Io, Robot (parte seconda, ovvero, della Fondazione dei R.A.)
Più
o meno tutti, a livello inconscio, si accorgono di essere stati dis-umanizzati.
Ciascuno poi, senza saperne la fonte, elabora varie strategie per venirne
fuori. Naturalmente l’unica strategia valida sarebbe quella di de-robotizzarsi,
ma, per l’appunto, prima bisognerebbe accorgersi di essere robotizzati, il che –
come già spiegato – è assai arduo.
E
dunque il mondo è pieno di robot inquieti, che vagano disperati senza conoscere
la causa della loro inquietudine.
Alcuni
robot cadono in depressione. Una forma di difesa dell’organismo dalla bruttura
in cui sono stati ridotti. Altri robot li curano – spesse volte con farmaci
potenti – per farli ritornare robot felici e inconsapevoli.
Altri
robot si dedicano all’accumulo di denaro e di potere. Tra questi, incontriamo i
robot che lavorano sedici ore al giorno, spesso intenti a occupazioni
socialmente del tutto inutili. “Lavorare” sedici ore al giorno aiuta a non
pensare alla inutilità della propria vita.
Altri
robot ancora si dedicano alla soddisfazione sfrenata dei sensi. Ci sono robot
che passano da un rapporto sessuale a un altro con estrema facilità, auto-giustificandosi
con il pretesto di una necessità naturale. Ma in fondo hanno solo bisogno di
colmare la loro mancanza di amore. Non sono stati amati abbastanza, e non hanno
amato abbastanza. Altri robot si preoccupano di stigmatizzarli. A volte ci sono
robot che indossano toghe – il loro modo per uscire dall’inquietudine,
giudicare il prossimo è un ottimo farmaco per dimenticare il proprio vuoto - e
li condannano, per questo. Altri robot, poi, criticano ferocemente i
robot-giudici.
Alcuni
robot si dedicano all’ingestione di corpi estranei, e mangiano e bevono fino ad
auto-distruggersi, ovvero inseriscono nel proprio organismo sostanze chimiche
utili a dimenticare la loro condizione, sostanze che spesso ti fanno
dimenticare così tanto da farti dimenticare tutto, cioè ti ammazzano.
Alcuni
robot, ancora, dicono, Voglio guadagnare un sacco di soldi, e poi smettere di
lavorare, e finalmente vivere. Nel
frattempo invecchiano e muoiono da perfetti robot. Sono i robot che amano le
favole, e se le raccontano prima di addormentarsi.
Altri
robot si allontanano dalla società dei robot, mettono i sandali ai piedi,
comprano un casale in Piemonte, senza antenna televisiva, e lavorano il loro
pezzetto di terra. Quando suderanno sotto il sole, in mezzo a nugoli di
moscerini, e vedranno che i primi pomodori raccolti saranno mezzi marci e dal
sapore disgustoso, si porranno molte domande.
Altri
robot ancora vanno – credono di andare - direttamente alla base del problema, e
si dedicano a Dio. Si ritirano in un mondo tutto loro, fatto di Bibbia e di
preghiera. Non hanno capito che Dio, su questa terra robotizzata, non c’è. Dio
è altrove, ed è cosa che ci interesserà nella Fase Due, quando avremo chiuso
gli occhi senza più riaprirli. Oggi abbiamo l’IMU. Ovviamente, Dio non si
interessa all’IMU. La sua sfera è leggermente più elevata.
Insomma,
i robot di strategie ne usano tante.
Ci
sono infine i robot che scrivono post sui robot, illudendosi, così, di non
essere tali.
*
Qualche
tempo fa - 13 e 14 maggio 2013 - Doppiovubi ha scritto due post con i quali ha
denunciato la Società dell’Orrore (cosiddetta SdO), e ha detto cose più o meno
analoghe a quelle che precedono.
La
via suggerita da Doppiovubi è stata, e lo è ancora, quella della Bellezza. La
frequentazione del Bello è un antidoto alla robotizzazione, ma non può essere
la cura definitiva. Scriveva
Doppiovubi “… condividere la stessa natura, questa è Bellezza”.
E
oggi Doppiovubi vi dice ancora, La via della Bellezza va seguita insieme ad altri esseri umani che hanno
capito di essere stati robotizzati.
Da soli non si fugge dalla prigione, gli allarmi suonano, i secondini sparano e
ti riacciuffano con i cani e le torce mentre fuggi ansimando nella boscaglia.
Possiamo
leggere spiriti elevati come Tolstoj e Joyce, possiamo ascoltare Mozart e
Beethoven, possiamo guardare Van Gogh e Michelangelo – tutti costoro non erano
robot, ma pieni esseri umani - ma il guaio è che sono morti.
Possiamo
contemplare la natura, i fiori, le piante, i fiumi, gli animali. Ma abbiamo
bisogno di condividere la nostra
umanità con altri esseri umani. Altrimenti rimarremo robot che osservano
stupiti il Bello, e dopo averlo osservato, torneranno a essere robot, con
amarezza e dolore.
