Quando non ci sarò più.

Per la strada Doppiovubi vide una signora, molto anziana, con i capelli bianchissimi e lunghi e spettinati, vestita sciattamente. Camminava sola.
Ma non era sola, perché la donna si voltò, e gridando chiamò per nome un uomo sui quarantacinque anni che la seguiva zoppicando a circa trenta metri di distanza.
Lo chiamò con stizza, come si chiama un bambino dispettoso. Gli gridò di sbrigarsi a raggiungerla.
L'uomo era evidentemente suo figlio, e si era attardato a guardare una vetrina.
Era un ritardato mentale. Arrivò vicino alla sua mamma sorridendole, cercando di comunicarle il suo stupore per una cosa bizzarra che aveva visto.
La mamma, completamente disinteressata, si voltò e riprese il cammino.
Il figlio arrancava dietro alla sua mamma.
Doppiovubi pensò al dolore di quella mamma. Ma soprattutto Doppiovubi pensò al dolore di quella mamma, quando quella mamma pensava alla morte, e al fatto che il suo bambino sarebbe presto rimasto solo e indifeso.
Poi pensò a tutte le mamme dei ritardati mentali, alla loro percezione dell'invecchiamento e alla loro inconsolabile preoccupazione.
E Doppiovubi, pensando a tutto questo, fu trafitto da un dolore infinito. Vide i due allontanarsi, il figlio sorridente a rincorrere la mamma, che ogni tanto si voltava per controllarne la presenza.
Doppiovubi si sarebbe voluto sedere lì, sul marciapiede, a piangere.

W.B.

Commenti

Rebecca Gervasi ha detto…
Meraviglioso.

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