The Gate.

Oggi Doppiovubi intende parlare della preghiera.



E' d'uopo, però, una parentesi introduttiva.

Qualche giorno fa Pim, che ha sicuramente qualche contrasto interiore con riferimento al suo rapporto con l'Eterno, ha detto a Doppiovubi che Doppiovubi non è onesto quando scrive i suoi post in tema cristologico, quella che lo stesso Pim chiama la 'deriva cristologica' di Doppiovubi, e non sarebbe onesto perchè, secondo Pim appunto, Doppiovubi alle cose che scrive non ci crede, o, se ci crede, allora è grave perché si trova su una china pericolosa.

Orbene, Doppiovubi - e questa sarebbe la parentesi introduttiva essenziale - vuole qui chiarire in maniera cristallina quanto segue: purtroppo, e sottolinea purtroppo, Doppiovubi non crede in Dio come si dovrebbe, ossia in modo completo, totale, assoluto, incondizionato, cioè, in altre parole, Doppiovubi pensa che O si crede o non si crede, non ci sono zone grigie, o è zero o è uno, insomma, qui ci vorrebbe uno che sa di universi tassellati - pregasi cercare su Google 'universo tassellato' e seguire il primo link che esce -, ma in ogni caso o si crede o non si crede, appunto.

E' anche vero che la fede totale, senza dubbio alcuno mai, non è umana, se l'uomo è uomo, e dunque per definizione imperfetto, non può esistere la fede totale, così quando Doppiovubi intende 'uno', intende una fede che si avvicina moltissimo all''uno', così come Doppiovubi pensa che non ci sia uno 'zero' assoluto, fuor di metafora un uomo che non abbia dubbio alcuno sul fatto che Dio non esista, ossia secondo Doppiovubi non esiste al mondo uomo con fede cieca in Dio, come non esiste uomo al mondo ateo al cento per cento.

Questo non significa che non valga il suddetto principio O si crede o non si crede. Per Doppiovubi, avere una fede tiepida significa non avere fede. Accettare Cristo a intermittenza, specialmente quando le cose non vanno bene, significa non accettare Cristo, punto. Bisogna essere onesti.

Certo, si può percorrere un sentiero, che magari ti avvicina alla fede, ma su quel sentiero trovi un cancello, e devi decidere: o lo varchi o non lo varchi. O di qua o di là.

Ecco, Doppiovubi staziona davanti a quel cancello e lo sta osservando da un bel po'; in realtà ha paura a varcarlo, paura in sè paradossale, in quanto, nella teoria, andare dall'altra parte dovrebbe solo rendere la vita migliore. Stare al di qua, se non vuol proprio dire essere in quella che gli scrittori motivazionali chiamano zona di comfort, quanto meno significa non alterare equilibri consolidati; pensare di poter riporre fiducia totale nell'Eterno, se da un lato può portare gioia e sicurezza, dall'altro lato ti fa temere di allontanarti dal mondo, mondo nel quale soffri, è vero, ma soffri in un certo equilibrio consolidato, al quale ti sei abituato e gli uomini, come si sa, col tempo, si abituano a tutto.

Detto questo, deve essere chiaro a Pim, e a tutti i lettori di Doppiovubi, che Doppiovubi è al di qua del cancello. Doppiovubi, secondo la sua definizione di fede di cui sopra, non crede. E dunque, quando Doppiovubi parla del Vangelo, disquisisce su Gesù, cita versetti, non sta giocando al Pastore evangelico, non sta prendendo in giro nessuno, e nemmeno se stesso; bensì descrive una situazione, la descrive come la descrivono quelli che credono davvero.

Sempre nella metafora, egli descrive quello che gli altri dicono esserci al di là del cancello, quello che loro vedono; ma Doppiovubi, lui, oltre il cancello non vede (ancora) niente.


Questa parentesi era indispensabile, perché dato che Doppiovubi sta per parlare del concetto di preghiera, evidentemente l'equivoco si sarebbe posto nuovamente, e Doppiovubi è stufo di ambiguità ed equivoci: egli agogna la chiarezza e la semplicità. Sempre di più.


Da un po' di tempo a questa parte il Doppiovubi si arrovella sul significato della preghiera, o, se vogliamo, sulla funzione della preghiera.

Sulla preghiera è stato detto tutto e il contrario di tutto.

Intendiamoci. Doppiovubi è ignorante, le parole che seguono non vogliono essere saccenti o arroganti. Doppiovubi sa benissimo che quello che sta per dire pecca di superficialità estrema, e che menti poderose per millenni hanno analizzato e studiato a fondo quello che indegnamente Doppiovubi sta per scrivere. Perdonatelo in anticipo, per la sua ingenuità.


