Che cos'è un mito



Il mito, dunque.
Argomento molto, molto impegnativo.
Cominciamo dunque dalle basi, per potere impostare bene un discorso sulla mitologia.
Quale dotta premessa, non possiamo prescindere da Sei un mito, brano degli 883  contenuto nell’album Nord Sud Ovest Est (1993).
Il brano Sei un mito, oltre a rappresentare un’ottima introduzione al nostro tema, dato che ha venduto – come singolo – oltre centomila copie (l’album ha raggiunto quasi il milione e mezzo di copie), aveva un intro che all’epoca spaccava di brutto (o, più correttamente, dibbrutto). Molti ricorderanno le prime note, quando ascoltavi la radio, riconoscevi l’inizio e pompavi il volume. Era l’epoca delle autoradio con la musica a palla, delle tamarrate con i finestrini abbassati, gli occhiali da sole, le sgommate al semaforo, e il braccio fuori con la sigaretta. Col senno di poi, a fare quelle cose si era proprio sfigati, però in quel momento ti consideravi figo. Pazienza.
Dunque, torniamo alla mitologia. Il brano Sei un mito ha questo di particolare, che il brano stesso è diventato un mito. Una forma escheriana, dunque.
Correva il 1993. Venti anni fa abbondanti.
Io, Doppiovubi, nel 1993 facevo il Carabiniere (o Caramba che dir si voglia) ausiliario (*).

(segue)

W.B. 

(*) Alcuni si chiederanno come ha fatto Doppiovubi a entrare nei Carabinieri, essendo abbastanza cecato (non tanto da non essere accettato, ma si sa che per entrare nell’Arma la strada è stretta). Lo stratagemma usato dal Nostro Eroe Doppiovubi (il mitico Doppiovubi) fu il seguente. Quando fece la cosiddetta visita – sulla quale si potrebbe scrivere un’intera monografia – venne il fatidico momento della misurazione della vista. Doppiovubi, per un colpo di fortuna (più tecnicamente e correttamente, dicesi una botta di culo) fu sadicamente lasciato in mutande e scalzo al freddo, in piedi, vicino al muro, mentre l’ufficiale medico stava cazzeggiando con un collega. Doppiovubi dunque callidamente approfittò di quei due minuti di pausa, durante i quali i Caramba erano vergognosamente distratti, per imparare a memoria il tabellone delle lettere e letterine, usato per misurare i decimi (prestando particolare attenzione alle lettere più piccine, ovviamente). Quando il tenente finalmente (orrida cacofonia, diciamo il graduato finalmente) gli disse Vai là dove c’è il segno per terra, Doppiovubi mutandato e scalzo e infreddolito con passettini svelti sulle gelide carambiche piastrelle, si posizionò rapido e obbediente sulla ics e mentre il militare camiciato con la bacchetta svogliatamente indicava le lettere più bastarde, Doppiovubi non vedeva un’ostia  ma facendo repechage  nella sua – all’epoca - vigorosa e nerboruta memoria a brevissimo termine, con malcelata sicumera sciorinò anche le lettere più microscopiche, pur riuscendo a malapena a individuare la riga dove si trovavano. E fu così che Doppiovubi fu classificato, dai suoi gabbati aguzzini, addirittura come ipervedente. Finita la visita alla vista, rinforcò gli occhiali, che aveva tenuto sempre in mano – così come Fantozzi aveva ingenuamente in mano la radiolina all’ingresso del cinema durante la perquisizione prima della mitica Corazzata – e passò alle orride visite successive. Uno stratagemma ulissiano (o ulissesco, o ulissico, o ulisseo, l’aggettivo non esiste, quindi siamo liberi di scegliere), giusto per citare un altro mito, che non arrecò alcun danno alla Comunità civile, in quanto WB fu sbattuto in uno squallido ufficio – salvo qualche guardia notturna di cui appunto parleremo oltre, proprio nel prossimo post che non dovete perdervi per niente al mondo – a vergare sul brogliaccio gli straordinari che il maresciallo napoletano gli ordinava quotidianamente di segnare.

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