Autonomi, liberi, felici e contenti



Torniamo dunque - dopo questa lunga digressione sulle avventure di Doppiovubi Carabiniere - al concetto di “mito”.
Uno dei tanti significati della parola “mito” è il seguente: prodotto della fantasia, alterazione più o meno involontaria della realtà per opera dell’immaginazione (con significato affine a “favola”, “leggenda”).
Prendiamo il mito della libertà e dell’autonomia dell’Uomo moderno.
C’è questo di bizzarro, che - un passetto alla volta - ci fanno fare delle cose assurde, ma noi le riteniamo normali.
Pensiamo, per fare solo uno dei tanti esempi, al supermercato.
Una volta non esisteva - era impensabile - il fatto di prendersi la merce da soli. Entravi in un negozio, e c’era uno dietro a un bancone, e non toccavi le sue cose, ma gliele chiedevi, e lui le prendeva, e dopo che avevi pagato, te le dava e diventavano tue. Era giusto.
Per prima cosa, ti hanno detto, Sei libero, amico, prendi un carrello e infilaci quello che vuoi, da solo.
E tu - tutto contento - obbedisci. Tu fai il lavoro che dovrebbe fare un altro per te.
Poi ti hanno detto, Amico, scegli pure tu la frutta e la verdura, pesala, e attaccaci lo scontrino.
E tu - che bello, che bello, mi fanno fare le cose da solo! - obbedisci. Prendi il guanto, lo infili - per incomprensibili ragioni di igiene, come se la banana che tocchi, qualcuno se la mettesse in bocca subito dopo con la buccia e tutto, e non dimentichiamo che forse la banana è più sporca delle tue mani che la toccano -, poi cerchi disperatamente di aprire il sacchetto di plastica sottile, ma non ce la fai (*), e poi ci metti dentro le clementine, quindi vai verso la bilancia, poi torni indietro perché ti sei dimenticato il numero delle clementine, poi ritorni alla bilancia, nel frattempo ti hanno preso il posto, intanto chiudi il sacchetto, ma dentro c’è l’aria e il sacchetto si gonfia, e cerchi di fare uscire l’aria ma intanto hai già fatto il nodo e allora si gonfia sempre di più - e ti chiedi Quanto pesa l’aria, non è che poi pago l’aria -, poi appoggi il sacchetto e - se la carta non è finita - esce l’etichetta col peso e il prezzo, e l’etichetta ti si attacca al guanto, e quando la stacchi si porta via un pezzo di plastica del guanto, e poi non riesci ad attaccarla bene al sacchetto, allora cerchi un luogo sul sacchetto dove appoggiarti per appiccicare lo scontrino adesivo, ma cazzo la frutta non è quadrata, mai vista una banana cubica, tende ad avere curve, e la clementina in effetti ha le curve, e quando la usi come appoggio l’adesivo è tutto arcuato e il codice a barre comincia a fare cunette varie anche perché sotto la clementina è rugosa e tu cerchi di lisciarlo peggiorando la situazione e immagini che poco dopo la cassiera passerà il sacchetto una, due, tre volte, e il codice a barre non verrà letto, e allora lei lo guarderà e con una rapidità incredibile digiterà tutte le cifre e tu ti chiederai, E se mi sbaglia un numero chissà cosa mi esce sullo scontrino, magari mi esce un ananas che costa molto di più, o un doccia-schiuma o un Glen Grant, questione magari di solo un numero di differenza, e quando te ne sarai accorto ormai altre venti persone sono già passate, Scusi signorina, io non ho preso il Glen Grant, ma è troppo tardi. E intanto hai messo il sacchetto con le clementine nel carrello e anche stavolta hai fatto tu gratis il lavoro di un altro.
Ma sei contento, perché hai rafforzato il mito della autonomia e della libertà.
E un passetto alla volta ti fottono sempre di più. Ma perché questi poveri imbecilli, adesso che li abbiamo convinti a mettere loro le cose nel carrello, a pesare e a prezzare la frutta e la verdura, perché non li gabbiamo ulteriormente, tanto si fanno gabbare facile, adesso completiamo l’opera e imponiamo loro anche di fare le cassiere.
L’ultima frontiera: l’acquirente-cassiera.
E così ti mettono di fronte a una macchina, che parla, e che ti dice (con voce ovviamente femminile), Appoggia la merce sul piatto, e tu tutto contento lo fai, perché te lo dice la macchina, e poi ti dice di passare il prodotto, e tu ci provi, imitando il gesto della cassiera, ma a te il bip non lo fa, e allora una cassiera vera -di carne- si alza da un trespolo e ti tratta come una testa di minchia, e fa la professoressa e ti dice, No signore, si fa così, - te lo dice con sufficienza, La Rivincita delle Cassiere, La Riscossa delle Cassiere, La Maledizione della Prima Cassiera, decenni di frustrazione a passare i prodotti e a rigirare i fardelli dell’acqua alla ricerca del codice a barre, adesso sono loro a ridacchiare di noi, e fanno bene.
Alla fine, inseriamo monete e banconote, prendiamo il sacchetto di plastica, lo paghiamo dieci volte il suo valore anche se uno spigolo innocuo dei Corn Flakes lo distruggerà in pochi secondi, imbustiamo tutto, e poi andiamo a casa.
Ma siamo autonomi, liberi, felici e contenti.

W.B.

(*) Se sei un uomo, non ce la fai, non ce la puoi fare. Le donne, ho notato, usano la tecnica del soffio leggero, oppure quello dello sputo sui polpastrelli. Io mi faccio prendere dal panico e dopo qualche tentativo di stupro del sacchetto, non ce la faccio e desisto. Se c’è vicino il Condore, chiedo a lei, altrimenti o rinuncio o chiedo a una donna di passaggio, che in genere ci riesce al primo colpo, smerdandomi, come si suol dire, con femministica voluttà.

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