Io, Robot (parte prima)

Come tutti sapete, Matrix , film del 1999 dei Fratelli Wachowski, racconta di un mondo simulato, creato dalle macchine, le quali fanno credere agli esseri umani di esistere, mentre, in realtà, questi sono imprigionati in capsule e sostanzialmente dormono.
In Terminator , film del 1984 di James Cameron, un cyborg , un sofisticato robot modello T-800 , proviene dal 2029, da uno scenario post-nucleare dove le macchine hanno preso il sopravvento sull’umanità.
Ad avviso di Doppiovubi, a nostra totale insaputa, sta avvenendo qualcosa di molto più pericoloso.
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Milano, un giorno feriale qualunque. Metropolitana, linea verde. Ore 7:48.
Un uomo incravattato e sudato si regge a stento, in piedi, tra la folla. Con una mano regge un eserciziario di inglese, con l’altra una matita, e cerca disperatamente di non cadere mentre mette la crocetta al posto ritenuto giusto sulla lesson five della unit two e non ci sta capendo niente, e quel poco che capisce sarà dimenticato presto. Il cellulare suona e all’auricolare lui comincia a organizzare riunioni e a incazzarsi perché Tizio non ha fatto quella cosa, ma in realtà è incazzato perché lui stesso non ha fatto quella cosa. E la gente lo spinge, e lui si incazza, Permesso devo scendere, Che modi, Sì, ma se lei si mette in mezzo. Nel frattempo una zingara con una gonna ampia passeggia querula e puzzolente reggendo un bicchiere vizzo di McDonald’s. Si aprono le porte e un fiume di persone sale e per la legge di Parkinson se prima si era stretti in cento, adesso si sta stretti in centocinquanta, ma ci si sta lo stesso. E l’uomo suda e si incazza, e la sua pressione sale a centoquarantacinque su centocinque, nonostante le pastiglie che assume regolarmente grazie a quella app gratuita  che glielo ricorda.
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Scene viste mille volte. Probabilmente, leggendo questa descrizione, vi sarete leggermente annoiati, non l’avrete trovata originale , non avrà attirato la vostra attenzione. E non perché sia scritta male, seppur Doppiovubi non sia Joyce, è scritta onestamente, senza infamia e senza lode. Ma il punto è proprio questo, scene viste mille volte (che è anche uno dei motivi di successo del post-modernismo in letteratura, guardare la realtà ormai sciapa e noiosa con occhi analitici per renderla in qualche modo attraente alle menti anestetizzate dalla banalità).
Ormai è subentrata l’abitudine, l’assuefazione. Scene come quella, che a un alieno appena sbarcato farebbero strabuzzare gli occhi, ammesso che li abbia, ormai non ci dicono più niente. Sono normali.
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Questa bella Società dell’Orrore in cui stiamo vivendo ci ha robotizzato . Quando Doppiovubi si riferisce all’uomo robotizzato , in genere gli altri uomini – robotizzati – lo guardano un po’ straniti, e si chiedono che cosa voglia dire robotizzato , e qualche volta glielo chiedono pure. Al che Doppiovubi pensa che ciò sia normale, un robot  non sa di essere un robot . O meglio, forse all’atto della costruzione, in fabbrica, gli è stata inserita qualche riga di codice che gli spiega la differenza tra se stesso e l’essere umano, ma non deve essere così facile da realizzare (sul punto ci può illuminare una delle menti più geniali dei nostri tempi, MCD, a patto che non sia impegnato a fare GerontoNaturismo sulla spiaggia per nudisti di Gabicce). In effetti, nel 1942 Isaac Asimov escogitò le tre leggi della robotica – se non le conoscete, andatevele a leggere su wikipedia – completate negli anni ’80 dalla cosiddetta legge zero. Queste leggi però postulano che la macchina sappia di essere una macchina, e non un essere umano, il che non è semplicissimo da realizzare, perché raccontano che il sistema non può conoscere se stesso. Questo lo avevano già capito i Greci alcuni millenni fa, quando ancora il sindaco Pisapia non c’era a multarti per i graffiti, quando incisero una scritta sul tempio dell’Oracolo di Delfi. Avevano capito tutto.
Ma stiamo divagando, come al solito. O forse no.
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Bene inteso, Doppiovubi non sta sostenendo che siamo fisicamente macchine, se così fosse potremmo farci un bel film – l’ennesimo. A parte il fatto che potremmo anche esserlo, Doppiovubi non sta parlando di robotizzazione fisica , bensì di robotizzazione mentale , il che forse è ancor peggio perché forse sapete che dentro la vostra testa c’è un oggetto molle che governa tutto quello che fate.
Tornando a noi, l’uomo robotizzato , per come lo intende Doppiovubi, è un uomo che fa cose assurde – come lavorare tutta la vita trascurando di vivere, come accumulare denaro trascurando di vivere, come pagare le tasse, dopo aver lavorato e trascurato di vivere per pagarle, a un’entità astratta che non esiste in natura – lo Stato - che non si sa bene che cosa sia e che cosa ci farà con quei soldi, come attribuire valore a pezzetti di carta colorata e a tondini di metallo, che in natura non hanno alcun valore, o come compilare un eserciziario di inglese schiacciato dalla folla sudata in metropolitana, e così via, mille e mille altri esempi – un uomo che fa cose assurde, pensando che siano normali, e dopo qualche anno che le fai e invecchi facendole, come un robot , sei assolutamente convinto che siano normali , e anzi sei convinto che non farle sia anormale . L’abitudine, la reiterazione. Un uomo si abitua a tutto. Se cominci con un’antenna, e per un anno di fila mangi un’antenna tutte le mattine, e poi cominci a mangiare un’antenna e una zampetta, dopo qualche anno a colazione mangerai tranquillamente un bel piattino di scarafaggi, e li troverai buoni, e dirai che chi non mangia scarafaggi è anomalo.
C’è un complotto dietro a tutto questo? Forse. O forse no. Ma sarebbe quasi meglio che ci fosse, un bel complotto, almeno non saremmo arrivati al punto di costruirci la prigione con le nostre mani, a chiuderci dentro da soli, e a buttare via la chiave. Se almeno ci fosse un bel complotto, potremmo dar la colpa a qualcuno, diverso da noi.
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Che fare, allora. Che fare.
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La prima cosa è accorgersi della robotizzazione degli altri esseri umani. Cominciare a guardare le cose per quello che sono. Come Neo che comincia a capire che il sistema ha qualcosa che non va.
Leggendo Doppiovubi, come fosse un medicinale, questa consapevolezza dovreste acquisirla, un poco alla volta.
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La seconda cosa, quella più difficile, è quella di accorgersi che anche noi siamo robotizzati. Una delle conseguenze della robotizzazione è proprio questa. Il robot comincia ad accusare gli altri di essere robot , e pensa di essere esente dal problema. E’ la fase più difficile, come scritto su.
Gnozi se auton.
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Sino al 2010, Doppiovubi era robotizzato e non sapeva di esserlo. Basta leggere i suoi post dal 2007 al 2010. Poi ha cominciato a capirci qualcosa, e ha visto la robotizzazione negli altri. Sei mesi fa, mese più, mese meno, Doppiovubi ha scoperto con orrore la propria robotizzazione.
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Che fare, allora, che fare.
Ne parliamo domani, magari. Intanto oliate bene i vostri meccanismi, e andate a lavorare, che è tardi.

W.B.


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