Qualcuno definisce la preghiera il 'dialogo' con Dio, ma è arduo un dialogo quando l'interlocutore, ancora una volta per definizione, non ti risponde mai (salvo quello che spesso si dice, cioè che in realtà Dio risponde benissimo e per davvero, ma la nostra mente è talmente assordata dai pensieri, che non siamo in grado di sentire (non 'ascoltare', ma proprio 'sentire') le sue risposte - Pim apprezzerà la minuscola in 'sue', ma non si ripeterà più. Nel film "Io sono leggenda", si passerà la citazione cinematografica non proprio dotta, Anna dice a Robert Neville che Dio ci parla e ci risponde, ma siamo noi a non sentirlo: c'è troppo rumore nella nostra vita. Per ascoltare Dio occorre silenzio. Ma resta l'obiezione iniziale: più che un dialogo, appare come un monologo, e per questo è frustrante. E per questo l'uomo - non vedendo risultato - smette di pregare, o non comincia nemmeno.


Secondo altri la preghiera ha una funzione di costante ringraziamento, e allora l'obiezione è abbastanza facile, è comodo ringraziare quando le cose vanno bene, ma quando hai un tumore al pancreas è meno spontaneo, anche se i musulmani, quando si salutano, si chiedono in arabo, Come va, e la risposta è sempre, Bene, ringraziamo Allah (anche in caso di tumore al pancreas), perché secondo loro già il fatto di esserci significa avere il dovere di ringraziare l'Altissimo.

Questa visione è idilliaca, ma poco 'umana': dobbiamo dirlo. Suona 'falso' un ringraziamento di fronte a problemi gravi.


Secondo altri ancora la preghiera è quello che è nel senso comune, cioè una pura richiesta, e infatti spesso si chiede che Dio faccia qualcosa, intervenga su questa Terra, metta le mani nella nostra vita.

Doppiovubi ritiene che questa sia la preghiera più diffusa, tutto sommato dovrebbe - insiemisticamente - ricomprendere anche la prima funzione della preghiera citata sopra, quella del dialogo puro, anche perchè è dura immaginare un dialogo antropomorfizzato con Dio. Si rischia così di penetrare in zone paludose che rasentano la malattia mentale (e si sa che il tema divino è area su cui molte patologie della psiche germogliano rigogliose).

E' evidente che, bene o male, quando cerchiamo un dialogo con Dio è perché abbiamo bisogno di qualcosa; se vogliamo essere onesti, dobbiamo ammetterlo.

Lui, al contrario, non ha bisogno di niente da noi, (per l'ennesima volta) per definizione. Sempre di richieste si tratta. Sempre di interventi. Spesso si chiedono anche interventi massicci.

Basta visitare le cappelle degli ospedali, ed ecco che le preghiere per atti divini, che rimedino alle leggi della fisica, fioccano copiose.


Ed è proprio questo il punto su cui Doppiovubi si arrovella, che è poi il punto cruciale di questo confusissimo (ma importantissimo) post.


Da sempre Doppiovubi è alla ricerca di 'paletti' possibilmente inamovibili, su cui costruire il suo sistema di credenze teologiche, giusto per avere un minimo di certezza, in un tema così delicato e dubbio.


Uno dei paletti che Doppiovubi, nel corso degli anni, ha conficcato con maggior forza nella sua anima è quello della libertà dell'uomo, o, se vogliamo, il famigerato libero arbitrio, al quale è legato a filo doppio il principio di responsabilità dell'uomo.


Doppiovubi crede molto in quel paletto, e non lo svellerà mai.


Se è vero, dunque, e lo diamo per assioma, che l'uomo è libero, è altrettanto vero che esistono leggi di natura. E queste leggi, oltre a essere immutabili e invariabili, sono conosciute o conoscibili dall'uomo.

Basta sfogliare un ottimo testo di fisiologia clinica e quasi chiunque può comprendere, anche chimicamente, cosa succede nel sistema circolatorio. L'infarto si riduce a un evento spiegabilissimo, nè più nè meno che la spiegazione dell'accensione di un motore elettrico.

Dio non mette mano alle leggi di natura. Dio non le tocca (questo paletto è un po' meno conficcato); ovvero, sempre per definizione teorica, Dio potrebbe metterci le mani, ma non lo fa.

