanza, proprio durante l'interazione, occorre attivare – tenere in movimento - alcune aree del cervello, auto-osservandosi cartesianamente; un esercizio di difficile introspezione, difficile in quanto il cervello è già impegnato a comunicare, per cui è necessaria una certa sc