La vita è bella

Il primo che, sulla falsariga del peggiore di tutti (R.B.), ha il coraggio di sostenerlo, subirà per certo il seguente trattamento: compro un ombrello (dai cinesi, pochi euro) di quelli grandi, non mignon di quelli che con un refolo di vento si spaccano, lo deprivo della tela, cioè lascio il cosiddetto scheletro, poi lo chiudo, lo metto a scaldare sul fuoco per circa 40/45 minuti, quando è pronto cioè ha cambiato colore ed è sul rossastro/giallo/bluastro cioè incandescente, lo infilo dietro cioè dentro il locus del soggetto che ha osato dire la simpatica frase di cui al titolo del presente post, poi quando l'ombrello roventissimo è tutto quanto, cioè intendesi completamente, nella sede deputata lo apro con forza -per quanto possibile attesa la resistenza dei tessuti biologici che comunque applicando violenza dovrebbero gradualmente cedere, comunque con notevole insistenza e pervicacia - e poi aspetto con calma la morte dell'interlocutore, che spero pervenga lenta e ponderata da parte sua e nel frattempo al bencapitato, continuo a ricordare il titolo del film di R.B. ma con una certa qual intonazione interrogativa, beninteso se dovesse ritrattare, il relapsus non avrà comunque pietà da parte di Doppiovubi torturatore, al massimo potrei abbreviargli il dolore con una mattonata -un bel forato da otto- dritta e reiterata e ben assestata sul cervelletto e non se ne parla più. Se poi oltre al soggetto sperimentatore vuol coraggiosamente farsi avanti qualcuno d'altro a pronunciare anch'egli la suddetta identica frase allora diligentemente tornerò dai cinesi a comprare un secondo ombrello e così via, etc. etc.

W.B.

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