Io crescerò, felice per il mondo andrò.

Da un po’ di tempo a questa parte, si fa un gran parlare di “crescita” economica.
Tutti gli economisti affermano risoluti che bisogna “crescere”. Ci vuole la “crescita”. Il P.I.L. deve “crescere”.
Doppiovubi afferma che l’idea della crescita è malsana, nefasta e perniciosa, e ciò per (almeno) due motivi.
Il primo è che in natura, in un sistema chiuso, non ci può essere crescita, bensì soltanto un diverso ri-equilibrio, a somma comunque zero; la crescita è contraria alla legge di conservazione della massa, enunciata da Antoine-Laurent de Lavoisier nel 1789 (*), che, in termini volgari e non chimici stricto sensu, dice che nulla si crea e nulla si distrugge, bensì tutto si trasforma. Quindi “crescere”, sotto il profilo concettuale, è sostanzialmente impossibile (**).
Il secondo motivo è strettamente correlato al primo: il concetto di crescita implica necessariamente un aumento quantitativo, mentre occorrerebbe semmai una diversa – e migliore - qualità delle attività e delle produzione.
Non dovremmo fare “di più”.
Facciamo “meglio”, alla faccia degli economisti e di Emma Marcegaglia.

W.B.


(*) Anno assai significativo, come molti ricorderanno. Il sagace popolo francese, sommariamente pensò bene di tagliare la testa a uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi - Lavoisier, appunto - per sue presunte colpe burocratiche pregresse.
(**) Se non a spese di altri enti; se c’è qualcosa che di fatto cresce, nello stesso sistema e correlativamente ci deve essere qualcosa che de-cresce. Una crescita, dunque, è eticamente e moralmente riprovevole. In ultima analisi, una crescita generalizzata – se davvero si realizza – si risolve nella distruzione dell’ambiente e delle risorse naturali. Da qualche parte una falla ci deve essere, e il prezzo prima o poi si paga.

Commenti

pim ha detto…
Siamo circondati da nani, e da nani governati. Non mi riferisco né al Presidente Berlusconi, al quale comunque farei un busto di marmo, per motivi miei, né al Ministro Brunetta, che è nano di statura ma soprattutto è anche un po' un coglione. Mi riferisco alla statura antropologica. La Marcegaglia è illustre esempio di nanismo antropologico, così come lo sono non solo coloro che nani appaiono anche a occhi opachi, come tutti gli uomini (e le donne) politici, a tutti i livelli, ma anche coloro che bene dissimulano il nanismo. Per esempio i giornalisti (un esempio per tutti: Oscar Giannino, che è nano sotto le forme di gigante) e i professori universitari.
L'impero dei nani è il carattere distintivo del mondo moderno.

Visto che c'è spazio, aggiungo due righe per esternare, nel vuoto, un mio desiderio: il ritorno alla monarchia, purchè sia monarchia degli imbecilli. Inutile insistere con l'elezione democratica. Una maxiballa, direbbe Craxi. La democrazia non si estrinseca più da molto tempo per mezzo del voto, ma per mezzo degli acquisti (anch'essi come diresti tu "pilotati", ma qui il discorso è lungo e lascio stare). I destini del mondo sono retti da Brad Pitt e da Angelina Jolie e non dal presidente dell'Onu o degli Stati Uniti o di quella fasullata della BCE. Ed è giusto che sia così. E' giusto che sia Bono Vox, che ovunque si muova o qualsiasi cosa dica ha dalla sua parte milardi di persone che lo seguono e lo venerano come un dio pagano, quale in effetti egli è, a gestire le sorti del pianeta. Altro che Esseni, Giudei, Plutocrati; Emiri e Texani.
Ritorno al Re. Al re debosciato, pusillanime, capriccioso, violento, stupido e ridicolo. La figura del monarca illuminato che studia le Arti e coltiva la Bellezza è cosa da libri di storia. I nobili e la Corona sono, devono essere, degli Idioti Assoluti.

Dopo questo mio utile auspicio, entro nel merito del post.

Sono perfettamente d'accordo con te, anche - spero di non dire la solita puttanata - in applicazione del secondo principio della termodinamica, anzi del principio entropico.

Su un solo punto (che non è punto di piccolo momento, a onor del vero) mi trovo a dubitare. Sul "fare meglio". Non esiste il "meglio" o il peggio, così come non esiste il tempo. Se ancora fai parte della categoria di coloro che pensano di cambiare il mondo, come se esistessero davvero univsrsi paralleli, ovvero infinite variazioni dell'esistenza, allora mi fermo.

Essere vegetariano consente a te di dormire meglio la notte, al riparo dal volto dell'agnellino che, altrimenti, ti tormenterebbe, con la sua belante iperfragilità, implorandoti di non mangiarlo.
Tuttavia, ti sussurro, le migliaia di cadaveri di esseri viventi, ovini e non, fanno parte dell'Ineluttabile. (qui sono certo che non sarò capito)

Ciao.
pim ha detto…
http://www.dirittiglobali.it/index.php?view=article&catid=17:globalizzazionesviluppo-multinazionali&id=21568:quando-piu-significa-meno-&format=pdf&ml=2&mlt=yoo_explorer&tmpl=component
Anonimo ha detto…
Pim apre una interessanissima parentesi, e mi pongo dalla sua parte per verificarla nel senso. Data l'ineluttabilità che prelude all'assenza di un meglio o di un peggio, perché siamo totalmente incapaci di estraniarci dai fini delle azioni e delle cose? Fintanto che esistono fini, per un paradosso logico, è infatti impossibile ragionare nella direzione dell'ineluttabile. Perfino le cose inanimate posseggono finalità intrinseche alla loro costituzione, mentre la fonte dell'ineluttabilità dovrebbe essere qualcosa di essenzialmente neutro, e anche concreto e ben chiaro, altrimenti come arrivare per via esperienziale a stabilire questo assoluto?

Paolo
pim ha detto…
Caro Paolo, se è vero che tutto ha un senso, non è altrettanto vero che tutto ha un fine. Quello che per noi è il fine non coincide con il senso. O meglio, il senso che diamo noi alle cose, anche alle cose inanimate, pertiene a un disegno che forzatamente ci sfugge. Per chi ha Fede è diverso, ovviamente. Per parte mia, faccio sempre più fatica a non credere nel determinismo.

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