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E’ consolidata la vecchia regola giornalistica per cui occorre separare i fatti dalla interpretazione dei fatti. L’interpretazione è lecita, per carità, e anzi il diritto di esprimere la propria opinione (cioè, l’interpretazione soggettiva) è tutelato costituzionalmente. Basta che si sappia che è interpretazione e che non è fatto (oggettivo); è un po’ come la pubblicità subliminale, che è espressamente vietata (*). Posso cercare di venderti un mobile IKEA, ma quanto meno devi sapere che sto cercando di vendertelo: non posso far transitare l’immagine di una BILLY per un nano-secondo, tra un ippopotamo e un fenicottero, in un documentario di Piero Angela. Non va bene: chi ascolta e vede non è libero di esercitare la sua facoltà di discernimento (diciamo, la critica del giudizio, Doppiovubi vi risparmia il tedesco, per questa volta).
Tante volte, però, anche riportare un fatto (e un fatto vero) significa interpretare, senza però che sia chiaro che si tratta di interpretazione, che per definizione è tendenziosa. Chi vede e ascolta, crede di essere in presenza di un dato oggettivo – e come tale lo classificherà nella sua memoria, per poi farne esperienza e tramandarlo in future relazioni interpersonali – mentre in realtà ha acquisito soltanto una mera opinione, che potrebbe essere del tutto infondata.
Il che, ancora una volta, non va molto bene, perché chi si vuole informare viene manipolato.
Esiste, per esempio, l’omissione del contesto.
Pensiamo a questo fatto ipotetico: un carabiniere viene accerchiato da dieci facinorosi, tutti sui sedici-diciassette anni, che gridano, Facciamo a fette il caramba, facciamolo a fettine sottili sottili, e sono tutti armati di machete. Il carabiniere spara e ne ammazza due. Gli altri otto scappano. Il titolo “Carabiniere spara e uccide sul colpo due minorenni” riporta senz’altro un fatto, e pure vero.
Poi esiste l’accostamento malizioso.
Accostare un fatto a un altro – senza che tra i due vi sia alcun nesso – crea l’idea di un rapporto causale che in realtà non esiste. Anche qui, i due fatti sono perfettamente veri, se presi uno alla volta.
E ancora esiste la selezione, parimenti maliziosa.
Dopo aver intervistato dieci persone, di cui otto sono favorevoli al Governo, e due no, si trasmettono soltanto le interviste fatte ai due contrari – che magari si esprimono con eleganza e proprietà di linguaggio -, e se del caso aggiungiamo anche l’intervista a un freak analfabeta vestito da pagliaccio, estratto tra quelli che hanno dichiarato di sostenere il Premier.
Ma Doppiovubi sta dicendo vere e proprie banalità: sono ben noti questi sistemi giornalistici, non c’è bisogno di ripeterli qui. I lettori di Doppiovubi sono smaliziati: queste cose le sanno già, e anche meglio di lui.
Sono comunque, in alcuni casi, sistemi assai raffinati (**).

Ieri sera Doppiovubi ha visto un brano de “L’infedele”. Ovviamente si parlava di crisi economica e delle marachelle (diciamo così) erotiche di Silvio Berlusconi.
Gad Lerner interroga un paio di economisti sul “default” della Grecia, il che vorrebbe dire, più o meno e tra le altre cose, che la Grecia da un certo punto in poi – il che è imminente - non paga più i Titoli di Stato che ha emesso: chi ha comprato un BOT greco non rivedrà mai più i suoi soldi (né gli interessi né il capitale). Non è bello.
Poi Gad passa all’Italia, e pone agli stessi giornalisti la domanda sul nostro fallimento: cosa succederebbe in quel caso?
Mentre gli economisti rispondevano sul delicatissimo tema, il regista ha inquadrato a tutto schermo, per sei-sette secondi, una fotografia di Silvio Berlusconi che, con aria birichina e sorridente, allunga un dito quasi a toccare il capezzolo marmoreo della statua di un nudo femminile.

W.B.

(*) L’art. 5, comma 3, del Decreto legislativo 2 agosto 2007, n. 145, è chiaro: “È vietata ogni forma di pubblicità subliminale”.
(**) Come Doppiovubi ha già avuto modo di scrivere una volta, “Ballarò” per mesi ha costantemente accompagnato le immagini di Silvio Berlusconi con il sottofondo musicale costituito dal tema principale della colonna sonora de “La Piovra”, notissimo sceneggiato TV sulla mafia.

Commenti

pim ha detto…
ho visto anche io un pezzo del gaddino l'altra sera. la tecnica mi è parsa talmente modesta che non son riuscito a trattenermi a lungo. la cosa che mi ha fatto più tristezza però non è stata vedere le studentesse democratiche preoccupate e gli economisti vellutati. è la certezza dell'inutilità del tutto.

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