George e Doppiovubi

E' vero, Doppiovubi ha iniziato una serie di post (per vero didascalici e criptati) attraverso i quali - diciamolo subito in estrema sintesi - la tesi è quella secondo cui la salvezza è individuale: purtroppo è finita l'epoca delle utopie politiche e democratiche. Ormai Doppiovubi crede che gli unici cambiamenti possano avvenire unicamente nell'interiorità dell'individuo, nella sua propria vita, o al più tra le mura domestiche, e giammai più in ambito sociale.
Arrendiamoci, non ce la possiamo fare. Inutile disperdere le energie per cambiare una Società che non solo - de facto - non si riesce a cambiare (per motivi vari), ma che molto probabilmente nemmeno 'vuol' cambiare (ammesso che si possa parlare di 'Società' e di una 'volontà' unitaria in capo a essa; d'altra parte si soggettivizza il cosidetto Stato (che non esiste), e non si vede perché non si possa dire altrettanto della Società).
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Nel frattempo, tuttavia, è troppo ghiotta l'occasione per introdurre un nuovo tema, che è preliminare a quest'ultimo, è situato per così dire a monte di esso, è un tema centralissimo, e quindi sorge il dovere categorico di interrompere le pubblicazioni, per avviare invece il suddetto nuovo tema.
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In buona sostanza, si tratta di capire che cos'hanno in comune George Berkeley e Gautama il Buddha, ma prima ancora il simpatico vescovo irlandese e l'Induismo. Ma dovremo parlare anche di Schopenhauer (il vecchio trombone), dell'incomprensibile Hegel, di Parmenide e di Aristotele (Aristotele c'entra sempre), di Calderon de La Barca e - naturalmente - di David Bohm e Max Planck, senza dimenticarci di Nicolas Malebranche, C. S. Lewis, Renato Cartesio e - ovvio - Donald J. Trump.

W.B.

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