Alla cassa, prego (terza parte)
Infatti, una delle principali caratteristiche della SdO in
cui allegramente viviamo, è indubbiamente quella della complessità. Niente ormai si ottiene con semplicità. Anche l’operazione
in apparenza più banale si rivela essere lorda di complicazioni. Problemi su
problemi, che germogliano come edere velenose impazzite, e si moltiplicano
esponenzialmente.
Per questo motivo, quando un desiderio qualunque ci
avvinghia, quando un inception si installa nella nostra mente, ci ritroviamo
impastoiati in un’intricata congerie di micro-adempimenti, e ben presto le
sabbie mobili ci avviluppano mortalmente.
E’ noto che per andare da x a y occorrono una serie di
passi intermedi, o step, che sono
necessari per la realizzazione del nostro desiderio, ma che non sono il nostro desiderio, e anzi non hanno niente a
che fare con esso. Sulla carta, pervenire a y
dovrebbe farci stare bene (salvo il
masochismo). Ma dato che la bacchetta magica non esiste, e non si passa in un
colpo solo, in un istante, da x a y,
ci ritroviamo costretti a fare una serie di cose che non avremmo mai fatto, né voluto fare. Ma ormai siamo
prigionieri del desiderio finale, della nostra chimera, e non ci vogliamo, o
non sappiamo, più rinunciare. Il desiderio porta così con sé una serie di
frutti amari e avvelenati. E più l’obiettivo è importante – più il bersaglio è
grosso (troppi corsivi in questo
post) – più irta di ostacoli e dolori sarà la scalata al monte della complessità, come
vedrete in dettaglio tra ventiquattro ore, se voi, fidi e accaldati lettori di
Doppiovubi, avrete ancora la pazienza di ascoltarlo.
(3-segue)
W.B.