Tu, sei fuori.

Ma a noi, a noi che ce ne importa dei segnali naturali, degli indici, neanche tanto nascosti, che suggeriscono che siamo tutti diversi - di più, unici - indici quali la nostra impronta digitale - oggi strumentalizzata, che paradosso, proprio per attivare il dispositivo che ci rende tutti uguali - e il DNA, oggi evocato prevalentemente per scovare l’ultimo femminicida, o per mettere le mani sull'eredità di un campione argentino. Segnali naturali, in quanto biologici. 
Ma a noi, no, non interessano questi segnali naturali. A noi interessa fare - e dunque dire, il dire è una categoria del fare - tutti le stesse cose, e - a monte del fare - pensare tutti allo stesso modo. Il pensiero, che ci potrebbe distinguere, l’unica caratteristica umana che ci potrebbe distinguere gli uni dagli altri, il pensiero umano deve essere uniforme. In fondo, Dante digeriva proprio come digerisce il peruviano che suona il citofono e consegna il pacco di Zalando. Tra i due l’unico elemento di differenziazione è il pensiero. Uniformato quello, è uniformato tutto. Dante proprio come Esteban. Uguale.
Ma noi, giustamente, preferiamo pensare tutti allo stesso modo. Il nostro fine è diventato questo. Noi vogliamo rimanere dentro. Doppiovubi vuole essere anche lui parte del cerchio magico, il premio - e al tempo stesso il prezzo da pagare (contactless, non bisogna abb. la g.) per rinunciare alla propria unicità, per abdicare dalla propria insopprimibile eppur soppressa umanità - è rimanere dentro il perimetro, far parte del Gruppo (sotto un certo profilo, bisognerebbe dire Gruppe, e chi ha orecchie intenda). 
E in che modo possiamo raggiungere questo nostro desiderabile obiettivo? 
I media, i media, social o non social, sono diventati il modo attraverso il quale possiamo finalmente diventare tutti uguali. La comunicazione, che in un mondo diverso dovrebbe servire, al contrario, a trasmettere le nostre diversità di pensiero, è ormai lo strumento viralizzatore principe per determinare la conformità assoluta, il livellamento totale, l’omogeneità completa del pensiero. 
E le norme, le norme giuridiche - che dovrebbero unicamente servire a stabilire il punto di equilibrio tra libertà del singolo e libertà altrui - sono diventate un sistema, vien da dire quasi il  sistema, per rendere uniformi i comportamenti. Se io normo tutto, ergo normalizzo tutto, tutto sarà uguale a se stesso. Uguale comportamento, uguale pensiero. Un modo indiretto, a ritroso, partendo, skinnerianamente, dai comportamenti, per uniformare i pensieri. 
E il politicamente corretto, inesorabilmente, si è trasformato in politicamente necessario. Se non esprimi il Pensiero Unico, non ti faranno più lavorare, produrre e girare film o documentari, scrivere libri o articoli o post, proporre idee politiche, o anche solo timbrare un cartellino per i tuoi agognati milleseicentodue euro netti. 
In caso contrario, Tu, sei fuori, come diceva F. Briatore, mi pare.

W.B.

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