Il mito della velocità (9)



Ci sono poi azioni che sono migliorabili, e in quei casi possiamo comunque e sempre “tendere” alla perfezione. Non confondiamo la relatività - che permea (almeno) il nostro mondo, come sappiamo da oltre un secolo - con la perfezione delle singole azioni. In realtà, la perfezione non è un concetto assoluto, ma relativo anch’esso, e relativo rispetto al risultato che vogliamo raggiungere (*).
Il più delle volte, noi sappiamo bene come dobbiamo agire per compiere perfettamente un’azione. Volgendo al negativo il concetto, dovremmo tendere a non commettere alcun errore in quanto stiamo facendo. Per fare solo un esempio, comporre un numero telefonico senza commettere errori, significa essere perfetti. Seguire i passi di una qualunque procedura, senza invertirli, senza saltarne nemmeno uno e senza sbagliare, significa essere perfetti. Fare le cose bene - al meglio delle nostre possibilità, e andare comunque oltre -, significa essere perfetti.
In generale, far coincidere le singole azioni con gli obiettivi desiderati, significa essere perfetti.
E proprio qui, Doppiovubi deve affrontare il punto-chiave.
Lo scontro decisivo è con la nota frase di Voltaire:
“Dans ses écrits, un sage Italien
Dit que le mieux est l'ennemi du bien.”.

(segue)

W.B.

(*) Se invece assumiamo il concetto di “perfezione” in senso assoluto, evidentemente esso non può appartenerci, ma concerne esclusivamente la Divinità.

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