Il rianimatore Cevoli
Doppiovubi ha sognato che la sua compagna si prendeva una
cotta, una sbandata diciamo, per uno che di mestiere faceva il rianimatore,
cioè lavorava in ospedale per rianimare le persone, una specie di anestesista
al contrario. Questo qui non è che avesse particolare bellezza, anzi,
assomigliava al comico romagnolo calvo che faceva la pubblicità di Fastweb poco
tempo fa con Valentino Rossi. Al risveglio Doppiovubi ha cercato su Google come
si chiama quel tipo, e ha scoperto che il suo nome è Paolo Cevoli:
in realtà non è che assomigliasse a Paolo Cevoli, era
proprio lui, Paolo Cevoli, comico di Riccione, però appunto nel sogno
non
faceva il comico bensì il rianimatore in ospedale a Padova, con camice
bianco e
tutto il resto. Orbene la compagna di Doppiovubi era chiaramente
orientata ad
avere incontri sessuali con questo rianimatore - pur non avendoli mai
avuti
prima, o almeno nel sogno così sembrava -, e Doppiovubi per questa
eventualità era
molto preoccupato. Doppiovubi aveva intercettato una lettera del padre
della
sua compagna, indirizzata alla figlia, in cui il suocero scriveva
testualmente
alla figlia che se lei avesse provato ad avere rapporti con il
rianimatore
ospedaliero, lui l’avrebbe addirittura uccisa; testualmente la lettera
diceva
in dialetto padovano “te copo” (fatto bizzarro in quanto Doppiovubi non
conosce
il dialetto pad., il che spiegherebbe come mai esistono casi di soggetti
che in trance parlano svariate lingue), chissà perché, scritto in
caratteri gotici, quelli per
intenderci tipo libro della introduzione di Shrek. Ma sembrava che,
nonostante le minacce del padre, la
ragazza fosse proprio determinata ad incontrarsi con il
rianimatore-Cevoli,
tanto poderoso era l’appeal di quest’ultimo. A Doppiovubi non restava che
affrontare fisicamente il suo
rivale. Nel sogno apprese che il rianimatore-Cevoli aveva un’arma
straordinaria
con la quale annientava i suoi avversari. Si trattava di un
appendiabiti,
quelli a trespolo di legno con una base rotonda e in cima dei bracci
arcuati
per attaccare i cappotti, che quando ci sono su tanti cappotti diventano
estremamente
instabili. Il rian.-Cev. usava così quest’arma: la scagliava contro
l’avversario
completa di un mucchio di cappotti in modo che l’avversario fosse
travolto dai
cappotti, poi ci si buttava anche lui con tutto il peso sopra, per
comprimere e schiacciare l’antagonista (paradosso, riflettendo sulla sua
attività professionale di rianimatore).
Così fece con Doppiovubi, il quale si vide in breve sepolto da una massa
di
cappotti e non poteva riemergere in quanto il duellante era saltato
sopra e
spingeva e Doppiovubi stava soffocando, era sopraffatto, non riusciva
più a
respirare, i cappotti lo stavano asfissiando, e sopra di lui il nemico
r.-C. ghignava
e diceva Muori Muori, quando il sogno -per fortuna- è terminato.