Col tempo non la senti più (seconda parte-fine?)
Già, la via d’uscita.
Intanto bisognerebbe capire se la via d’uscita è generale,
oggettiva, valida per tutti, o individuale e soggettiva.
Sono vere l’una e l’altra cosa, probabilmente.
*
Sappiamo che siamo malati da tempo, non da ieri.
Per quei pochi, pochissimi che se ne sono accorti, la
malattia è cronica.
La prima caratteristica di questa malattia, è che il malato
non sa di averla.
Come fare a curare una malattia, se non sappiamo di averla?
*
Woody ha un bel ripetere a Buzz Lightyear che loro sono soltanto
giocattoli. Fino a quando Buzz non spiccherà il salto nel vuoto, e non perderà
un braccio atterrando malamente, il ranger
sarà convinto di essere un vero ranger,
che combatte contro il malvagio Zurg. Più avanti Buzz vedrà la propria
pubblicità in TV, e si accorgerà con orrore – appunto – di essere soltanto un giocattolo. Il paradosso di Toy Story è quello per cui nessuno dei
protagonisti è soltanto un giocattolo,
perché in realtà sono uguali, in tutto e per tutto, agli esseri umani. L’unica
differenza è che sanno che i loro ruoli sono, infatti, soltanto ruoli, mentre
noi non lo sappiamo.
*
L’amministratore delegato di una multinazionale, poniamo, è
convinto di essere un amministratore delegato, ma in realtà è solo un uomo. Il
vero giocattolo, nella vita, è l’amministratore delegato. Almeno Buzz ha capito
di non essere un vero ranger, mentre
Mario Monti, per citarne uno, crede ancora di essere qualcosa di più, e di
diverso, rispetto a un essere umano. Mario Monti dovrebbe guardare sotto la sua
scarpa destra, forse vedrebbe scritto col pennarello, con tratto incerto e una
enne rovesciata, “Andy”.
Bisogna riscrivere l’intera nostra esistenza, e capire chi
siamo veramente.
*
Per prima cosa, dunque, dobbiamo comprendere a fondo di
essere malati, e preda dell’Orrore, che controlla le nostre vite. Tutto intorno
a noi è Orrore, e per combatterlo – sconfiggerlo, infatti, non è possibile -
dobbiamo prima riconoscerlo come tale.
*
L’Orrore omologa le nostre esistenze, i nostri gesti, i
nostri pensieri, i nostri giudizi, i nostri valori. Tutto diventa uguale a
tutto. Le nostre vite diventano inesorabilmente vdm, e corriamo dritti spediti verso la morte. Dopo una vita di
infelicità e di insoddisfazione profonde, finiamo sotto un metro di terra.
*
Fuggire, dunque, fuggire. Non provate a combattere l’Orrore.
Non ce la potrete fare. La lotta stessa è Orrore. La competizione, lo sforzo
per la vittoria, sono cibo - forse il cibo preferito - di cui si nutre
l’Orrore.
La fuga, la grande fuga, è tutto quello che possiamo fare.
*
Fuggire dove, fuggire verso
dove?
Un uomo deve pur avere una direzione. Un luogo – anche solo
metafisico - da raggiungere. Un viaggio da compiere.
Possiamo ripensare alla vita, alla nostra esistenza, come la
fuga dall’Orrore.
*
Doppiovubi, in questo eloquio che ricorda vagamente, fatte
le debite proporzioni, quello di Paul Valery, vi vuol indicare una direzione
generica, l’unica via d’uscita, l’unica porta verso la felicità, finché saremo
su questa terra.
Amici, fuggiamo insieme verso la Bellezza.
*
Dovremmo desiderare, cercare, amare la Bellezza.
La Bellezza è soprattutto nella Natura. Tutto ciò su cui
l’uomo non ha ancora messo le mani è Bellezza. L’uomo stesso – considerato come
entità biologica – è Bellezza.
*
Ma la Bellezza non è soltanto nella Natura. La Bellezza si
trova anche in molte opere dell’uomo, l’essere più intelligente del creato. L’arte
in tutte le sue forme più elevate. La Bellezza è nella musica, nel canto, nella
poesia, nella pittura, nella scultura, nell’architettura. E’ nell’armonia e
nelle proporzioni. Nella giusta combinazione delle parole. La Bellezza può
trovarsi anche in un oggetto creato dall’uomo, talvolta.
*
Il regno dei Cieli è dei bambini.
I bambini, fino a quando sono molto piccoli – poi vengono gradualmente
robotizzati -, riconoscono la Bellezza nella Natura e nelle cose. Questa
cosiddetta civiltà ci ha invece deprivato di queste innate facoltà, e ora
consideriamo “bello” ciò che invece è Orrore.
