La prima tecnica per una buona comunicazione.

Doppiovubi oggi vi esporrà la prima delle cinque regole dettate da una certa qual teoria psicologica con riferimento alla corretta comunicazione tra esseri umani. L'obiettivo è quello di realizzare un rapporto buono e fecondo, che non sia inquinato da elementi emotivi disturbanti, e in alcuni casi addirittura distruttivi del rapporto stesso. Perché la comunicazione è essenziale: viene prima di tutto.

Applicando tutte le cinque regole, sarà possibile evitare la gran parte dei dissidi. Molte incomprensioni possono anche essere azzerate.

Tutte e cinque le regole hanno a che fare con l'auto-introspezione, che il soggetto deve praticare contemporaneamente all'atto comunicativo. In buona sostanza, proprio durante l'interazione, occorre attivare – tenere in movimento - alcune aree del cervello, auto-osservandosi cartesianamente; un esercizio di difficile introspezione, difficile in quanto il cervello è già impegnato a comunicare, per cui è necessaria una certa scissione delle attività neurologiche (ma sappiamo che il cervello è capace di questo e di ben altro). Per tal motivo, il praticante dovrà procedere gradualmente, familiarizzandosi con una tecnica alla volta (via via, applicandone due insieme, e poi tre, eccetera, fino ad applicarle tutte e cinque contemporaneamente, il che è davvero faticoso perché comporta un multi-tasking non da poco, ma porterà buoni frutti); anche per questo Doppiovubi ha ritenuto di propinarvele non tutte insieme ma diluite in cinque post diversi e non consecutivi. Terminata l'esposizione di tutte le tecniche, Doppiovubi vi fornirà i dati dell'autore che le ha ideate (in gran parte l'autore si può considerare lo stesso Doppiovubi, in quanto egli ha ampliato le idee-base, estendendole e approfondendole in modo originale).

Un'ultima premessa: quando Doppiovubi si riferisce alla 'comunicazione', parla dell'atto comunicativo in senso lato; infatti sappiamo che la comunicazione verbale (l'uso del codice costituito dalle parole della lingua) rappresenta circa il dieci per cento (per alcuni studiosi anche meno, sino al sette per cento) del complesso dell'attività comunicativa dell'uomo. Le tecniche descritte quindi vanno applicate a ogni e qualsiasi tipologia di atto comunicativo: guardare storto il coniuge vi rientra perfettamente. Persino quando si comunica scrivendo (e quindi manca l'interazione immediata con l'interlocutore o gli interlocutori, fatta eccezione per le chat) alcune delle tecniche, quasi tutte, ma sotto un certo profilo potremmo anche dire tutte, sono applicabili con frutto.


La prima tecnica consiste in questo: occorre auto-osservare, durante l'atto comunicativo che stiamo compiendo, il nostro stato emotivo, ed esserne consapevoli continuamente (anche perché esso tenderà a modificarsi durante il rapporto in atto). E' importante sapere se siamo tristi, irati, preoccupati, ansiosi, felici, annoiati, addolorati, tesi, entusiasti, eccitati, e così via. E' il contesto emotivo (*), in buona sostanza, il terreno da cui spunta la pianta che è l'atto comunicativo. Quest'ultimo non potrà non esserne influenzato: se il terreno è inquinato, la pianta crescerà malsana. Dunque - quanto meno in una prima fase - non repressione di uno stato emotivo negativo, o giudizio positivo su un buono stato emotivo, bensì semplice e costante auto-consapevolezza e registrazione neutra e oggettiva della esistenza di un certo specifico stato emotivo. Mentre parlo con la mia fidanzata, con il mio amico, con il barista o con un vigile urbano, devo costantemente monitare il mio stato emotivo generale; devo sapere come mi sento, e come stanno variando, nell'arco temporale, le colonnine degli status sul display delle mie emozioni. Qualcosa succede, se lo facciamo. Ed è qualcosa di buono, perché conoscere che cosa sta succedendo dentro di noi significa avere qualche possibilità di esercitare la nostra naturale libertà; in certo senso riappropriarci della nostra innata capacità di scelta.

Provateci e sappiate dire a Doppiovubi come è andata.

Alla prossima.


W.B.


(*) sono molti mesi ormai che Doppiovubi è ossessionato dall'importanza dell'idea del “contesto”; il contesto è fondamentale in ogni area della conoscenza, e cambia nettamente la percezione e l'interpretazione di qualsiasi fenomeno. Il relativismo, normalmente deprecabile, può trovare nel concetto di “contesto” un senso, ed essere anche apprezzato: un fenomeno, se cambia il contesto, non è più lo stesso. Qui parliamo di contesto emotivo, parimenti fondamentale.

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