L'argumentum P.

Prima o dopo, sarebbe dovuto entrare, questo tema, in questo blog.
Innanzitutto, vi devo spiegare che cosa significa "argumentum P.".
"P" rappresenta l'iniziale del cognome di una persona vivente (che chiameremo, appunto, "il signor P."). Per rispetto nei suoi confronti, naturalmente, non diremo di chi si tratta.
Qualche tempo fa, io e un mio amico - in realtà, purtroppo, non è più tale, non perché io non lo consideri più "amico", bensì perché ha deciso, con scelta peraltro legittima seppur condizionata, di seguire un percorso che inevitabilmente lo ha sempre più allontanato da me - avevamo coniato questa espressione proprio perché il signor P., per discolparsi, utilizzava spesso questa, che è essenzialmente una tecnica retorica. Normalmente viene definita "argumentum ad hominem". Ma a noi piace chiamarla "argumentum P". Peraltro questo argomento è leggermente diverso, rispetto al classico argumentum ad hominem.
Passo a illustrarvi, mercé un chiaro esempio, che cos'è l'argumentum P.
Il signor P. indossa un paio di scarpe che sono visibilmente sporche, inzaccherate di fango.
Il signor P. incontra il signor S.

Il signor S., per parte sua, indossa un paio di scarpe molto consumate: da un lato si aprono, addirittura.
Il signor S. indica al signor P. le scarpe di quest'ultimo, e gli dice, ridendo fragorosamente: "Le tue scarpe sono sporchissime, ti dovresti vergognare!".
Da notare che l'affermazione del signor S. è assolutamente vera. Le scarpe di P. sono davvero molto sporche.
Il signor P. replica, per l'appunto, con l'argumentum P.: "Taci, non vedi che hai le scarpe rotte, tu?!".

Avrete ben compreso che l'argumentum P. consiste in ciò, che quando si viene accusati di qualcosa (pur vero), si taccia l'accusatore di qualcos'altro (in ipotesi, più grave). L'obiettivo è sviare il discorso, defilarsi dall'accusa. In ultima analisi, togliere credibilità e legittimazione all'avversario accusatore ("tu, che hai le scarpe rotte, non sei nella condizione di giudicare le mie, di scarpe").

Nella storia del mondo, addirittura Gesù ha utilizzato l'argumentum P.:

"Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell'occhio tuo c'è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello." (Matteo, 7,1-5).

Più di recente, Bettino Craxi si difendeva dall'accusa di illecito finanziamento al suo partito, con una sorta di argumentum P.: visto che lo fanno tutti, non possiamo essere puniti.

In effetti, tuttora l'argumentum P. è molto usato in politica (e non parliamo dei rapporti coniugali o para-coniugali, dove l'argumentum P. si incontra a ogni pie' sospinto).

Generalizzando, possiamo affermare che l'argumentum P. pone un serio problema.

E' lecito criticare il prossimo, quando chi critica non è propriamente esente da censure, sul tema specifico?

Si noti che la questione non è affatto di lana caprina. Tutti sappiamo che uno degli argomenti più diffusi contro il Papa, da parte di chi avversa la Chiesa, è proprio un argumentum P.: Benedetto XVI, si dice da più parti, non può, non potrebbe inveire contro la fame nel mondo, finché continua a presentarsi all'Angelus con il cappotto di cachemire e il pesante anello pastorale, d'oro massiccio, vendendo il quale anello, come Schindler, potrebbe salvare più di un bambino africano dalla morte.

Volendo astrarre ancor di più, il problema che si pone è il seguente:

se Tizio indica al prossimo un precetto da seguire, e tale regola è giusta e condivisibile in sé e per sé, il messaggio perde di validità solo perché a proclamarlo è un soggetto che, a sua volta, non rispetta minimamente tale regola? Ovvero: il comportamento dell'autore del messaggio, al di là dell'ovvia perdita di autorevolezza del mittente, influisce sull'interpretazione e la bontà del messaggio? Stiamo parlando del principio di coerenza.

Se Hitler dal palco avesse proclamato che bisogna amarsi l'uno con l'altro, continuando tuttavia a ordinare genocidi, il suo messaggio di amore sarebbe stato da considerare sbagliato? Qualcuno, tra il pubblico, avrebbe potuto urlargli di tacere, visto il suo comportamento?

