That is the question

"È la domanda il nostro chiodo fisso, Neo. È la domanda che ti ha spinto fin qui."
[Matrix, 1999]

Ogni qual volta un essere umano comunica con un altro essere umano può fare soltanto due cose.
O fa una domanda, o fa un'affermazione.
***
Per descrivere graficamente il primo caso, potremmo disegnare una freccina che va verso l'interno (), ovvero, il soggetto cerca di acquisire un'informazione, di portarla da fuori, dal mondo, a dentro di sé. Facendo una domanda (e ottenendo una risposta), l'individuo ha una informazione in più, di cui prima non disponeva. Con la domanda si cresce, si prende qualcosa e lo si fa proprio, si cambia. E' come mangiare: anziché un panino, che va nello stomaco e viene digerito, si acquisisce un dato che entra nella nostra mente, e viene elaborato. La domanda è un atto, per così dire, egoistico, perché il mondo intorno a noi non cresce: si prende da esso, ma non si dà niente in cambio (almeno, nell'immediato). La domanda presuppone l'ascolto: domandare significa prepararsi a qualcosa di successivo, che poi non è nient'altro che l'acquisizione dell'informazione. Domandare richiede poi uno sforzo aggiuntivo. Domandare significa avere pazienza e sapere aspettare. Domandare significa anche governare l'ambiente: significa mettere l'interlocutore in condizione di dover fare qualcosa. Chi pone la domanda è in posizione di supremazia, chi risponde è l'effetto di una causa, la reazione a un'azione. Se parliamo di comunicazione scritta, chi legge cose scritte da altri fa domande, in qualche modo. Chi scrive fa affermazioni. In questo momento state facendo domande, e Doppiovubi, così sembrerebbe, vi dà le risposte che avete cercato. Non sareste qui a leggere, altrimenti. Così sembrerebbe, almeno.
***
Nel secondo caso, voi fate un'affermazione. Il soggetto che afferma (→) "semina" nel mondo un'informazione che prima si trovava dentro di lui. L'informazione non viene persa (si tratta di un "copia e incolla", non di un "taglia e incolla"), bensì viene duplicata e condivisa. L'affermazione, all'apparenza, è un atto altruistico e gratuito, perché in questo processo il soggetto che fa l'affermazione non cresce, non cambia, non "guadagna" niente. Affermare, poi, non è un atto che presuppone un'azione successiva da parte dell'interlocutore. Mentre la domanda, senza la risposta, perde ontologicamente di significato, l'affermazione è autonoma e non ha bisogno di nient'altro, dopo di sé. Che ci sia ascolto o meno, dall'altra parte, è del tutto irrilevante. Affermare significa poi prendersi una responsabilità. Chi domanda è passivo e ricettivo, chi afferma è attivo e in qualche modo si assume l'onere della verità di quello che sta dicendo.
Se parliamo di comunicazione scritta, ancora una volta, chi scrive fa affermazioni, chi legge fa domande e cerca qualcosa. Chi legge prende, chi scrive dà. In questo momento Doppiovubi sta facendo affermazioni, vi sta dando il panino, e voi lo mangiate. O forse è vero proprio il contrario: è tutta la vita che Doppiovubi pone domande travestite da affermazioni. 
Doppiovubi ha una fame pazzesca.
***
Conformemente al principio di Pareto, di norma le persone per l'ottanta per cento del loro interloquire affermano, e per il venti per cento domandano. Questo perché l'ego ti fa sentire importante, se fai un'affermazione: hai l'impressione di gestire gli altri, che stanno lì a bere le tue verità. 
Chi ascolta, così sembrerebbe, ha da imparare, mentre chi afferma, così sembrerebbe, insegna. 
A pochi piace mettersi nella condizione del discepolo. Al contrario, a molti piace essere nella posizione del professore.
Così sembrerebbe.
Ma, come spesso accade, la realtà si situa in una regione del tutto opposta rispetto all'apparenza, e così Doppiovubi vi offre un criterio di discernimento.
Esaminate i discorsi dei vostri interlocutori. Cercate di capire chi avete davanti. Esaminate anche i vostri, di discorsi. Cercate di capire chi siete davvero.
Chi domanda e ascolta, dovrebbe insegnare.
Chi afferma, dovrebbe imparare.

Tutta la grandezza di Shakespeare è contenuta in una sola domanda. 

W.B.
 

 


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