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Adesso che si avvicina il Carnevale, Doppiovubi vi vuole raccontare un gustoso aneddoto.
Si tratta di una storia rigorosamente vera.
*** *** ***
Molti anni fa - era appunto Carnevale - Doppiovubi accettò riluttante l'invito di un paio di amici a una festa in maschera. Riluttante per due motivi. Primo, a Doppiovubi non piacciono le feste, e i consessi in genere, anzi, prima o dopo, lo promette, vi parlerà dei pranzi di matrimonio. Secondo, Doppiovubi non ha mai avuto un costume da Carnevale che si rispetti, quindi è sempre stato costretto a umiliarsi con patetici "travestimenti" di risulta, tipo il tristissimo e immancabile arabo, realizzato con il classico lenzuolo e con lucido da scarpe spalmato in faccia, o il vestito da donna, che una volta era carnascialesco, mentre oggi è abbastanza usuale tutto l'anno - visto che i travestiti pare che abbondino, o simili. Tutta roba rimediata in casa all'ultimo momento. Doppiovubi ha sempre invidiato - e quindi detestato - quelli che si presentavano alle feste con armature da antico legionario, o vestiti da marchese settecentesco, e così via. Gente ricca, che noleggiava o, peggio ancora, comprava il travestimento.
Doppiovubi, nella circostanza di cui all'aneddoto, non si ricorda come si era vestito. Forse era vestito da prete, il che è facile ed economico, basta una croce sul taschino e un pezzo di cartoncino bianco da infilare nel colletto, su una camicia e una giacca scure, con una Bibbia in mano.
Sì, forse era vestito proprio da prete.
La festa si teneva in una specie di capannone, al piano terra, open space. Ci saranno state un centinaio di persone. Il capannone era in penombra, luci molto basse. Qua e là, stroboscopiche.
Dopo pochi minuti Doppiovubi perse di vista i suoi amici e passeggiò imbarazzato per l'area, curiosando. 
Fu allora che accadde il fattaccio.
C'era una ragazza, in un angolo, tutta sola. Era vestita da pagliaccio da circo. Il suo era un travestimento ben fatto. Aveva i capelli ricci arancioni, la pallina rossa sul naso, una specie di hula hoop - un cerchione che mettono i clown sotto le braghe quando entrano in scena -, le guance bianche incipriate e il vestito a strisce. La configurazione era completa.
L'effetto era più o meno questo.




La ragazza era molto carina. Sola e abbandonata.
Doppiovubi si avvicinò mandrufone e tacchinante. Le porse qualcosa da bere - all'epoca Doppiovubi beveva - e cominciarono a parlare del più e del meno.
Dopo un paio d'ore si ritrovarono abbastanza brilli, seduti per terra, a raccontarsi le loro vite. Insomma, facevano coppia fissa.
Al che, si sa, la vicinanza è assassina, la prossimità è pericolosa, sarà stato l'alcol, saranno state le luci basse, com'è come non è, Doppiovubi e la pagliaccia si baciarono con una discreta passione.
Niente di che, però a Doppiovubi piacque.
C'era un campanellino che suonava nella testa di Doppiovubi, che gli diceva, Ding ding, Doppiovubi c'è qualcosa che non va, stai attento
Doppiovubi non ascoltò il campanellino.
Alla fine della serata - ormai era notte inoltrata - gli amici di Doppiovubi andarono a recuperarlo per tornare a casa. 
Lo trovarono allegramente pomiciante con la pagliaccia.
Ding ding.
Doppiovubi salutò la pagliaccia, però nessuno dei due voleva lasciare l'altro. Erano stati bene insieme, quella sera.
Si promisero dunque di rivedersi il giorno successivo.
Ding ding.
Non si scambiarono il numero di telefono. Semplicemente, si diedero un appuntamento per il giorno dopo, a una certa ora, in un certo luogo del centro di Milano.
Si salutarono con un bacio vero e si lasciarono.
Ding ding.
*** *** *** 
Il giorno dopo Doppiovubi era ringalluzzito. Si preparò all'appuntamento con dovizia. Si lavò i capelli tipo dieci volte, si profumò intensamente e si fece mille film - più o meno pornografici - su come sarebbe andato il pomeriggio.
Il campanellino suonava ancora, ma aveva un'altra intensità e una diversa tonalità, appena percettibile. Era infatti trascorsa la notte. La notte alle volte acuisce la ragione. Altre volte la stempera. In quel caso la stemperò.
Tin tin tin 
Doppiovubi si recò all'appuntamento con un anticipo epocale. Fantozzi, al confronto, non era nessuno.
Lo smodato anticipo gli consentì di valutare l'arrivo della sua bella dai quattro punti cardinali, e soprattutto fece crescere la sua bramosia sessuale, che all'ora dell'appuntamento - quella giusta - raggiunse il parossismo.
E, alla fine, lei arrivò.
*** *** ***
Il campanellino si trasformo rapidissimamente in uno di quei campanoni bronzei giganteschi, opera di maestri artigiani secenteschi, che suonano imponenti dall'alto delle cattedrali ed emise nella testa di Doppiovubi un suono assordante, che cresceva di volume mano a mano che la ex pagliaccia si avvicinava.
La faccia di Doppiovubi mutò, anzi, trasmutò.
La ex pagliaccia si avvicinò sorridente, ma quando vide la trasfigurazione di Doppiovubi perse quasi subito il sorriso.
L'hula hoop non era un hula hoop.
Orrore.
Doppiovubi si sentì come si può sentire un evaso da una prigione della Georgia, quando sta fuggendo con la sua Chevrolet a tutto gas sulla interstatale ed è tutto contento perché ce l'ha quasi fatta e in fondo alla strada vede una serie di macchine dello sceriffo della contea disposte di traverso a bloccargli la strada e dietro alle auto ci sono gli agenti con i fucili puntati e i megafoni e l'elicottero sopra la testa, Arrenditi, sei circondato, non ce la puoi fare, butta le armi, eccetera eccetera.
Orrore.
L'hula hoop non era affatto un hula hoop.
La circonferenza reale della ex pagliaccia era esattamente quella del vestito da pagliaccia. Le cosce, e il fondoschiena, erano ovviamente adeguati alla circonferenza del bacino. 
L'infingarda aveva maliziosamente scelto un travestimento atto a celare le sue reali stazza e dimensione. Ah, qual dolore!
Doppiovubi provò pena per lei, anche perché lei, mentre si avvicinava, smise di sorridere e diventò triste - come un vero clown triste -, perché la faccia di Doppiovubi era sin troppo eloquente. Chissà quante altre volte, prima, aveva visto quella faccia dipinta sugli uomini. Povera pagliaccia.
Doppiovubi si sentì tradito e ingannato. Provò un po' di disgusto per sé stesso, ma è sicuro che i suoi lettori - almeno, i suoi lettori maschi - lo comprenderanno.
In quel momento una sola parola gli attraversava il cervello, da un estremo all'altro, peraltro non molto diversa, all'assonanza, da quella che lo aveva attraversato nella fase della profumazione di qualche ora prima.
In quel momento Doppiovubi pensò soltanto alla fuga.
*** *** ***
I due entrarono in un bar. Uno più imbarazzato dell'altra. La conversazione languiva. Doppiovubi si inventò un impegno e si salutarono con una tristezza infinita. I classici due bacini sulle guance.
Non la rivide mai più.

W.B.    
    
 

   

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