A 112,00 euro l'uno, 44.643 abbonamenti sono andati via solo per pagare la condanna alla RAI, per il servizio del bravo Corrado F., inflitta dall'ottimo Giudice del Tribunale di Torino.
W.B.
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Commenti
Anonimo ha detto…
Così su due piedi parrebbe che esistessero le buone ragioni per dichiarare una forzatura del diritto di cronaca nel bilanciamento con i diritti dell'azienda coinvolta, ma non sono certo della graniticità della sentenza sotto il profilo logico (la pubblicheranno?) e nemmeno della determinazione patrimoniale del danno: non dimentichiamo che la giustizia deve andare a braccetto con l'uso dei giusti strumenti. Intanto, cominciamo a versare il nostro anticipo a fondo perduto, per una volta la soccombente emittente ci aiuta in conseguenza del cattivo impiego delle risorse: investiamo sull'economia reale e non sui compensi delle signorine svestite (la finanza dei media).
Paolo
pim ha detto…
i miei soldi non sono miei. sono di chi li vuole. chi me li chiede, io glieli do. chiunque sia. mi basta avere qualcosa da mangiare e ogni tanto il seno di una donna sul quale riposare.
Anonimo ha detto…
Il riposo finisce e il ventre si svuota. Seno e anche senno, altrimenti saremmo eterni poppanti. E credo, Pim, che il tuo apprezzabile bisogno di essenzialità possa essere più radicale nell'innocenza senza dimenticare la bellezza di essere adulti (dotati di sensualità, affettività piena e - più o meno - disponibilità materiale).
Paolo
Anonimo ha detto…
A quanto pare il profilo logico alla base della condanna citata, che identifica un'audace figura di danno esistenziale dell'azienda, è una vera e propria forzatura paragonabile all'esattezza del risultato della recente partita Milan-Juventus (per fortuna che non si paga il canone anche per questi spettacoli). Le intuizioni giuridiche dell'encomiabile Doppiovubi in tempo reale (insieme alle conseguenze) sono davvero notevoli.
La prossima volta, però, suggerisco di usare gli aggettivi giusti: faccio fatica a capire il sarcasmo in prima battuta su temi giuridico-spettacolaristici, anche quando del tutto evidente il paradosso.
Domenica sono stato alla libreria Feltrinelli di piazza Duomo. Cercavo una di quelle poltrone nere, tipo Frau, dove ti puoi sedere per sfogliare un libro prima di comprarlo. Tante volte la gente ci si siede solo perché è stanca. Forse è l'aria condizionata della Feltrinelli che ha dentro qualcosa che ti fa stancare. Di sicuro emana un cattivo odore, sa di minestrone. Sabato pomeriggio in corso Buenos Aires c'era una manifestazione pro-Gaza. Impressionante sentire centinaia di persone gridare Allah è grande, impressionante sentirlo gridare in arabo. In genere le nostre manifestazioni sono ricche di voci femminili, per cui il coro di protesta è leggermente acuto, si percepiscono chiaramente le ugole delle donne che vibrano e stridono. Questa volta il coro, nel complesso, aveva toni bassi, gutturali, cupi, cavernosi. Molto, troppo. Intimoriva. Allah è grande. Non c'era nemmeno una poltrona libera. Vagavo con due libri sotto il braccio, assediato dal caldo opprimente e dal catt...
Tutti coloro i quali hanno vissuto a Milano negli anni '80 sanno perfettamente che il venerdì sera, dopo mezzanotte, Telereporter - contro la legge - trasmetteva film pornografici veri e propri. Non filmetti con E. Fenech che si fa la doccia e si insapona e R. Montagnani che la spia dal buco della serratura, non filmetti con C. Russo che vestita da professoressa si china verso la cattedra e A. Vitali che strabuzza gli occhi e simula uno svenimento, bensì veri e propri pornazzi - come si dice - con qualsiasi tipologia di introduzione di parti maschili in qualsivoglia luogo accessibile di natura femminile (all'epoca non era ancora così diffusa la pornografia omosessuale o bisessuale, per quanto ne sappia Doppiovubi, ma non è il suo campo). Il giovine Doppiovubi, che all'epoca aveva sedici/diciassette anni, e quindi la carica ormonale a livelli esplosivi, come ogni maschio che si rispetti alle 00:30 si sintonizzava religiosamente su Telereporter. Sia detto che Doppiovubi...
Il punto è che il redattore della voce di Wikipedia ha scritto “mostro”. Ha scritto che la chimera è un “mostro”. Già lì, ci troviamo di fronte a una prima difficoltà. “La chimera è un mostro…”. Tutti i vocabolari e tutte le enciclopedie - che si copiano un po’ gli uni con le altre, quando devi scrivere un vocabolario ex novo devi pur cominciare da un altro vocabolario, è come costruire una gru, come fai a costruire una gru se non disponi già di un’altra gru più alta (*) – cominciano la definizione di “chimera” con “mostro”. Ed è noto che la prima parola di una definizione è la più importante, perché definisce la categoria . In teoria si può immaginare un vocabolario/enciclopedia, fatto solo di categorie, dove a ogni parola corrisponda non una definizione completa, ma solo una parola, ovvero la sua categoria. Per esempio, alla voce “suncus etruscus” troveremmo soltanto la parola “mammifero” (**). (segue) W.B. (*) Ricordo che ventitré anni fa su Radio Popola...
Commenti
Paolo
E credo, Pim, che il tuo apprezzabile bisogno di essenzialità possa essere più radicale nell'innocenza senza dimenticare la bellezza di essere adulti (dotati di sensualità, affettività piena e - più o meno - disponibilità materiale).
Paolo
http://www.corriere.it/inchieste/reportime/societa/12_marzo_01/flash_3dc14864-63b8-11e1-b5fe-fe1dee297a67.shtml
La prossima volta, però, suggerisco di usare gli aggettivi giusti: faccio fatica a capire il sarcasmo in prima battuta su temi giuridico-spettacolaristici, anche quando del tutto evidente il paradosso.
Paolo