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Visualizzazione dei post da dicembre, 2013

La paura del buio

Il mostro è dunque – come dice la Dariona - uno che fa il buio , cioè qualcosa che genera paura. Se una chimera ti si avvicina facendo le fusa, non la consideri di certo un mostro. Gli è che ciò che devia dalla normalità, il diversissimo , spaventa. Spaventa perché il cervello non è abituato a catalogarlo come abituale. E ciò che è diverso potrebbe essere potenziale fonte di pericolo. Non hai esperienze, non conosci quello che potrebbe accadere. E’ l’ignoto che genera paura. E’ quello che non conosci, che temi (*). E’ per questo che la Dariona chiama mostro “ciò che fa il buio”. Dentro il buio non sai cosa si cela. Per questo il buio fa paura (**). Quando hai razionalizzato l’anomalo – che sia Shrek, Goldrake, Renato Brunetta o la chimera – non ne hai più paura, l’anomalo diventa normale. (segue) W.B. (*) Sul punto vanno fatte due osservazioni importanti. La prima. Quello che per definizione non conosciamo è quello che, nemmeno volendo, possiamo conoscere. A

Cartellino giallo

Per capire dunque che cosa sia esattamente un mostro , cominciamo dall’etimologia (*). In latino il verbo “monère” significa “avvisare”, “ammonire”. E’ la divinità, in origine, che fa comparire qualcosa – il “mostro”, appunto – per ammonirti. Per farti fare, o per non farti fare, qualcosa. La divinità può essere benigna, o anche maligna. Per colpire le tue emozioni, la divinità fa apparire un prodigio , qualcosa di anomalo, qualcosa che devia dal corso normale degli eventi. Ma questo non ci basta. Secondo il mio augusto parere, la chimera non è “mostro” perché è fatta di parti diverse – anche Goldrake è fatto di parti diverse, ma nessuno lo ha mai qualificato come “mostro”, anzi – ma per il suo comportamento, che genera terrore o, comunque, sensazioni negative. Il mostro è dunque – come dice la Dariona - uno che fa il buio , cioè qualcosa che genera paura (**) . (segue) W.B. (*) Ricordo qui che siamo partiti dall’idea di chimera. La chimera è definita c

Il Dissennatore

Quindi, tutti i vocabolari e le enciclopedie cominciano la definizione di “chimera” con la parola “mostro”. Il bambino sa che un mostro è una cosa brutta (*). Ma soltanto perché gli hanno detto che “mostro” è una cosa brutta e paurosa. La parola “mostro” non è intuitiva. Non fa parte del corredo linguistico di base. Ho provato a chiedere alla mia Dariona, che ha quattro anni e mezzo abbondanti, cinque a febbraio, che cos’è un mostro. La definizione - dopo tre secondi circa di ponderazione - è stata testualmente: uno che fa il buio (nel senso di “genera” il buio). L’evangelista Giovanni avrebbe molto da commentare, su questa definizione. Le idee semantiche dei bambini non sono ancora state inquinate dai vocabolari. La loro opinione è basilare. Di conseguenza, ho chiesto alla Dariona di disegnarmi un mostro, e lei mi ha disegnato un dissennatore (in inglese dementor ), una specie di fantasma nero svolazzante, senza faccia, con fauci spaventose che ti risucchiano la

Come si scrive un'enciclopedia

Il punto è che il redattore della voce di Wikipedia ha scritto “mostro”. Ha scritto che la chimera è un “mostro”. Già lì, ci troviamo di fronte a una prima difficoltà. “La chimera è un mostro…”. Tutti i vocabolari e tutte le enciclopedie - che si copiano un po’ gli uni con le altre, quando devi scrivere un vocabolario ex novo devi pur cominciare da un altro vocabolario, è come costruire una gru, come fai a costruire una gru se non disponi già di un’altra gru più alta (*) – cominciano la definizione di “chimera” con “mostro”. Ed è noto che la prima parola di una definizione è la più importante, perché definisce la categoria . In teoria si può immaginare un vocabolario/enciclopedia, fatto solo di categorie, dove a ogni parola corrisponda non una definizione completa, ma solo una parola, ovvero la sua categoria. Per esempio, alla voce “suncus etruscus” troveremmo soltanto la parola “mammifero” (**). (segue) W.B.   (*) Ricordo che ventitré anni fa su Radio Popolare,

Tecniche di lettura lenta

La chimera “è un mostro mitologico con parti del corpo di animali diversi”, dice Wikipedia. A parte il verbo “essere” – su cui Martin Heidegger ha scritto una monografia complessissima, e, prima ancora, i filosofi dell’antichità si sono spaccati il cervello, per la sua contrapposizione al divenire – su “parte”, “corpo”, “animale” e “diverso”, non dovremmo avere problemi particolari (*), si tratta di quattro parole che formano il patrimonio linguistico base di un operaio – con tutto il rispetto per un operaio. Un bambino di quattro anni le capisce tutte e quattro, queste parole. E’ vero che, sin qui, non sappiamo ancora quali animali siano. E il cervello è costretto ad aprire una finestrella, a memorizzare – seppur per pochi secondi, perché di lì a poco compariranno i nomi degli animali diversi – che si tratta di animali diversi. Un piccolo sforzo mentale c’è. Andare dritti, e leggere subito il seguito, toglie la sorpresa. Fermiamoci qui. Che poi è il bello di leggere lent