Fearless

Anziché l’odioso redditometro, Doppiovubi vorrebbe consigliare alla simpatica GdF un sistema infallibile per scovare l’evasore fiscale, o meglio, per scovare il ricco evasore fiscale, perché secondo Doppiovubi il povero evasore fiscale (p.e.f.) non è da perseguire, bensì da commiserare e semmai da aiutare, mentre il r.e.f. va punito con una durezza da Inquisizione spagnola. Prima di scovare il r.e.f., però, bisogna scovare il ricco, perché appunto se non trovi il ricco, non trovi nemmeno il r.e.f.; è come cercare un bella donna, prima cerchi tra le donne, non tra gli orsi polari, e quando sei nella cerchia giusta individui quella bella, ovvero fuor di metafora prima trovi il ricco, e poi si vedrà, non è detto che sia anche evasore fiscale, ma intanto andiamo per gradi. Orbene i sistemi che Doppiovubi ha ideato e vuol suggerire in realtà sono due, e in particolare quelli che seguono. Lasciamo perdere le crune degli aghi, che non sono molto frequenti e poi pare che ci siano stati anche errori di traduzione, e veniamo ai metodi Doppiovubiani.
Il primo geniale sistema consiste nell’appostarsi con un furbo travestimento – magari da lamantino - presso il guardaroba dell’Acquario di Genova, e bloccare e identificare tutti coloro i quali lasciano il loro cappotto al guardaroba medesimo; posto che il suddetto guardaroba costa la bellezza di due euro a persona, è evidente che soltanto un ricco (o un deficiente) può accettare un simile furto; si obietterà, Guarda Doppiovubi che non hai capito niente, il vero ricco è taccagno e spilorcio. Ribatte Doppiovubi, E’ verissimo, avete ragione, il vero ricco spende col contagocce, ma non quando c’è in gioco il suo benessere psico-fisico: in quel caso non bada a spese e sciala. Infatti quando a febbraio Doppiovubi è andato con la famiglia all’Acquario di G., ha notato che quasi tutti si tenevano il cappotto sotto-braccio, mentre solo una coppia di classici elettori PD – Hogan ai piedi, capelli brizzolati, chili di oro addosso e sorriso perenne – ha lasciato con una sintomatica leggerezza i due costosissimi cappotti all’ingresso.
Il secondo sistema è molto più sofisticato e si basa sull’assunto secondo cui il vero ricco non ha alcuna paura per l’incolumità dei suoi figli piccoli. E anzi vi è un nesso di proporzionalità diretta di incredibile precisione, più il soggetto è ricco, più mette a repentaglio – con estrema tranquillità - la vita dei suoi pargoli. Sarà una questione come quella della rupe spartana, però la regola non soffre eccezioni. Premesso che Doppiovubi teme continuamente che la sua piccola Daria si faccia male – ogni tanto addirittura si figura con l’immaginazione disgrazie cruente che farebbero inorridire persino Dario Argento – si danno molteplici conferme di questa regola. L’architetto che vive due piani sotto Doppiovubi, quando sua figlia aveva undici mesi, la lasciava serenamente in bilico, dopo averla piazzata dritta - e aver constatato che più o meno avrebbe retto un equilibrio seppur precario -, in cima alle scale dicendole con autorità Stai ferma lì, e intanto armeggiava con bottiglie di vino rarissimo in fondo alle scale della cantina, senza nemmeno controllare che la piccola non ruzzolasse esizialmente giù dalla rampa. L’amico dell’architetto, che ha appena rifatto l’appartamento – un salotto grande come lo stadio di San Siro – è stato visto da Doppiovubi – con i suoi occhi – precedere (a larghe falcate, iPad in mano, del tutto intento all’importante business), il suo bimbetto di tre anni, tre anni e mezzo, che lo seguiva a venti metri di distanza (quindi completamente fuori portata, Doppiovubi comincia ad andare in ansia quando la Daria è a oltre due metri di distanza), incerto e ondivago col monopattino su un marciapiedi largo cinquanta centimetri e il tram in arrivo; ogni tanto l’amico dell’architetto, da bravo papà, si girava – invero abbastanza infastidito – per verificare che il figlio ci fosse ancora. La migliore conferma della regola Doppiovubi l’ha avuta cinque giorni fa, quando una mamma in bicicletta - palesemente ricca sfondata - “accompagnava” il figlio di quattro anni, biondissimo, alla scuola tedesca – proprio quella delle polemiche per lo spot di R. Vecchioni – e la scena è stata più o meno così.
La mamma attraversa l’incrocio in bicicletta quando ormai il giallo è inoltrato e con un’ultima pedalata raggiunge in accelerazione il marciapiede, mentre il figlioletto – con la sua minuscola biciclettina senza rotelle – arranca dietro di lei, ma è molto in ritardo, e decide di passare lo stesso, quando ormai è rosso pieno, e le macchine sono ripartite, e la mamma nemmeno si volta, le macchine sfiorano il bimbo a destra e a sinistra come in un film americano, e Doppiovubi guarda alcuni pedoni che come lui allibiti non si capacitano di quello che stanno vedendo, e il bambino, con la lingua fuori per lo sforzo, per fortuna è in salvo, raggiunge la mamma che non si volta nemmeno e non ha visto niente, sicura che tanto la sua creatura è dietro di lei, e Doppiovubi avrebbe voluto spaccarle la faccia con un pugno letale in pieno volto, uno soltanto ma bene assestato.
Ma i ricchi, si sa, sono fortunati.

W.B.

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