Il mito della velocità (13)
La terza eccezione (“fare più cose - non al meglio - libera
tempo ed energia per le attività che ci interessano davvero”) è fallace, subdola
e autolesionistica.
Ecco di seguito la confutazione.
Sappiamo molto bene che la grande (stra-grande, si suol
dire) maggioranza di noi deve lavorare per vivere, e, se anche tecnicamente non
“lavora”, deve svolgere una serie di attività -non remunerate in maniera
diretta- che comunque sono “necessarie” e non possono non essere svolte (*). L’elemento
che qui ricorre è il “dovere”, nel senso che, volenti o nolenti, non possiamo
astenerci dal farle, se non con conseguenze perniciose. Oltre a essere doverosa,
quest’attività, alla quale siamo in qualche modo costretti, “occupa” gran parte
della nostra giornata, e quindi, sul lungo periodo, della nostra vita. Anche i c.d. “fine-settimana”,
ormai, vengono - lentamente ma inesorabilmente - “aggrediti” e “consumati”
dalle cose “da fare” (**), e non si dovrebbero neppure più chiamare così.
Quindi, dobbiamo fare molte cose che non vorremmo fare, e le
dobbiamo fare per molto tempo, in proporzione alla nostra giornata. Questi due
elementi (la necessarietà e la notevole durata di queste azioni) sono - quasi
sempre - ineludibili.
Se è vero, come è vero, che sono ineludibili, abbiamo soltanto
due alternative.
(segue)
W.B.
(*) Pensiamo alla figura della “casalinga” (espressione desueta
e ormai ritenuta quasi offensiva), o pensiamo - più in generale - al ruolo
della “madre” di famiglia, che non “lavora” - nel senso che non percepisce
denaro quale corrispettivo diretto a fronte delle attività che svolge. La cura
dei figli - soprattutto quando essi sono piccoli - rappresenta un’attività
onerosissima, che tra l’altro non può essere nemmeno dismessa da un momento all’altro.
Non si può recedere “ad nutum” dal ruolo di madre; lo si può invero delegare,
con una serie di conseguenze per i figli, e per la madre medesima, ma il
discorso ci porterebbe troppo lontano.
(**) Una volta il sabato e la domenica erano destinati al
riposo. Oggi, invece, sono sempre più - e per giunta freneticamente -
utilizzati per colmare il completamento di attività - ancora una volta - non
volute, ma necessarie, “rimaste indietro” nella settimana o nei mesi trascorsi,
gli “strascichi”. E’ ovvio che - a rigore - nulla (tranne un tetto e un po’ di
cibo e acqua) sarebbe strettamente “necessario”, ma qui ci riferiamo a un
concetto di necessarietà che è relativo, e relativo alla Società moderna.