*
La prima liberazione consiste nel discernere il Bello dal
brutto, perché ci hanno voluto insegnare che
cosa è da apprezzare e da inseguire, e noi abbiamo obbedito, da bravi bambini. Alla
costante ricerca dell’apprezzamento altrui, per sopperire a quella carezza che
aspettavamo – che stiamo ancora aspettando - e che la nostra mamma non ci ha
mai dato, consideriamo bello ciò che invece bello non è, e così circondiamo le
nostre vite di Orrore, e ne siamo prigionieri inconsapevoli.
*
Qualche settimana fa Doppiovubi si trovava imbrigliato in
uno di quei giorni in cui proprio non ce la fai a sopportare l’Orrore, e
soprattutto non sopporti che gli altri non se ne accorgano, e vivono come se
niente fosse, come se tutto fosse normale,
mentre invece è tutto sbagliato.
E in quel giorno Doppiovubi ha letto qualche pagina di un
romanzo davvero bello, e la sua
bellezza era proprio nel descrivere l’assenza di Bellezza che è intorno a noi,
e per qualche minuto Doppiovubi è stato bene.
Il semplice contatto con la Bellezza, anzi, con la consapevolezza della
Bellezza, nemmeno, con la consapevolezza dell’assenza della Bellezza, quel
fugace contatto è stato in grado di sollevare il paziente dal dolore,
figuriamoci che miracoli potrebbe fare la Bellezza.
In quel momento Doppiovubi ha capito con nitidezza che la
Bellezza è l’unica cura.
*
Bellezza anche nei rapporti umani, Bellezza nella verità e
genuinità della comunicazione. Senza l’Orrore del risultato, fosse anche il
risultato dell’essere felici. Condividere la stessa natura, questa è Bellezza.
I nostri rapporti umani si sono americanizzati. Sono diventati brutti.
*
E forse non basta incontrare
la Bellezza, passivamente. Forse l’anelito deve essere, per la nostra piena
realizzazione, quello di fare Bellezza,
creare Bellezza, affinché anche gli altri esseri umani possano guarire, e anche
grazie a noi. E in ultima analisi creare rapporti umani belli, se proprio non siamo in grado di comporre il Requiem che ha creato Mozart. C’è
speranza per tutti. C’è lavoro per
tutti.
C’è molto da fare.
*
E frequentare, spesso, il più possibile, il Bello è
importante, perché può ispirarci pensieri Belli, e indurci a generare, a
creare, a nostra volta, cose belle e rapporti belli, in un circolo virtuoso. E’
difficile che il registro anti-riciclaggio o la guida pratica all’IMU sulla
seconda casa possano ispirarci qualcosa di diverso da pensieri e azioni
orribili.
L’Orrore è una malattia contagiosa.
*
Doppiovubi immagina la delusione dipinta sui vostri volti.
Avreste voluto la ricetta pronta per essere felici, la felicità cotta e
mangiata in pochi minuti – viviamo nella società del Cotto e Mangiato, nella
civiltà del Plug & Play, della pastiglia che ti toglie il mal di testa in
due minuti anziché in cinque, dove le soluzioni sono immediate ed efficaci -, e
qui vi si parla genericamente di Bellezza,
in un post farcito di corsivi, che a loro volta sono il frutto dell’Orrido. Ma
ormai senza corsivo, senza enfasi, non riusciamo più a destare l’attenzione
dell’altro, perché siamo completamente anestetizzati, e i lettori di Doppiovubi
lo perdoneranno per quest’abuso.
La soluzione, si diceva, è anche individuale, non perché la
Bellezza sia soggettiva – se dovessimo sostenere il contrario daremmo all’Orrore un
lasciapassare all’interno delle nostre vite -, ma perché la via di fuga verso
il Bello, l’abbandono dell’Orrore, è necessariamente frutto di un percorso che
ogni singolo individuo deve affrontare da sé, e nessun altro lo può fare al
posto suo. E questa è la parte difficile, perché abbiamo perso ogni voglia – ci
hanno spento il fuoco, da tempo -, e abbandonarsi nella morsa dell’Orrore è
molto più facile che non armarsi di una tenue fiaccola e fuggire dalla caverna.
La bellezza è oggettiva. Soggettiva è la via che ciascuno
percorre per riconoscerla.
Fuggire dalla caverna buia, appunto. Siamo come i prigionieri
nel mito della caverna, descritto da Platone.
*
I nostri valori sono stati avvelenati, siamo robotizzati e automatizzati.
Abbiamo bisogno di fare tabula
rasa, tornare bambini, stupirci e ricominciare da capo.
Siamo ancora in tempo.
Doppiovubi è ancora in tempo, forse.
Possiamo ancora dare un senso alle nostre vite.
Siete ancora in tempo, sicuramente.
We are the hollow men
We are the stuffed men
Leaning together
Headpiece filled with straw.
W.B.