Il mito della velocità (6)
Coi desideri ci dovete, ci dovrete, convivere.
La “sehnsucht” è il concetto chiave del romanticismo (*). E’
il desiderio inappagato, il dolore, lo struggimento causato dall’anelito verso
qualcosa che non riusciamo mai a raggiungere.
Il desiderio comanda, noi - servi - dobbiamo obbedirgli.
Tornando al buddhismo, la (finta e temporanea) soppressione
del desiderio genera frustrazione. Sul lungo periodo, chi si dice scevro da
desideri sviluppa patologie psichiatriche. Che il desiderio ci comandi, a
livello istintuale e naturale, lo vediamo nei bambini - come ho già detto -,
dove le sovrastrutture sociali e culturali non hanno ancora attecchito. Essi vogliono,
non sanno, né possono, aspettare i tempi fisiologici della realizzazione del
desiderio.
Qui però non si parlava di desiderio, ma del mito della
velocità, e si è detto che i desideri spingono l’uomo a essere troppo veloce.
Dobbiamo però tornare al tema della velocità.
***
Né Doppiovubi pensa che l’essere “veloci” o “lenti” inerisca
a una questione soggettiva. Spesso quando il tema si fa spinoso - soprattutto
in questi tempi moderni - ci si rifugia nella affermazione, Dipende dalla
persona.
Dicono, Ci sono i tipi frettolosi, e quelli lenti, come se -anche-
la nostra velocità fosse dettata dal DNA. Sta di fatto che a livello sociale, e
planetario, la velocità media sta aumentando sempre di più. Ed è anche vero che
sia considerato giusto e migliore (“mi piace”, clic) il modo di essere di chi
fa un sacco di cose, è attivo, scattante, laborioso e dinamico (cfr. Matteo
Renzi, come dicevamo), e negativo e sbagliato quello di chi è lento e
meditabondo.
Se sei lento, poi, significa che sei sostanzialmente vecchio,
perché i vecchi - non per scelta, ma per necessità fisica - rallentano i
movimenti e hanno i sensi che percepiscono gli “input” in tempi abnormi. E “vecchio”
non va assolutamente bene (non va bene, perché ricorda la morte, e noi alla
morte non vogliamo pensare).
Che ci siano tempi scanditi dalla Natura - e quindi giusti
per definizione, ammesso che si possa dire che la Natura sia giusta, e vivere
secondo Natura sia giusto, che è una affermazione tutta da dimostrare - non c’è
dubbio.
(segue)
W.B.
(*) Chiariamo un fatto. Doppiovubi sa benissimo svariate
cose, cioè: l’uomo medio moderno è più interessato a ridere che non a
riflettere (per paura, sostanzialmente); i lettori di Doppiovubi appartengono a
questa Società, e quindi -almeno, in parte- preferiscono ridere che riflettere
(il romanticismo tedesco non induce certo a continuare una lettura “rilassante”
e “divertente”); ciò ben spiega il fatto che questa serie di post non
riscuoterà successo, perché implica un certo (seppur minimo) impegno mentale. Infatti
le statistiche di lettura sono in (leggero) calo. Ciononostante, Doppiovubi
crede nell’importanza e nell’utilità di quanto sta scrivendo ed elaborando, e
in particolare nella tesi finale che sarà esposta nell’ultimo post, e quindi a
lui non importa se le statistiche di lettura dovessero crollare, lui va avanti
imperterrito, perché vuole condividere i suoi pensieri con voi, e ciò, perché,
in ultima analisi, vi vuole bene (a tutti, anche a quelli che non si fanno più sentire, e chi ha orecchie per intendere, intenda).