Come un cane

Gli esseri umani, in particolare nella società occidentale, curano la propria immagine. Tranne una sparuta minoranza di autentici esteti, lo fanno per essere approvati dagli altri, o quanto meno per non essere disapprovati. Il presupposto è che il prossimo nutra un certo interesse verso di noi. Se il prossimo fosse cieco, poniamo, (quasi) nessuno si occuperebbe e si preoccuperebbe più di tanto della propria immagine. Mancherebbe il riscontro.

Lungo il tragitto che quotidianamente compio si può incontrare un barbone. Vive su una panchina, ai margini di un parco. In genere è disteso. Dorme. Fuma, legge i giornali distribuiti gratuitamente e intanto gesticola, parlando da solo e a qualcuno che scorge solo lui, a commento di quello che legge. Dà da mangiare ai piccioni. Li osserva. E’ magro, ha una lunga barba grigia, avrà sessant’anni. I vestiti sono sempre gli stessi. Mi sembra abbastanza felice, tutto sommato. Ma non è della sua “immagine” che voglio parlare.

Due giorni fa, mentre mi dirigo verso di lui, scorgo il barbone alzarsi dalla panchina e muoversi verso un albero. L’albero fa parte di una fila di alberi che costeggia la strada, lungo la quale corre in continuazione un fiume di auto. Si avvicina all’albero. Si mette con le spalle rivolte all’albero. Porta le mani al bottone dei pantaloni, lo slaccia. Abbassa la cerniera. Abbassa i pantaloni. Si accovaccia e lo fa. Come un cane. Anzi, non proprio come un cane. I cani, quando lo fanno, e sono guardati, ti ritornano lo sguardo, in genere socchiudendo le palpebre, e una ruga increspa la loro fronte, ti spiano di traverso e sembra che si imbarazzino e ti chiedano di guardare da un’altra parte, Non ho alternative, cerca di capirmi, non posso che farla qui e ora. Il barbone, invece, appariva estremamente tranquillo, nei suoi gesti, e non si è curato di nessuno. Né delle auto di passaggio, né di me, né di altre due o tre persone che, come me, stavano passando di lì. La scena, lo potrete immaginare, è stata disgustosa (anche se in realtà assolutamente naturale).

Quello che volevo riferire, in realtà, è la mia reazione. Dopo qualche secondo di disgusto, oltrepassata la scena (scena che ho evitato di cogliere nei particolari, per evidenti motivi), ed è finalmente la ragione di questo post, non mi ha destato alcun particolare interesse. Un’immagine pure estrema come quella che ho descritto ha originato qualche lampo di raccapriccio, qualche considerazione passeggera, ma non ha fatto sì che io mi formassi una particolare opinione di quella persona.

Forse, al prossimo, della mia immagine interessa davvero poco.

W.B.

Commenti

pim ha detto…
se mi permetti una piccola deriva sessista, credo che l'apparenza appartenga di più all'universo femminile. la coazione, ontologica, all'acquisizione del maschio dominante si declina, nella società occidentale, in orpelli, maschere, gesti.

Post popolari in questo blog

Allahu Akbar.

Come si scrive un'enciclopedia

Quasi tutti i TV erano chiaramente sintonizzati su Telereporter