Che cos'è l'intelligenza

Ci sono molte definizioni di intelligenza, com'è noto.
Dopo le ricerche di Daniel Goleman, queste definizioni si sono addirittura moltiplicate.
E' sorto il concetto nuovo di intelligenze, al plurale. Si è detto, non c'è un tipo soltanto di intelligenza, ma vari modelli. Tizio è dotato di intelligenza matematica, Caio invece è dotato di intelligenza motoria, Sempronio di intelligenza musicale, e così via. 
Secondo Doppiovubi questa ripartizione nasconde, ancora una volta, l'idea secondo cui ciascuno di noi nasca con particolari abilità; quello che si è, si è. E' ben noto che Doppiovubi non la pensa così; all'uopo invita i suoi lettori a studiare La trappola del talento di Geoff Colvin (Rizzoli, 2009), dove si cerca di dimostrare che con l'impegno, la dedizione e le rinunce, chiunque - in linea di principio - può conseguire abilità eccezionali in qualsiasi settore (limitazioni fisiche permettendo, ovviamente: se sono alto un metro e sessanta non potrò battere Usain Bolt).
Doppiovubi cita sempre questo episodio. Come molti sanno, un certo Michel Platini era discretamente bravo a battere i calci di punizione. Egli stesso racconta che quando era bambino nel cortile di casa sua passava ore interminabili a cercare di colpire, col pallone, un segno fatto sul muro a una certa altezza. Da adulto, avrebbe messo la palla esattamente nel sette, dove i portieri non sarebbero mai potuti arrivare, e i commentatori avrebbero detto di lui Che fenomeno
Ma stiamo divagando, torniamo alla definizione di intelligenza secondo Doppiovubi (la divagazione non c'entra niente con il concetto di intelligenza, era solo per "mettere le cose in chiaro").
L'intelligenza è la capacità di prevedere il futuro.
Non stiamo parlando di divinazione o stregoneria. Tutti noi, continuamente, prevediamo il futuro: sulla base della legge di causa ed effetto, che abbiamo appreso da piccoli, quando ancora non ci reggevamo sulle nostre gambine, siamo in grado di stabilire che cosa accadrà a seguito di un determinato evento. Il nostro cervello compie continuamente una serie di proiezioni probabilistiche sugli eventi futuri, sulla base del modello if ... then ...; se do un pugno in testa a un vigile urbano, finirò in galera; se in un negozio di antiquariato urto e faccio cadere un vaso Ming, sarò rovinato; se gioco contro la Juventus, subirò un furto, e così via. Questo si chiama né più né meno che prevedere il futuro. Si tratta di calcolo di probabilità, ovviamente. Sulla base di questo calcolo, prendiamo le nostre "decisioni" (se così si può dire) e agiamo (o non agiamo). Oppure valutiamo le azioni degli altri. 
Ecco, secondo Doppiovubi più un individuo è abile a prevedere i nessi di causa ed effetto, più è definibile come intelligente. Maggiore sarà il numero di connessioni future causa-effetto previste (come in una partita a scacchi), maggiore sarà l'intelligenza. Ogni effetto previsto, prima che si verifichi, può diventare a sua volta la causa di un ulteriore effetto da prevedere, e così via, in una concatenazione virtuale e probabilistica sempre più complessa. Ogni then  diventa un if. Il gioco può anche diventare affascinante, anche se resta pur sempre un gioco.
Per converso, gli stupidi sono quelli che agiscono (e valutano le azioni degli altri) così come capita, e passano gran parte della loro vita a rimediare agli errori compiuti.
*** *** ***
Detto questo, Doppiovubi deve aggiungere una considerazione importante.
Noi non siamo la nostra mente, che è un puro contenitore di cellule nervose, una macchina sì sofisticata, ma pur sempre una macchina. Noi siamo l'osservatore dietro la nostra mente, quello che non pensa.
La nostra vera identità, il nostro vero essere - che sopravvivrà alla morte del corpo fisico, e quindi anche alla disgregazione del cervello - è quello che non concettualizza, non definisce, non giudica, non suddivide, non analizza. Qualcuno ricorderà un vecchio post di Doppiovubi, in cui il Nostro citava Leopardi, il quale affermava, nello Zibaldone, che l'analisi uccide la bellezza. Oggi potremmo dire, l'analisi non ha niente a che vedere con l'Essere.
Il nostro vero Essere - assoluto e senza limiti fisici, l'essere parmenideo - va oltre l'intelligenza. Non ha nessun bisogno di conoscere, non ha nessun bisogno di sapere. Semplicemente, è.
Potrete anche essere (o diventare), nel corso della vostra vita terrena, molto intelligenti, prevedere con precisione ogni effetto per ogni causa, ed essere, così, stimati e apprezzati dal prossimo, e magari potrete anche anche fare carriera, ottenere una certa posizione, guadagnare dei bei soldi. Tutto questo, tuttavia, si riduce a un puerile e vacuo giochino. Non dovreste esserne orgogliosi più di tanto.
Il vero scopo della vita è quello di divenire consapevoli del nostro vero essere, quello illimitato ed eterno. Senza concetti. Senza parole. Senza giudizi. Provare stupore e meraviglia per qualsiasi oggetto del creato. Sorpresi dalla gioia.
Se ritornerete come bambini, allora entrerete nel regno dei cieli.
Tolte le negazioni, suona meglio.
L'unico if, then che conti davvero.

W.B.

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