Il mito della velocità (20)
Questa digressione sulla giuridicità sociale - e naturale - dei
comportamenti ci ha fatto comprendere (oltre a farci rendere conto che il
quadro è per certi versi opinabile) che esiste sicuramente un fattore primario
che (deve) guida(re) le nostre azioni, seppur necessariamente accompagnato da
una serie di scopi secondari e accessori.
A mio parere, si tratta proprio del “telos” di Aristotele,
lo scopo, la causa c.d. finale. Siamo abituati a una nozione di “causa” che, in
senso cronologico, venga “prima” dell’effetto. Secondo Aristotele, il “telos” è
causa delle azioni, ma - pur essendo ciò che muove l’agire umano, e che quindi
si colloca necessariamente prima dell’azione stessa - è proiettato nel futuro.
“Causa finale” della costruzione di una casa è lo scopo di
proteggersi. Esiste prima della costruzione della casa - e quindi la precede e,
anzi, la determina - ma deve ancora essere realizzata (per definizione) e
quindi in un certo senso la segue. E’ prima, ma è anche dopo. E’ un concetto
affascinante. Sembra sfuggire, in qualche misura, alla morsa della freccia del
tempo.
Ciò che - guarda caso - rappresenta la nostra più grande aspirazione.
Ho già avuto modo di dire che a mio avviso è la più
importante delle quattro “cause” individuate da Aristotele; in realtà, secondo
il pensiero scientifico, non solo non è la più importante, ma non dovrebbe
nemmeno esistere. La scienza ha sempre avversato la causa finale aristotelica,
in quanto estrinseca al processo di causa ed effetto (è nella mente dell’agente,
e, in quanto tale, è immateriale e quindi “non misurabile”, ammesso e non
concesso che i pensieri siano immateriali e non misurabili). Si può dire che la storia della
scienza, in un certo senso, sia il percorso verso la progressiva eliminazione, dall'ambito della conoscenza umana, della causa finale
individuata da Aristotele.
Come diceva Thoreau, tuttavia, le cose più importanti sono proprio
quelle che non sono visibili.
(segue)
W.B.