George e Doppiovubi (4)

Mettetevi nei panni del povero Doppiovubi. Dotato di una formazione diciamo 'umanistica', quindi del tutto spaesato innanzi alla matematica e alle scienze in generale, preannuncia di trattare la meccanica quantistica. Come farà, ci chiediamo. Quali castronerie scriverà, pensiamo. O, in alternativa, quali banalità (e quindi inutilità, salvo definire l'arduo concetto di 'utile') ci propinerà.
In realtà, la grande opportunità di Doppiovubi è proprio questa, di non sapere, e di sapere di non sapere. Se Doppiovubi sapesse, o credesse di sapere, o non sapesse di non sapere, si troverebbe nella stessa condizione dei comuni mortali, e non riuscirebbe nel suo intento. Infatti, i fisici si occupano, normalmente, di fisica, e non si interessano di filosofia, o teologia, o musica, o letteratura, o meditazione trascendentale, o biologia, o spirito. D'altra parte, un esoterista nulla sa normalmente di particelle elementari, un biologo nulla sa, e nulla vuol sapere, delle prove dell'esistenza di Dio, un teologo nulla sa, e nulla vuol sapere, di matematica, un musicista nulla sa di filosofia analitica, un filosofo in teoria dovrebbe conoscere tutto, o almeno dovrebbe interessarsi di tutto, ma di fatto rimane nel suo proprio settore, e scrive un saggio di ottocento pagine su Heidegger ma crede ancora che l'atomo sia come un pianetino con i satelliti-elettroni che ci girano intorno, e quando gli parli di Boltzmann, dell'entropia e della freccia del tempo ti guarda strano, a meno che non sia un cosiddetto filosofo della scienza, e allora ben conoscerà (forse) il problema statistico-soggettivistico di Boltzmann, ma per certo non saprà dirti nulla sulle implicazioni del Terzo Suono di Tartini, sul presente esteso in musica, su Philip K. Dick e le sue geniali intuizioni, e su come comunicare con una macchina che comprende solo due stati discreti, e sulla semiotica, né si chiederà come collegare tutte queste nozioni con l'immortalità dell'anima, anzi forse non si chiederà nemmeno se esiste un'anima, e ancora una volta ti dirà con ogni probabilità che è una domanda inutile. E più, ineluttabilmente, andiamo verso la specializzazione dei saperi (oggi devi essere specializzato per battere la concorrenza e guadagnare soldi e comprare cose, tantissime cose), più ci allontaniamo dalla Verità, che richiede una conoscenza di tutti i rami del sapere, nessuno escluso (magari proprio tutti no, possiamo evitare i film con Christian De Sica). E così lo stato descritto da Doppiovubi è ancora più grave. E' ovvio che per scrivere un saggio di ottocento pagine su Heidegger devi dedicare tempo (tanto tempo) ad Heidegger, devi dedicarci una vita, non avrai più tempo di essere, e quindi anche se sei un grande professore di filosofia o storia della filosofia (mai capita, nei fatti, la distinzione), sarai pure un essere umano accidenti e non puoi conoscere tutti i filosofi come hai conosciuto Heidegger, e quindi per forza di cose quando ti chiederanno, Scusi professore, mi parli un pochino di Parmenide, sarai costretto a scavare nella tua memoria e ci recupererai nozioni di base su Parmenide, perché ovviamente non forma oggetto del tuo raggio di interesse primario, tu ti occupi di Heidegger, che è già roba pesante, probabilmente uno studentello di filosofia che ha appena ripassato gli eleati ne sa quanto te (a meno che tu non sia Giovanni Reale, ma su Giovanni Reale - r.i.p. - dovremo tornare perché c'è qualcosa che non convince, ecco lui era un campione assoluto su Platone, ma forse (forse) non avrebbe ben saputo enucleare la differenza tra le teorie di Boltzmann e il pensiero (!) di Cristiano Ronaldo, anche lui se vogliamo un grande fisico). Per cui un filosofo non solo non si interessa di musica, se non nel tempo libero e per svagarsi, diciamo (nel senso quindi che non la studia), ma non può interessarsi nemmeno di filosofia altra da quella che sta studiando e approfondendo, e d'altra parte le trattazioni generali non interessano più a nessuno, per diventare qualcuno devi scrivere qualcosa che nessuno ha scritto mai, e che nessuno può scrivere mai se non a costo di trent'anni di lacrime e sangue su quello specifico argomento. E questa frammentazione di interessi, e di saperi (dettata dal mostro divoratore di hobbesiana memoria, ma in nuova chiave economica-capitalistica-consumistica) appunto rende del tutto impossibile per un singolo essere umano disporre degli strumenti interdisciplinari orizzontali che gli consentano di avvicinarsi a un timido bagliore di Verità. 
Perchè la Verità è come un bambino piccolo che è passato. Lascia una briciola di pane qui, una macchia di cioccolato là, e un po' di bava sul divano.
Gli indizi ci sono. Ma sono seminati (secondo Doppiovubi 'sono stati' seminati) qua e là, non in un solo luogo. Per 'capire' devi avere uno sguardo d'insieme su tutti i luoghi.
E però, se ti chiudi nel tuo classico orticello, e passi la vita a studiare soltanto alcune particelle, e anni e anni al Large Hadron Collider (*), giocando con gli scontri e scoprendo la teoria del tutto o, alternativamente, facendo scomparire il Pianeta dentro un buco nero, è difficile (diciamo impossibile) che tu possa avvicinarti al Vero.

(segue)

W.B.

(*) Sia ben chiaro, se non ci fossero stati gli 'specialisti', Doppiovubi non avrebbe il materiale inter-disciplinare che ha a disposizione. Quindi in ginocchio davanti a tutti loro, e massima riconoscenza e devozione, fino alle lacrime. Però qualcuno, prima o poi, deve tirare le fila e mettere insieme i pezzi.


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