Cicli

Il termine "ciclo" deriva dal latino tardo cyclu(m), e dal greco kyklos, ossia 'cerchio'.
Il cerchio.
Una linea curva i cui punti sono tutti equidistanti da un punto interno fisso, detto centro.
Se si gira intorno a un centro, descrivendo una circonferenza, si ripeterà sempre lo stesso percorso.
E il ciclo, proprio come un cerchio, tende a ripetersi.

La natura è ciclica, circolare. Tende a ripetere lo stesso percorso. Anche noi, in quanto parte della natura, siamo ciclici. Gli eventi si ripetono. Tendenzialmente all'infinito.

Questo continuo ripetersi di eventi genera nell'uomo la sensazione di "insensatezza" della vita.
E' anche un modo di dire. Girare in tondo, non andare "da nessuna parte".
L'uomo vorrebbe, per dare un senso alla sua vita, "salire", oppure "avanzare". Insomma, proseguire lungo una linea retta, che giustifichi l'esistenza.
Un cerchio non giustifica l'esistenza.
Motivo per cui i suicidi spezzano questo cerchio.

Ma se tutto, nulla escluso, in natura è ciclico, se dopo il freddo viene il caldo, e poi nuovamente il freddo, e dopo la notte viene il giorno, e ancora la notte, è possibile che dopo la vita venga il nulla?

Nulla si crea e nulla si distrugge. Gli atomi che compongono il nostro corpo, dopo la nostra morte, assumeranno configurazioni diverse, si aggregheranno tra loro per formare qualcos'altro.

Ma a noi non interessa diventare concime.
A noi interessa fare qualcosa, creare qualcosa, lasciare qualcosa.

E' il motivo per cui molti, moltissimi, quasi tutti gli uomini cercano costantemente la novità. La novità - un nuovo arredamento, un nuovo vestito, una nuova casa, una nuova città, una nuova professione, un nuovo compagno di vita - dà l'illusione di spezzare il cerchio. I gesti ripetitivi (la stessa strada, tutti i giorni, la stessa auto, gli stessi vestiti, le stesse facce, gli stessi luoghi) mettono ancora di più in evidenza, ci ricordano bene che stiamo girando in tondo, che non stiamo andando avanti, o su, non andiamo da nessuna parte.
Chi ha più paura della morte, egli cerca ancor più ardentemente la novità. Per vincere la morte.
E allora, appunto, le cose nuove, le persone nuove, i luoghi nuovi, ci danno la sensazione di rompere il cerchio.

Ma è soltanto un'illusione.

Intanto il tempo passa, invecchiamo. I cicli si ripetono. Moriremo.

Credo che gli animali non abbiano paura dei cicli. Non temono l'abitudine. Non temono di ripetere sempre gli stessi gesti, di visitare sempre gli stessi luoghi. Non sanno che devono morire. Non hanno paura di morire.
Ed ecco improvvisamente, qualche giorno fa, mi sono reso conto che il cerchio, il ciclo, fa parte della nostra esistenza. Non uscire dal cerchio, uomo, accetta questa legge della natura.
Non vivere nell'ansia della novità.

Attendi serenamente la seconda parte della vita, quella dopo la morte.

W.B.



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