Loutrophoros

Doppiovubi, girovagando a casaccio sul web, ha trovato una cosa, che gli è sembrata interessante. Racconta di un anonimo che scriverà di un anonimo che scrisse. Allora, Doppiovubi, che a voi, cari tre lettori superstiti, ci tiene, ha pensato di farvi cosa gradita copiando e incollando qui di seguito (anche se normalmente Doppiovubi non copia e non incolla). Egli non è del tutto d'accordo su quanto leggerete, ma, in ogni caso, de gustibus non disputandum est, non proprio tutto è da buttare. E non gli chiedete dove l'ha trovato, perché, davvero, è pronto a giurarlo, non trova più il link, a volte le cronologie si perdono, o forse chi lo scrisse lo ha rimosso, chissà. Viviamo in un mondo crepuscolare. A volte ci sono portali, e non solo sul web, che 'si aprono', per una rapida incursione temporale, ci vai, copi, incolli, e poi si chiudono. 
We live in a twilight world.
Buona lettura, e buon anno.
W.B.
 
***
 
Scese la pioggia, e scese all’improvviso.
Per trovare l’asciutto, si infilò nel primo rifugio disponibile.
Un negozio di antiquariato.
Camminò tra gli scaffali, quando la sua attenzione fu calamitata da un vaso, che, per la forma e i colori, ricordava una loutrophoros. Gli piacque, e, visto che costava sorprendentemente poco, lo comprò.
Tornato a casa, cercò il miglior luogo dove appoggiarlo. Dopo due o tre tentativi, lo trovò, sopra uno scaffale, in alto.
Nello spostare il vaso, sentì che al suo interno qualcosa si muoveva. La mano poteva passare attraverso l’imboccatura, così rovistò sul fondo.
C’era una cosa strana.
Una cosa del tutto inaspettata.
Era un foglio di carta.
Ne rimase estremamente allarmato, e proprio per il fatto che si trattava di un foglio di carta. Erano ormai passati sette anni, dal 2025, da quando la carta era stata vietata in tutto il pianeta, sotto il pretesto della lotta all’inquinamento, in realtà per controllare e cancellare le idee non autorizzate. Tutto ciò che era scritto, era ormai in forma digitale e soltanto on line, e così nulla poteva essere mantenuto riservato.
Nel 2027 tutta la carta esistente, contenente o meno segni grafici, era stata individuata, sequestrata, digitalizzata - se autorizzata - e distrutta. Coloro i quali fossero stati trovati illegalmente in possesso di carta avrebbero subìto la condanna alla pena capitale.
Si spaventò, e – prima ancora di leggere il foglio – lo nascose subito in tasca. Sperò di non essere stato visto dalle telecamere.
Fece esattamente quello che aveva fatto il protagonista di 1984. Si nascose dietro l’unico angolo, in casa, dove non sarebbe stato spiato. Lesse avidamente il contenuto del foglio di carta.
Era scritto a mano, e risaliva a dodici anni prima, al 31 dicembre 2020. L’autore, anonimo, non aveva previsto che cosa sarebbe accaduto nel 2022.

Se lo avesse previsto, certamente non avrebbe scritto quelle parole. Sorrise dell’ingenuità dell’Anonimo. O, forse, l'Anonimo tanto ingenuo non era.

 
Era un documento assai banale, nel suo contenuto, ma dall'importanza storica. Era ormai impossibile reperire una fonte storica riferibile a quegli anni. Tutto era stato distrutto e sostituito dalle fonti ufficiali del GUE, il Governo Unico Europeo. Decise, quindi, di trascrivere il documento. Ma per farlo, sarebbe dovuto uscire dal suo angolo al riparo dalle telecamere. E loro avrebbero visto il foglio di carta. Ed entro tre minuti, al massimo, sarebbe stato un uomo morto.
Così, lesse e rilesse il documento, e poi ancora, e ancora, e ancora, fino a impararlo a memoria. Nel 2032 nessuno imparava più niente a memoria – era del tutto inutile. Lui invece, testardamente, insisteva a coltivare quell’arte. Niente amici al tramonto.
Infine, mangiò il documento, si sedette e dettò alla Macchina le parole dell’Anonimo del 2020. L'avrebbero scambiata per un'opera di fantasia. Avrebbe, sì, passato dei guai, ma ne valeva la pena.
And there are no friends at dusk.
 
