Attori e spettatori.

"denn alles was entsteht / Ist werth daß es zu Grunde geht; / Drum besser wär’s daß nichts entstünde" (*)
(Johann Wolfgang von Goethe, Faust)


"La cosa più semplice / Ancora più facile / Sarebbe quella di non essere mai nato"
(Vasco Rossi, Manifesto futurista della nuova umanità)

Quindi, il punto è, Che cosa siamo qui a fare.

Doppiovubi, come sempre, pensa che ci siano due categorie di persone.
La prima è costituita da coloro i quali hanno la potenzialità di contribuire all'evoluzione dell'umanità - scrivendo una canzone, dipingendo un quadro, disvelando una legge matematica. Costoro costituiscono una minuscola frazione del genere umano. In questo novero, ci sono coloro i quali effettivamente contribuiscono all'evoluzione del genere umano (compiendo un atto creativo, quindi un atto d'amore), chi più, chi meno, a seconda delle loro capacità. Costoro sono felici, perchè hanno realizzato il loro compito. Poi ci sono quelli che, pur avendo le potenzialità per contribuire, non lo hanno fatto e non lo fanno, o non abbastanza: costoro sono sommamente infelici - angosciati -, perché sanno di avere una responsabilità. E sanno di non aver voluto creare, o di non aver fatto abbastanza. Nella stessa categoria ci sono i più sfortunati in assoluto: quelli che possono fare, hanno fatto in effetti grandi cose, ma restano ugualmente infelici (cfr. Giacomo L., ad avviso di Doppiovubi infelice quale spettatore non di sè ma del genere umano). Curiosamente, questa sparuta categoria crede che tutti gli uomini e tutte le donne, in qualche modo, si pongano - come fanno loro - il problema dell'esistenza e dell'esserci. Non capiscono che la seconda categoria - di cui stiamo per parlare - si pone il ben diverso problema del colore dello smalto per le unghie o di quante settimane lo strappo alla coscia di Alexandre Pato lo terrà lontano dal campo (speriamo poche, speriamo nessuna, in ogni caso era solo un esempio).
Poi c'è, per l'appunto, la seconda categoria - ovviamente la distinzione tra le due categorie non è netta, tra gli estremi intercorrono infinite sfumature nello spettro (**) - , costituita da coloro i quali, per natura o per contingenza, non hanno alcuna potenzialità di fare niente. Costoro sopravvivono, e basta; sono assolutamente inconsapevoli del problema (nella sua etimologia greca) posto dall'esistenza. Rappresentano la stragrande maggioranza, quasi la totalità. Essi sono, più o meno, felici. Meglio: la semi-continua (e per questo faticosa) soddisfazione dei sensi e degli istinti fornisce loro una quota sufficiente di piacere, utile quanto meno a non auto-giudicarsi del tutto infelici. Sono i fruitori di quello che altri fanno e creano. Qualcuno inventa il DVD, loro lo usano per guardarci i film girati da qualcun'altro. Qualcuno progetta un auto, loro la guidano. Qualcuno scrive una poesia, loro la leggono. Sono i goditori, a Doppiovubi verrebbe da dire i parassiti, ma non è giusto. Se non fossero mai nati, l'umanità non se ne sarebbe accorta: non è cambiata di un pelo, con il loro passaggio su questa terra. Quanto meno, costoro non hanno alcuna responsabilità sulle loro spalle; nessuno chiederà loro conto dei talenti che non hanno avuto. Si obietterà: se non ci fossero loro a godere i frutti, non avrebbe senso creare. Lasciamo stare le obiezioni di tal genere, che sono evidentemente formulate proprio dagli appartenenti alla seconda categoria.
Nell'uno e nell'altro caso, in mancanza d'altro e per evidenti motivi, generare figli risulta comunque di conforto.

W.B.


(*) "... perché tutto ciò che nasce / è tale che perisce; / perciò meglio sarebbe che nulla nascesse"
(**) Ligabue (non il pittore) ha pur creato qualcosa, quindi sempre meglio che niente, ma tra lui e J.L.Borges intercorre comunque una distanza siderale.

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