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La fissò con attenzione, e improvvisamente capì.
Guardò oltre il suo volto, oltre la sua scatola cranica. Vide il cervello di lei, rosato, percorso da innumerevoli ramificazioni di vasi sanguigni. E, ancora più a fondo, trovò miliardi di microscopiche reti neuronali. E, dentro queste sterminate connessioni, osservò stupito tutte le impressioni che lei aveva ricevuto, per tutto il corso della sua vita, da quando era stata concepita a pochi secondi prima dell'osservazione di lui. Erano tutte conservate fedelmente. Poi scrutò anche dentro le cellule di lei, e in ciascuna di esse vide la stessa identica e ripetuta sequenza interminabile di istruzioni.
Capì che lei, di fronte a qualsiasi evento le capitasse, cercava la reazione appropriata, la sua originale responsabilità, ovvero l'abilità di rispondere, all'interno dell'unica base di dati a sua disposizione, ossia nelle sue reti neuronali e nel suo codice genetico. Non poteva che cercare in quei luoghi, dove il contenuto era immodificabile, perchè il passato non si può cambiare. E in quei luoghi, per di più, quelle informazioni non le aveva nemmeno inserite lei, non aveva scelto niente. Poi, una volta estratta la reazione apparentemente corretta, che credeva essere sua propria, la adottava e la difendeva strenuamente.
Lottava per affermare idee che nemmeno appartenevano a lei.
Per questo lei non avrebbe potuto avere alcuna colpa, di alcun genere, per qualsiasi cosa avesse mai fatto, o non fatto.

In seguito lui si guardò allo specchio, e vide tutte quelle cose anche dentro di sé.
Ma non pensò di non avere alcuna colpa.
Pensò di non avere alcun merito.

W.B.

Commenti

Anonimo ha detto…
Anche quell'eco incessante aveva un'origine, senza merito alcuno di certo, e dal guazzabuglio indistinto della comunicazione umana, tutto fu chiaro anche ai piccoli:

ZERO TITULI.
W.B. ha detto…
Oh, un elminto.

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