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Tutti quanti, o quasi, vi sarete resi perfettamente conto del fatto che negli spots pubblicitari - ma anche nella 'pubblicità' in genere - il numero dei neri sia cresciuto 'esponenzialmente'. Oramai non c'è spot che non ne contenga almeno uno, e in alcuni casi ne contiene svariati. Li vediamo alla guida degli ultimi modelli di auto, sorridenti in compagnie festanti, bene integrati in ordinarie scene di vita quotidiana. Orbene, noi tutti conosciamo due fatti, ovvi e banali. Il primo: le 'pubblicità' - quelle dinamiche - sono costruite su veri e propri sets cinematografici: non è che il regista dello spot del 'noto gelato' se ne vada in giro per le spiagge con una telecamera nella sacca e riprenda la 'vita vissuta' che casualmente gli capita sotto la lente. Il secondo fatto, collegato in parte al primo, è che gli spots non si attengono al realismo. In genere (è sempre stato così) le 'pubblicità' riflettono un mondo che non esiste nella realtà: le auto si muovono veloci in città deserte, le famiglie sono sempre felici e belle, i supermercati sono lindi paradisi in terra, dove i commessi che ripongono i cavoli negli scaffali - con attenzione spasmodica e precisione certosina - sorridenti e soddisfatti, guardano i clienti con devozione e quasi voluttà. 
Ma nel mondo reale (quanto meno in Italia, qui ci riferiamo soltanto agli spot italiani, e comunque vengono trasmessi qui, anche se sono, poniamo, di fattura francese o americana) non esistono tutti quei neri, e soprattutto non fanno 'quelle cose lì', o comunque non le fanno 'così'. Il mondo pubblicitario italiano ha operato, o comunque accettato, una chiara amplificazione quantitativa (e anche qualitativa) del loro ruolo e della loro visibilità sociale (*). 
 
[Certo i pubblicitari ci hanno tenuto, per ovvi motivi di identificazione dell'acquirente con la narrazione favolistica dello spot, a tenersi ben al di qua rispetto a un certo limite: non vediamo mai lo spot di una banca/assicurazione dove il consulente che ti accoglie è un nero in impeccabile completo blu, che ti illustra, con un sorriso rassicurante, il prodotto finanziario del momento, oppure un'aula universitaria dove un professore nero tiene alla lavagna - piena di simboli matematici astrusissimi - una lezione, istruendo trecento studenti stanchi, confusi e annoiati (fino a quando due di loro non mangiano un certo cioccolatino e improvvisamente si sentono lucidi e proattivi) o dove un nero elegantissimo, alla guida di una lussuosa decappottabile su pericolosi tornanti lungomare (che non sia Lewis Hamilton, ovviamente, o una star nera di Hollywood), sul cui polso troneggi, a seguito di un sapiente zoom, un RM 27-04 Tourbillon, valore circa un milione di euro.] 

Questa amplificazione numerica (e 'qualitativa') fittizia del numero dei neri presenti negli spots potrebbe anche rispondere a un intento meritorio e 'giusto', nell'ottica 'inclusiva' e forse anche 'compensativa' dei tempi 'che corrono'. Non corrisponde alla realtà, perché in realtà non ci sono nemmeno, in circolazione, tutti quei neri, e non sono nemmeno 'integrati' come appaiono in quegli spots, ma, d'altra parte, la pubblicità è finzione, lo abbiamo appena detto. Ci sta (****).
 
Tuttavia Doppiovubi non ha scritto questo post a fini puramente descrittivi: che ci fosse in atto questa amplificazione fittizia era già abbastanza evidente. Certo, qualcuno lo negherà, e dirà Non è vero, non ci sono poi tutti quei neri negli spots, e qualcun altro dirà Ma no, sono pubblicità che provengono dall'estero, dove i numeri sono diversi rispetto all'Italia, e qualcun altro ancora dirà E' vero, ci sono, ma ci sono anche nella realtà di tutti i giorni, e infine qualcun altro ancora dirà E anche se fosse? Ben venga la descrizione di un mondo di 'fantasia' che tutti vorremmo, dove i neri sono integrati e non discriminati. E sia, Doppiovubi potrebbe - per così dire - accettare tutte queste 'eccezioni', ma allora pone a 'costoro' una semplice domanda:
 
perché, negli stessi spots, non compaiono altrettanti cinesi? 
 
In fondo, anche le vite dei cinesi hanno importanza.
 
Ma, diremo di più: perché mai, finzione per finzione, negli stessi spots non vediamo altrettanti filippini, che pure sappiamo benissimo essere in tanti, tantissimi, sul territorio italiano? 
 
