Il mito della velocità (8)
Giovedì sera, guarda caso, ho sentito distrattamente -mentre
stavo preparando la mia consueta tisana al biancospino, che avrebbe lo scopo di
rallentare e riequilibrare le funzioni cardiocircolatorie- una deputata del
Partito “Democratico”, una cosiddetta “renziana” (ormai in questa cosiddetta
democrazia abbiamo le fazioni personalistiche, che peraltro storicamente ben si
attagliano ai toscani, e ai fiorentini in particolare), che diceva a Lilli G.,
testualmente e concitatamente, “l’Italia ha bisogno di Renzi perché serve una
politica veloce”.
Questa -mi son detto- la scrivo nel blog, casca proprio a
fagiolo.
Doppiovubi, arrenditi, ormai il “culto” della velocità è
imperante.
Avevo terminato il post di venerdì con la promessa di
indicare, di suggerirvi, quale sia la velocità giusta che l’uomo deve
osservare, in tutte le azioni che intende compiere.
Andiamo dunque a mantenere la promessa, o, per lo meno, a
tentare di farlo.
***
Allo scopo di pervenire alla dimostrazione della nostra
importante tesi finale, dobbiamo preliminarmente introdurre il concetto di
“perfetto”.
La parola viene dal latino perfìcere, che significa
“compiere”, “completare”. Qualcosa di “perfetto” è qualcosa che è stato
completato: non gli manca nulla, non può essere ulteriormente migliorato.
Non è vero che l’uomo non possa realizzare qualcosa di
“perfetto”. Cercare, per esempio, il prodotto di otto per quattro, e
individuarlo nel numero trentadue, rappresenta un’operazione perfetta. Non
contiene errori.
Preparare un caffè con la “moka”, e non fare uscire dal
serbatoio di carica neanche un granello, tenendo quindi ben fermo il
cucchiaino, significa aver compiuto un’azione perfetta. Banale, se vogliamo, ma
perfetta.
Leggere un testo qualsiasi, e concentrarsi su ogni singolo
lemma, e comprendere il significato di ogni parola e di ogni frase, senza
trascurare nulla, significa aver letto e appreso con perfezione.
(segue)
W.B.