Guardare
The Tree of Life è un’esperienza che
risveglia la tua umanità. Per 138 minuti ti de-robotizzi. Guardare The Tree of Life insieme a un’altra
persona risveglia due volte la tua
umanità, o forse la progressione è geometrica. Gli effetti si moltiplicano.
Dobbiamo
unirci, noi robot che sappiamo di essere robot, e aiutarci. Come gli alcolisti
anonimi.
Ecco,
Doppiovubi vorrebbe fondare, e di fatto con questo post sta fondando, l’associazione
dei Robot Anonimi, che si siedono in cerchio su seggioline, si salutano e si raccontano
le loro vite da robot, e poi piangono e poi si dicono, Io non voglio più essere
un robot.
*
Il
processo di de-robotizzazione è
lunghissimo.
La
Società ci ha messo molti anni a formarti come robot obbediente. In teoria, per
de-robotizzarti, servirebbe un tempo inferiore – è legge applicabile in tutti i
campi quella secondo cui per la distruzione di un ente occorre un tempo
inferiore alla sua costruzione – ma è comunque un compito difficile, che
richiede tempo.
Nel
frattempo, bisogna sopravvivere. Bisogna
vivere in questa Società, scappare
sarebbe un errore. Un atto vano: la Grande Fuga è un’illusione. La
robotizzazione è ovunque, anche nel casale del Piemonte. Non c’è luogo ove
rifugiarsi, ormai. Per di più, la de-robotizzazione è un processo interiore.
Puoi rimanere robot anche se sei nel deserto a mangiare locuste. Per converso,
puoi de-robotizzarti anche a Times Square all’ora di punta.
*
Ascoltare
qualche intervista a Silvano Agosti ti fa capire che alcuni robot hanno capito
di essere tali, e stanno cercando di liberarsi. Quando ascolti Silvano Agosti
si attivano alcuni circuiti nascosti in te, che ti dicono Sta dicendo cose giuste, e le riconosci
come giuste istintivamente. E’ l’essere umano, quello sepolto sotto le
macerie anni di robotizzazione, che grida flebilmente di esserci ancora, Sono
ancora vivo, venitemi a prendere.
Non
che Silvano Agosti sia il guru infallibile.
Dopo averne esaminato il linguaggio a fondo, ti accorgi che in lui c’è una
buona percentuale – Doppiovubi chiede scusa al gerontonaturista MCD per l’uso
del concetto di percentuale – che è a sua volta robotizzata. Come detto, esiste
anche il robot che riveste il ruolo del robot liberatore
dalla robotizzazione, che è un robot pericolosissimo. L’intervista di
Agosti al bambino che, secondo lo stesso Agosti, dovrebbe rappresentare la
salvezza dell’umanità, fa capire che il bambino è già robotizzato, perché con
espressioni da adulto dice che per
lui la felicità è tornare a casa dal lavoro e guardare la televisione, tra l’altro.
*
Beppe
Grillo propugna una politica che non è politica, ma è soltanto politica
economica. L’economia non è la nostra vita. La nostra vita non è l’economia.
Beppe Grillo non rappresenta che una fase, pur buona e meritoria, verso la
Politica, che non esiste ancora. Beppe Grillo ha suonato alcune note che
risiedono nell’area sinfonica umana, ma non sono ancora le note perfette.
Doppiovubi
sogna una Politica che si occupi della de-robotizzazione
della Società. Doppiovubi auspica leggi che non abbiano a oggetto il denaro e la proprietà e il lavoro, Doppiovubi
non vuole i decreti dell’“Italia del Fare”, ma decreti che riguardino il modo
di convivere e di regolare i rapporti in maniera finalmente umana. L’Italia
dell’Essere, l’Italia del Vivere.
Doppiovubi
aspetta, per esempio, un decreto, un semplice decreto, che istituisca luoghi di
aggregazione, dove si possano condividere esperienze, stare insieme. Parlarsi.
Una
Società finalmente umana. Potremmo essere felici, insieme.
*
Il
processo di de-robotizzazione è
lunghissimo.
Doppiovubi,
personalmente, è alla fase due – quella della consapevolezza della propria robotizzazione.
E’
già qualcosa, bisogna accontentarsi.
Mentre
si accontenta, Doppiovubi si comporta da
perfetto robot, e appare felice e
sorridente, e la mattina si tuffa nell’acquario e nuota in mezzo agli altri
pesci-robot. Ma ha lo sguardo attento e acceso.
Doppiovubi
pensa che col tempo incontrerà altri robot che hanno scoperto di essere robot. Per
affinità elettiva si riconosceranno. Qualcosa succederà.
Il
Condore, per esempio, è un magnifico robot dalla intelligenza e sensibilità
superiori, può senz’altro liberarsi, e lo farà. E il robot Doppiovubi lo
aspetterà con amore e pazienza, anche per tutta la vita, se necessario, perché
sta arrivando.
Prima
o dopo, al momento giusto, i Robot Anonimi usciranno allo scoperto, e allora ne
vedremo delle belle.
W.B.