E dunque, tornando alla preghiera, che senso ha chiedere a Dio di 'intervenire', di deviare il corso degli eventi, e quindi modificare i processi tipici delle leggi di natura, o, peggio ancora, di 'rimediare' a eventi in gran parte, se non totalmente, determinati - magari remotamente, e si è per questo smarrito il discernimento del nesso di causa e di effetto - dall'uomo medesimo?

E dunque, a che cosa serve la preghiera? perché pregare?



Doppiovubi ipotizza questa risposta.

Tenendo fermo il libero arbitrio dell'uomo, il cui corollario, come si è detto, è la piena responsabilità dell'uomo per ogni circostanza che è conseguenza del suo libero volere, e tenendo ferme le leggi di natura, forse, e si sottolinea forse, si può chiedere a Dio di intervenire, ma non con effetto sul mondo esterno all'individuo che prega, ma con riferimento all'anima e allo spirito dell'individuo. Si può chiedere a Dio di intervenire su ciò che è dentro di noi. Ha senso: Dio non è materiale, Dio non interviene sul piano della grezza materia, non gli appartiene. Egli, forse, può bene intervenire su un altro piano, il Suo proprio, quello immateriale (*).


Ci sono azioni giuste e azioni sbagliate, da compiere nella vita. Non vi è dubbio che bere molto alcol quando il proprio fegato è in sofferenza sia un'azione sbagliata (ovviamente, è sbagliata se un soggetto ha di mira la salute, mentre se un soggetto ha di mira il suicidio è un'azione azzeccatissima e diremmo perfetta).

L'uomo passa la sua vita intera, come diceva K. Popper, a risolvere problemi. Ogni tre/quattro secondi, e a volte meno, ci si presenta un bivio. Dobbiamo continuamente scegliere. A volte la decisione è banale (prendere un tram o andare a piedi), a volte cruciale (separarsi o salvare un'unione sentimentale). E l'uomo, innanzi a miliardi di decisioni, spesso si sente confuso. Spesso ha paura. Mille circostanze influiscono sulla retta decisione (Doppiovubi non sta parlando di morale, lo si sarà capito, si spera).

La mente è confusa, forse l'anima no. Doppiovubi pensa che la confusione sia ineliminabile, perché i pensieri sono umani, e quindi imperfetti. L'uomo avrebbe bisogno di una guida superiore, che parli direttamente all'anima. Dio e la nostra anima forse parlano la stessa lingua (**).


Ecco, forse in questi casi si può chiedere a Dio di fare un po' di luce, di chiarire la strada, di darci un segno, di suggerirci l'azione (o l'omissione) giusta per noi (o per gli altri) in quel momento.

Salviamo così il libero arbitrio, teniamo ferma l'intoccabilità delle leggi di natura. Rispettiamo l'onniscienza dell'Eterno. Affermiamo con forza la nostra pochezza umana, e chiediamo umilmente un aiuto. Un consiglio. Come si chiederebbe a un genitore. Doppiovubi, di fronte a questo concetto del pregare, sente intuitivamente dentro di sè una specie di sensazione piacevole che gli suggerisce, Sì, questo è il modo giusto di pregare. Doppiovubi sente che questo concetto di preghiera lo fa sentire bene. Forse è il modo giusto di pregare, chissà. Forse è il modo giusto per Doppiovubi, chissà, e non per tutti gli altri.




Sempre, naturalmente, che si creda in Dio.


W.B.

(*) Secondo alcuni, i pensieri sono anch'essi 'cose' materiali, in quanto derivano da reazioni chimiche e sono fenomeni elettromagnetici misurabili. In tal caso, nemmeno si potrebbe ritenere che Dio intervenga sui nostri pensieri. Può forse intervenire sul nostro Io profondo, quello che c'è prima della mente, dietro la mente. Anche la mente, infatti, è comunque fisica e materiale. Ma questo rimane davvero insondabile. Doppiovubi non si vuole avventurare ora su terreni di incontro con la scienza. Non ce la fa, non ne ha le forze.

(**) Chissà, forse è per questo che riteniamo che Dio non ci risponda. Egli parla la lingua dell'anima, intendibile solo dall'anima, e noi siamo lì, vieppiù sfiduciati, ad attenderci un riscontro in un codice linguistico diverso, quello comprensibile solo dalla nostra mente limitata.

Commenti

Anonimo ha detto…
Abbandona il Nuovo Testamento, bella fiaba esistenziale che ripone il Senso nella sfumata -Carità-, abitino che si mette e toglie ad libitum, e approfondisci la Matematica. Leggi Giobbe. C'è poco altro...
dominicus

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