A mio parere l'argumentum P. è erroneo. Ossia, è quello che è, un mero artifizio retorico.

Le scarpe del signor P. rimangono sporche, e fa bene il signor S. a dirglielo, e il fatto che le scarpe di S. siano rotte non toglie che le scarpe di P. siano sporche e debbano essere pulite. Craxi sbagliava, quando diceva che nessuno poteva essere punito, perché tutti violavano la legge: tutti da punire, invece. Benedetto XVI, quando richiama l'attenzione del mondo sul problema della fame dei poveri, dice bene, anche se la sua tavola è ricca e il suo cappottino morbido e caldo. E Hitler, se avesse proclamato la bontà dal palco, avrebbe comunque detto una cosa giusta, pur essendo, questa affermazione, uscita dalla sua bocca, non propriamente angelica.

Rimarrebbe da spiegare la parabola di Gesù.

Io la intendo un po' diversamente dall'interpretazione corrente. La parabola, infatti, non dice di non giudicare in senso assoluto (giudicare è un atto imprescindibile per discernere il bene dal male, non si può non giudicare), bensì invita a migliorarsi, a emendare i propri difetti. Una volta compiuta questa importante operazione, allora sì che si può giudicare, forse si deve giudicare e anzi si giudica ancor meglio ("e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello"). Inoltre, a mio avviso, quando Gesù invita a non giudicare, in realtà ci suggerisce di non umiliare il prossimo, con un giudizio arrogante, superbo e violento. C'è modo e modo.

Quindi, fuoco alle polveri, e se c'è da criticare, facciamolo pure, anche se non siamo di virtù specchiata.

Ammesso, naturalmente, che la critica sia giusta, corrisponda al vero e non sia fatta con lo scopo di esaltare il censore, come ebbi a dire di recente.
E sempre che la critica non valga a umiliare il prossimo.

W.B.


Commenti

Anonimo ha detto…
La vera Umiliazione vive in assenza di critica. La vita stessa e' in ultima analisi pura Umiliazione, svilimento. Solo nell'ipocrita necessita' della creazione artistica esiste tregua. Non duratura peraltro. Illuminante inoltre nello specifico il buon Oscar secondo il quale si viene disprezzati piu' per le proprie virtu' che per i propri difetti.
Anonimo ha detto…
c'è un errore di base.
l'argumentum p. presuppone sempre che la frase rivolta al signor p. sulle scarpe sporche sia vera, ma non necessariamente che il signor s. le abbia rotte.
il vero argumentum si sostanzia nel fatto che, a prescindere dalle qualità o mancanza di qualità del soggetto pronunciante il giudizio, il soggetto che lo riceve ritiene opportuno ribadire con una frase di impatto almeno uguale nei confronti del medesimo pronunciante.
per esempio, ricevuto un giudizio intorno all'abbigliamento, il soggetto risponderà additando a sua volta l'abbigliamento del pronunciante. lo scopo, come dici giustamente, è togliere efficacia al primo giudizio, demolendolo e rendendolo vano per effetto della presunta delegittimazione del soggetto emittente.

bene.

a questo punto, il discorso successivo, quello intorno alla legittimazione a pronunciare, non entra immediatamente in argumentum.
anche questo è un argumentum interessante, ma non direttamente conseguente all'argumentum p.
a mio avviso, il papa che parla di povertà dal suo scranno di inestimabile valore, con i suoi ori e le sue sete preziose, deve stare zitto.
dico tuttavia di più. se il papa, con i suoi ori e le sue sete, vedesse il signor p. con le consuete scarpe sporche di fango, avrebbe tutto il diritto di dargli del barbone, ma - si badi - non perchè ha le sete, semplicemente perchè le scarpe del p. sono sporche. ed ecco che a questo punto il signor p. gli risponderebbe: "ma non ti sei visto tu, come sei vestito?"

nel nostro esempio il signor p. usa dunque l'argumentum, ma come sempre, ed è questo il punto centrale, l'argumentum non coglie nel segno, perchè il papa è molto ben vestito.

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