Uno dei momenti in cui il mio cuore si apre, e si scalda di autentica felicità e orgoglio, è quando ammiro il nostro Presidente del Consiglio, il Prof. Avv. Giuseppe Conte, che è ripreso dalle telecamere nascoste, intento al suo Lavoro e Sacrificio per la Res Publica. Conosco tre tipi di immagini del Presidente (ma forse ce ne sono di più), avendole potute ammirare, molte volte, nei vari ‘tigì’.
La prima, un grande classico, è quando l’Avvocato degli Italiani sale la scalinata del Palazzo, diciamo lo scalone, con passo misurato e ieratico: egli si dirige, deciso ma fermo, verso il luogo in cui espleterà le sue altissime funzioni.
La seconda immagine, ancor più dinamica, è quella in cui il Presidente si muove attraverso uno strettissimo e lunghissimo e sfarzosissimo corridoio del Palazzo, e incede lesto verso la Steadicam Tiffen – in quei casi mi immagino l’operatore che arretra con passo da gambero, un po’ trafelato perché il Presidente, in splendida forma, cammina di buon passo (il Presidente non ha certamente tempo da perdere).
La terza immagine, nettamente la mia preferita, stavolta statica, è quella in cui il Presidente, in manica bianca di camicia, more rentiano, è seduto alla scrivania, con la sua stilografica pendente, corrucciato e intento alle ultimissime correzioni degli emanandi dpcms (plurale, essendo molti, avrebbe detto Renzo Arbore nel 1988, ai bei tempi di Indietro tutta!). La punta della penna è sospesa, in un momento magico, tra il poter essere e il dover essere, dove l’entusiasmo – in senso etimologico, il dio in te – grazie al nero inchiostro sta per trasferirsi dal soggetto all'oggetto, dalla Giustizia -incarnificata nell’Uomo-, alla norma scritta, che guiderà le nostre miserande e miserevoli vite. La meraviglia in questa immagine (oltre che dal sublime contenuto), è data dal fatto che la telecamera inquadra il Primo Ministro da dietro una fessura di una lignea porta, appena appena socchiusa. Pur attraverso un tale minimale spiraglio, ben si coglie lo Statista, all’opera affaticato (ma neanche poi tanto, viste le sue inesauribili energie). Un pertugio da cui trapela la Luce.
I più attenti tra noi avranno colto – nel primo capoverso di questo mio memoriale – un aggettivo: “nascoste” (le telecamere). E’ la parola-chiave. Le immagini del Presidente sono rubate, esistono suo malgrado e a sua insaputa, cioè, Egli non sa – mentre viene ripreso – di essere ripreso. E’ certamente così, e non può non essere così, e questo lo ricaviamo da un banalissimo argomento per absurdum, cioè che se egli fosse consapevole di essere ripreso [se non nel primo e nel secondo caso, soprattutto e quanto meno nel caso della mia immagine preferita, quella colta (nel senso di participio passato di cogliere) dietro la fessura], si tratterebbe di immagini televisive auto-celebrative inneggianti al Culto della Personalità, da dittatore centrafricano assiso su un trono d'oro massiccio e con uno scettro tempestato di diamanti, da Mussolini a torso nudo con la falce che miete il grano, da Saddam Hussein in divisa verde-oliva attorniato da ossequiosi colonnelli tutti baffuti, che si fanno riprendere in pose naturali ma per finta, a beneficio della telecamera di regime; ma noi appunto sappiamo che così non è, perché il Presidente rappresenta l’apice del conato democratico, l’epilogo felice di un lunghissimo, tortuoso e secolare percorso che ci ha condotto alla definitiva sconfitta di ogni e qualsiasi totalitarismo. Dunque, è chiaro a tutti che quelle immagini non sono minimamente preparate, non sono pensate a priori. Egli davvero si sta concentrando sui dpcms, e i cameraman lo spìano e lo riprendono a sua totale insaputa. Nulla è stato preparato, è tutto spontaneo. Il Presidente non lo farebbe mai (anche perché uno Statista non umile non sarebbe uno Statista, bensì uno statista), non accetterebbe mai e poi mai di trasformare il Luogo sacro istituzionale in un set cinematografico (*).
