Il mito della velocità (16)



Viaggiavo sul treno. La corrente elettrica non arrivava in nessuna postazione. La batteria del portatile stava esaurendosi. Mi lamentai del fatto con il capotreno. Quest’ultimo rispose con una frase che ancora oggi, a distanza di anni, mi sta facendo riflettere.
Mi disse: “Il nostro obbligo è quello di trasportare lei dal punto “a” al punto “b”, e basta.”.
Questa frase sembra banale, ma non lo è affatto.
“Il nostro obbligo è quello di trasportare lei dal punto “a” al punto “b”, e basta.”.
Di primo acchito risposi di getto con la mia consueta - e spesso irritante - ironia.
“E allora fateci viaggiare sul tetto come in India, tanto l’obbligo è ugualmente assolto, no?”
La frase pronunciata dal ferroviere ci deve far riflettere sul contenuto essenziale delle obbligazioni.
Il contenuto essenziale delle obbligazioni, a sua volta, disvela - seppure in maniera indiretta - quali siano gli scopi essenziali per i quali si fanno le cose che si fanno (*).
In ultima analisi, possiamo trovare uno spunto utile per comprendere “quali” siano le azioni che, per necessità, debbano essere “compiute perfettamente” e “quando” un’azione possa dirsi “compiuta perfettamente”.
Dovremo anche trattare della “causa finale” individuata da Aristotele nella sua Fisica; la quarta - e la più importante, a mio avviso - delle quattro cause.
Quella che, tra l’altro, segna il confine tra l’essere e il divenire.

(segue)

W.B.

(*) La mia ottica deterministica può essere descritta in termini di “giuridicità naturale” dei nostri comportamenti. Non mi riferisco qui al concetto classico di “ius naturale”, bensì al fatto che esistano regole (essenzialmente, quella di causa ed effetto) che governano e condizionano le nostre azioni. Preferisco dunque coniare il termine di “giuridicità naturale”.

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