Plic

Il mio viaggio è ancora lungo. Arrivo da lontano. Sul mio percorso incontro vari ostacoli, ma li supero tutti.
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Doppiovubi camminava a testa bassa. Evitava le pozzanghere con cura, per non sporcare le scarpe nuove. Ripensava a un'intervista che aveva letto sul Corriere della Sera a Jeffery Deaver, scrittore americano di romanzi thriller, intervista che si intitolava - più o meno - "riscrivo i miei romanzi cinquanta volte".
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Sono freddo, lo so, ma dipende dalla mia storia. Tutti lo sarebbero, al mio posto. Il mio destino è segnato. Mano a mano che procedo, divento sempre più sporco. Il mio destino è segnato.
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Aveva smesso di piovere da poco, ed evitare le pozzanghere non era facile. Accidenti, si era detto Doppiovubi dopo essersi imbattuto nel titolo, addirittura cinquanta volte, e così si era letto l'intervista intera. Ne era uscita una figura di Jeffery Deaver quasi leggendaria.
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Non mi manca molto, quasi vedo la fine della mia strada. Tra poco dovrò affrontare il momento decisivo, il grande salto nel vuoto.
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Doppiovubi aveva i piedi freddi, oltre ad avere le scarpe nuove, e si augurava che non piovesse più. Pensava, camminando, che Deaver dovesse essere un cesellatore di prim'ordine, essendo uno che lavora mesi e mesi soltanto sulla struttura del romanzo, e soltanto quando questa è perfetta ci scrive dentro il contenuto.
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E' là, lo vedo, a cinquanta metri da me, non di più. Ora mi fermerò, crescerò, mi riempirò di forza e poi farò il grande salto nel vuoto, e il mio destino sarà compiuto. Non fallirò.
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Doppiovubi era soddisfatto, perché gli mancavano soltanto cinquanta metri per arrivare alla sua destinazione, e aveva le scarpe quasi intonse. Nella borsa portava un libro di Deaver, che aveva preso a prestito in biblioteca. La strada delle croci. Tra poco si sarebbe letto con avidità il maestro del thriller.

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Ci siamo. Mi lascio andare. Lascerò che la forza di gravità faccia il resto. Colpirò il mio obiettivo. Non gli lascerò scampo. Non mi ha visto, non mi può sfuggire.
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Doppiovubi aprì la borsa, fermo davanti al portone, per estrarre la chiave. Era soddisfatto per aver tenuto asciutte le sue belle scarpe nuove. Stava per infilare la chiave nella toppa, e aveva il collo piegato all'ingiù. Il collo era senza protezione. Doppiovubi era distratto e inerme. E vulnerabile.
E proprio in quel momento accadde. 
Un gocciolone gigante, sporco e ghiacciato, cadde da un balcone soprastante e si infilò esattamente nel ristretto spazio tra il collo e il colletto della camicia, scivolando fin sul fondo della schiena di Doppiovubi.

W.B.

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