E se questo è vero, e lo è perché non può non esserlo, emerge altresì una incredibile magnanimità in capo al Presidente. Se è vero che nulla egli sapeva prima di essere ripreso con la stilografica pendente, è altresì vero che a posteriori gliel’hanno detto, non hanno potuto non dirglielo, Scusi, Signor Presidente, sappiamo che ha poco tempo, ma la disturbiamo perché alcuni operatori televisivi, beh, mentre Lei era lì, così concentrato sui dpcms, insomma, l’hanno ripresa, veramente noi non sapevamo, sicuramente è colpa nostra, avremmo dovuto meglio vigilare, ma loro erano lì e l’intento giornalistico, sa, la volontà di documentare, hanno avuto il sopravvento, e ora ci chiedono di pubblicare, trasmettere quelle riprese, e Lei, ben s’intende, dovrebbe dare il suo benestare, nulla-osta, diciamo, ma loro sono disposti a distruggere subito tutto se necessario e se questo è il Suo volere, Presidente. E proprio qui, anziché l’ira e il fastidio – che sarebbero normali in un uomo qualsiasi la cui intimità, financo istituzionale, è stata gravemente violata - la grandezza dell’animo del Presidente emerge prorompente e straripante, ed egli sussurra un elegante “Sì, va bene”, un sì sofferto, sospirato, che ci riporta direttamente a Pericle, con la sua fronesis, con la saggezza che Aristotele, nel VI libro dell’Etica Nicomachea, indica come la qualità essenziale per l'ottimo governante della Polis.
Il nuovo Pericle ce lo abbiamo noi, e io, con questo memoriale – questo sì, celebrativo – lo esalto e ne vado davvero fiero. 
(*) I maligni potrebbero pensare che nel secondo caso, quello del corridoio, per la struttura dell’inquadratura, il Presidente sappia a priori di essere ripreso. Ma così non è. A parte il fatto che non è credibile che sappia, per i motivi logico-etici esposti, è chiarissimo che l’operatore lo stia riprendendo da lontano, probabilmente con un elevato zoom, e quindi il Presidente, che guarda fisso davanti a sé – il che è normale, chiunque camminando guarda fisso avanti a sé – non vede il cameraman, che, infatti, arretra frettolosamente proprio per non farsi notare. Per quanto concerne lo scalone, può ben darsi che, trattandosi di spazi più o meno aperti, e più pubblici che privati, i cronisti televisivi abbiano colto il Presidente di sorpresa, e infatti la videocamera è sita in agguato alla svolta della rampa dello scalone, al fine di tender un’imboscata (bonaria). 
Post Scriptum: alla fine, pur con dolore, ho deciso di non pubblicare questo memoriale, nel timore che qualcuno, ingiustamente e indegnamente, lo consideri ironico o peggio ancora sarcastico, e non comprenda la sconfinata quanto sincera ammirazione che nutro verso il nostro Presidente. Prenderò questo foglio e lo conserverò in un luogo sicuro, sino a quando, un giorno, chissà, qualcuno lo troverà.
Volturara Appula, 31.12.2020.
FINE DEL DOCUMENTO STORICO RINVENUTO NEL VASO D’ANTIQUARIATO.

 

 

 

  

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