Un post più che perfetto

Potremmo anche partire dal presupposto che la Natura sia "perfetta". Lo dicono in tanti.
Per evitare confusione, lasciamo perdere Dio. 
Parliamo della Natura. Su quella siamo tutti d'accordo: esiste.
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Ma che cosa significa "perfetto"?
Lasciamo perdere molte definizioni tautologiche. Troverete spesso dizionari che definiscono "perfetto" come "senza difetti" o addirittura "senza imperfezioni". Il che, com'è ovvio, non spiega niente, perché dovremmo spiegare poi il concetto di imperfezione, e si aprirebbe un circolo vizioso.
Nella comune accezione, "perfetto" vuol dire "completo" (che è anche la prima definizione di Aristotele). Però questa definizione di "perfetto" non è perfetta. Qui cominciano i problemi. Per capire che cosa vuol dire "perfetto" usiamo una definizione imperfetta. Non può esistere una definizione perfetta di "perfetto". Anzi, non può esistere una definizione perfetta di niente.
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Ok. Diciamo che "perfetto", più o meno, significa "completo". Ma "completo" rispetto a che cosa? "Completo" è un termine relativo: si riferisce a un modello che abbiamo già in mente.
Posto un modello di automobile con quattro ruote, una macchina con tre ruote sarà "incompleta". Ma prima occorre pensare il modello a cui ci si riferisce, e tale modello sarà arbitrario e contingente. Eppure "perfetto" è un termine, lo diciamo intuitivamente, assoluto. E cerchiamo di spiegarlo con un altro termine ("completo") che più relativo non si può.
A meno che non decidiamo che il termine "perfetto" sia un termine relativo. Ma con ciò andiamo a infilarci in un vicolo cieco. "Perfetto" non può essere "in rapporto a qualcosa d'altro". Sul punto Leibniz scrisse molto. Se tollera il confronto, un ente già cessa di essere "perfetto". In altri termini, se diciamo che l'ente x è perfetto perché completo (rispetto al modello y che abbiamo in mente), se cambiamo modello, cesserà la perfezione. Qualcosa di perfetto, lo è e lo sarà sempre. Se cessa di esserlo, non lo è mai stato.
Così parlò Doppiovubi.
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C'è un equivoco sul termine "perfetto". Prima attribuiamo al concetto il significato (erroneo) di "completo", poi - dato che i più ritengono che una cosa completa sia migliore di una cosa incompleta - pensiamo che "perfetto" sia cosa buona. Chiediamo a uno che passa per strada se sia "migliore" un ente perfetto o un ente non perfetto, e lui risponderà senz'altro che è preferibile il perfetto.
Rimane da capire se sia vero che una cosa completa sia migliore di una cosa incompleta, e che cosa significhi "migliore". Alla prima domanda non è possibile dare una risposta fondata, e alla seconda probabilmente è impossibile rispondere una volta per tutte. Peraltro, proprio qualche giorno fa, Doppiovubi pensava che il nostro concetto di "assoluto" è un concetto "relativo". Se si ha dell'assoluto un concetto relativo, l'assoluto diventa relativo. L'assoluto, seguendo questa linea di pensiero, non pesistere, almeno per la mente umana. 
Ma di quella disponiamo, non abbiamo altro.
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Ieri, diciotto marzo, a tre giorni dall'inizio della primavera, pioveva e tirava forte vento. 
Potremmo dire, come dicono tutti, che fa brutto tempo. Ma sappiamo bene che la pioggia e il vento non sono né brutti, né buoni. 
Sono.
La pioggia è acqua che cade verso la terra.
Il vento è aria che si sposta.
Pioggia e vento sono.
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Secondo Doppiovubi, può anche andar bene la definizione di "perfetto" come "completo", ma a una condizione: che si prenda - come modello per conoscere il grado di completezza - un modello assoluto. E il modello più assoluto (più assoluto non si potrebbe dire, ma tant'è) che Doppiovubi riesce a immaginare, è quello più semplice.
L'essere. L'uno contrapposto allo zero.
L'essere è perfetto. Il non-essere non è perfetto.
Eh sì, la Natura è proprio perfetta.
Ma che freddo.

W.B.

  



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