Altro che spread (con un post scriptum).

In data 16 ottobre 2007, l'editore americano Hill & Wang, con sede a New York City, ha pubblicato "Good Germs, Bad Germs: Health and Survival in a Bacterial World" di Jessica Snyder Sachs. 
Non è una professoressa, è una biologa e giornalista divulgatrice. Insomma, quello che scrive è (dovrebbe essere) comprensibile da tutti.

In data 3 maggio 2012 (*), l'editore italiano Bollati Boringhieri (**) ha pubblicato "I buoni e i cattivi. Come sopravvivere in un mondo dominato dai batteri", che sarebbe la traduzione italiana del libro di cui sopra. Ha tradotto la bravissima Isabella C. Blum (***), a sua volta biologa.

Doppiovubi dice: se un povero cristo è interessato a leggere il libro della Sachs, ha tre alternative:
a) leggerselo direttamente in inglese, ma in tal caso - visto che la dott.ssa Blum ha un curriculum veramente con i contro-fiocchi, e il povero cristo, per definizione, no - le speranze di comprendere più del cinquanta per cento del testo sono illusorie (trattandosi di un povero cristo qualunque, quale è Doppiovubi);
b) leggerselo quattro anni e mezzo dopo la pubblicazione, in italiano, ma in tal caso - visto che per la ricerca scientifica quel periodo (di quattro anni e mezzo) corrisponde a un'era geologica - tanto vale leggersi gli scritti del naturalista olandese Antonie Philips van Leeuwenhoek, il quale nel 1667 dovrebbe essere stato il primo a osservare i batteri;
c) rinunciare, e leggersi Piero Angela (no comment).

In buona sostanza, l'Italia non ha alcuna speranza (****).

W.B.

Post Scriptum del 28 maggio 2012: Doppiovubi, con orrore e a posteriori, ha appreso che nel 2009 Longanesi aveva pubblicato il libro in Italia; pare che poi, nel 2012, i diritti siano stati ceduti a B.B.
Questo fatto potrebbe invalidare il senso del post - e in effetti lo invalida. Tuttavia il post mantiene un importante significato, che è il seguente: non fidatevi mai di Doppiovubi. 


(*) Quattro anni, sei mesi e diciassette giorni dopo.
(**) Casa editrice fondata nel 1957 da Paolo Boringhieri, poi ceduta nel 1987 a Giulio Bollati, il quale giustamente ha pensato bene di piazzare per primo il suo cognome.
(***) Doppiovubi, nonostante la compulsione del sito personale della dott.ssa Blum, non è riuscito a capire per cosa stia la "C.".
(****) Ci sarebbe la quarta via (che non è quella di Georges Ivanovič Gurdjieff) ossia lo studio approfondito dell'inglese per comprendere subito, e non anni dopo, le pubblicazioni estere, e in special modo quelle americane, che in ambito scientifico surclassano il resto del pianeta; tuttavia, ad avviso di Doppiovubi, la conoscenza dell'inglese da parte della stragrande maggioranza degli italiani è assolutamente deficitaria, e tale situazione è ormai irrimediabile.


Commenti

pim ha detto…
Come mai la ricerca australiana non è così à la page come le altre? Un paese così sviluppato, giovane, fresco, sportivo, in salute, senza negri nè marocchini, senza problemi di evasione, senza rumeni, albanesi, senza il problema delle pensioni, dello spread, del debito pubblico, del caro carburante, dei falsi invalidi, dei terremoti, della disoccupazione, come mai un paese così rigoglioso e aitante non dà alcun contributo alla ricerca? Come mai non dà alcun contributo alla cultura? Un paese così vasto, con risorse immense, come mai non conta nulla?
Anonimo ha detto…
Un Paese che ancora non possiede una memoria identitaria e una propria narrazione ha questo problema, non a caso, per fare un esempio, gli Stati Uniti hanno per lungo tempo preso i migliori ricercatori altrove. D'altra parte ciò che è recepibile dalla globalità - in merito al tratto narrativo - certo non aiuta.

Mi permetto peraltro di dubitare dell'affermazione di Doppiovubi circa la superiorità della ricerca americana, dato che l'investimento pubblico e privato - molto più alto che nel Vecchio continente - non ha prodotto miglioramenti all'economia, allos viluppo sociale e all'uso delle risorse.

Credo ancora al primato nella conoscenza della vecchia Europa, e all'Italia in particolare.

Paolo
pim ha detto…
gli stati uniti sono diventati quello che sono diventati (cioè, per un secolo almeno, la nazione più importante del mondo dal punto di vista di "dove succedono le cose") grazie proprio al fatto che là siamo andati noi: italiani, spagnoli, tedeschi, polacchi, russi, eccetera.

se fossero rimasti i bovari che erano, difficilmente sarebbe esistito, per dire un nome, il Mit, ovvero le università in cui, mi dicono, si fa davvero ricerca.

l'australia ha scelto di restare un paese di bovari (questo, dopo aver sterminato la popolazione indigena, che evidentemente dava fastidio).

penso da qualche tempo che l'unica soluzione al problema economico del globo (che in effetti, come spiego tra poco, non esiste) sia semplicemente popolare le zone non popolate del pianeta.

prima fra tutte l'australia, dove per il 90% del territorio non vi è insediamento umano. così in russia, in buona parte della cina, in buona parte dell'africa, in canada e in buona parte degli stati uniti. mi rendo conto che sono territori ostili, dal punto di vista climatico, oggi. nondimeno, è sempre stata e sempre sarà la terra a dare le risorse. dobbiamo semplicemente andare a prenderle dove non siamo ancora andati.

altrimenti, l'altra soluzione è tutti gli esseri umani a ciotola di riso.

non capisco di che altro si possa discutere.
Anonimo ha detto…
Pim la tua è una valutazione meramente distributiva, sul piano della politica economica, che coinvolge solo il tema delle risorse.

Invece la soluzione è anzitutto sul piano della produzione, e più nello specifico sulle modalità della produzione, ciò che riesce a convogliare le migliori risorse endogene al sistema economico (delle singolarità) senza che le comunità si trasformino in unità amorfe e massificate nel consumo e nella finanza.

In questo i governi sono muti, un numero impressionante di uomini di potere, con tanto di cattedra nelle migliori business school, ha dimenticato che economia significa letteralmente "governo della casa".
I migliori, al massimo, fanno i contabili ed esattori, non i governatori.

Paolo
pim ha detto…
pienamente d'accordo con te.

nondimeno, vorrei dire che la produzione è la produzione di risorse. e le risorse non possimoa inventarle, come invece possiamo inventare numeri, calcoli, bilanci, cifre, e anche, sì, denaro, circuito del denaro, potere d'acquisto del denaro.

gli idrocarburi non forniscono solo carburanti per automobili e aerei, ma anche le materie plastiche.
il ferro dà l'acciaio.
i microprocessori, oggi, lavorano ancora, mi pare, con il silicio. domani arriveranno nanotecnologie organiche e biologiche (ci sono già).

mangiamo ancora il riso, la pasta, le verdure e, vivaddio, la carne.

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