Doppiovubi vorrebbe vedere uno spot in cui una compagnia festante di tre/quattro ragazzi corre verso un divano da due posti, e i ragazzi gioiosi si lasciano cadere giù sul divano sorridenti -un po' stretti tra loro- a guardare la partita (anzi 'una' ipotetica partita, perché il televisore è inquadrato da dietro) con hamburgers, Cokes e patatine che in slow motion cadono un po' ovunque (tanto c'è un filippino che pulirà, dopo), ma appunto Doppiovubi vorrebbe vedere il filippino che ride, seduto con loro e in mezzo a loro, e tifa davanti alla tivù, e fa cadere anche lui le patatine come tutti gli altri, 
oppure 
Doppiovubi vorrebbe vedere un filippino che guida un (adesso fa figo chiamare le macchine al maschile anche se non sono suvs) 'nuovo Hybrid' tra grattacieli e strade deserte, un filippino che guida soddisfatto e sorridente, sicuro e tranquillo, e interroga anche il computer di bordo che gli risponde su qualsiasi cosa il filippino abbia mai voluto sapere della sua propria vita 'domestica' (appunto), anzi, meglio ancora, una donna filippina, che - ovviamente senza càmice a quadratini bianchi e azzurri - sta guidando questo fiammante 'nuovo Hybrid' ("tuo a soli", dice intanto la voce fuori campo, che pure dovrebbe avere inflessione filippina) e ha così raggiunto, grazie al volante, il nirvana.  
O finalmente Doppiovubi vorrebbe vedere un'allegra compagnia di ragazze e ragazzi italiani al bar, che bevono gli spritzs (**), e tra loro - magari con una bella inquadratura ad hoc solo per lui - brindante protagonista un filippino qualunque, che - accantonato lo swiffer ormai grigiastro, riavvolto il cavo dell'aspirapolvere mercè la pressione dell'apposito tasto, deposto il cestino dell'immondizia da svuotare alle cinque di ogni mattina - si rilassa sfoderando un bel sorriso tra i suoi amici veri, bianchi, ricchi ed europei, che gli vogliono tanto, tanto bene.

Oppure, ancor meglio, se proprio, per i vostri giusti motivi, non ve la sentite di arrivare sin lì, amici pubblicitari, andate in giro con la telecamera, e filmate la vita reale (***).

W.B.

(*) Questa operazione di 'amplificazione quantitativa' - avulsa dal reale - è massicciamente in atto, ovviamente, anche con riguardo ad altre 'categorie', anche e soprattutto oltre il mondo del marketing. Qualcuno avrà colto la funzione di questa nota rispetto al post, che è meramente strumentale a essa.
(**) Arborianamente, il plurale potrebbe anche essere spritzes, dizione ancor più interessante.
(***) Il che -ovviamente e paradossalmente e provocatoriamente- significa: non fare pubblicità. Il tema, dunque, è quello del grado della finzione. C'è un codice implicito, perchè abbiamo tutti accettato, da tempo, che la pubblicità ci mostri un mondo finto e irreale; ma anche per la finzione ci sono regole, che rendono in qualche modo 'digeribile' la finzione stessa. In una fiaba, che ha superiori elementi di finzione, il cacciatore in Cappuccetto Rosso non estrae un AK-47 Kalashnikov per uccidere il lupo, questo non lo accettiamo (se non per una provocazione esplicita). Accettiamo la finzione complessiva pubblicitaria, ma all'interno di un certo quadro 'normativo'. Est modus in rebus, anche nella finzione. Ma Doppiovubi, tornando alla metafora digestiva, ritiene ormai che il volgo sia pronto a digerire tutto ciò che gli viene fatto ingurgitare, e non stia troppo a sottilizzare su ciò che gli viene messo sul piatto. D'altra parte, ha pensato Doppiovubi, se uno possiede gli anticorpi (concetto che va 'di moda') per non essere in alcun modo influenzato dalla pubblicità (il che potrebbe anche essere considerato impossibile), ben venga che gli siano propinati piatti indigesti nel bel mezzo di contenuti che gli interessano. Doppiovubi lo confessa (ognuno ha le sue debolezze): subisce (abbastanza) volentieri uno spot indigesto, se poi, in cambio, Piersilvio gli offre 'C.S.I.' (ovviamente soltanto 'Las Vegas') gratuitamente, anche perché l'osservazione del mondo della pubblicità è sociologicamente preziosissima, il che ti fa addirittura prendere due piccioni con una fava soltanto. La metafora del virus funziona ancora: dammi pure YouTube versione gratuita, o la app con gli acquisti in-app, tanto sono vaccinato (con svariate dosi) rispetto agli spot che mi ci butti dentro. Ma siamo molto, molto lontani dalla 'immunità di gregge' (cit.), e non tutti sono 'vaccinati'. Ed ecco che l'ideologia entra nel tuo organismo.
(****) A pagina 19 del 'Sole24ore' di oggi 19 luglio 2021, in un intervista a Bruno Bertelli, 'direttore creativo mondiale di Publicis', quest'ultimo dice testualmente: "... oggi per esempio occorre cercare di alleviare il più possibile il senso di colpa negli acquisti. Ecco perché tante campagne sono declinate su sostenibilità o solidarietà: si aiuta la gente a superare il proprio senso di colpa.". Più chiaro di così.

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