Cercalo sopra il cielo stellato.

Il grande peccato, per cui “a chiunque ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”, il peccato non perdonabile, l’abominio, o meglio, il peccato che, prima o dopo, dovrà comunque essere scontato, e senza alcuna speranza di sottrarvisi, è quello commesso da chi ha sprecato la propria vita.
E mi sovviene la scena in cui Steve McQueen, in “Papillon”, sogna di comparire, nel deserto, innanzi a una corte di giudici, imparruccati, il cui presidente, con tanto di martelletto di legno, gli dice, con tono assai severo: “Yours is the most terrible crime a human being can commit. I accuse you of a wasted life. Guilty. The penalty for that is death.”.
Per essere più chiari, ogni minuto sottratto a Goethe, e regalato ad Aldo Biscardi e a suo figlio Maurizio, ogni minuto sottratto a Dostoevskij, e regalato a Fabio Fazio che intervista Oscar Luigi Scalfaro, ogni minuto sottratto a Bach, e regalato a Vasco Rossi e ad Adriano Celentano, ogni minuto sottratto a Caravaggio, e regalato a Dylan Dog, ogni minuto sottratto a Hegel, e regalato a “Metro” o a “Leggo”, ogni minuto sottratto a Giambattista Vico, e regalato a Simona Ventura e alla sua Isola, è un crimine, un vero e proprio crimine, non perdonabile, verso se stessi.
Ed è un crimine, imperdonabile, anche - e forse soprattutto - verso l’umanità, come dirò tra breve.
La colpa è ancor più grave perché oggi, con pochissimi euro, chiunque può ascoltare e riascoltare, e riascoltare ancora, la Nona sinfonia di Beethoven, anziché Anna Tatangelo o il suo degno fidanzato.
E pensare che si poteva trovare in edicola, a quattro euro e novanta centesimi, la leggendaria direzione di Arturo Toscanini, sepolta tra “Chi”, “Dipiù” e “Tu”.
Ci fu un tempo in cui solo i ricchissimi potevano nutrire il loro spirito sulle note del Ludovico Van.
Oggi, pur essendo alla portata di tutti, si ascolta (si preferisce ascoltare, è questa la mia ipotesi) Pippo Baudo, nel consueto smoking, che strimpella al pianoforte il jingle del caffè Palombini (“…e bravo, bravo, bravo Palombini…”), attorniato da donne seminude che ballicchiano, con piume di struzzo rosse sulle teste.
Intanto, potremmo leggere I dolori del giovane Werther, che ci costerebbe sette od otto euro, o anche nulla, se si va in biblioteca e lo si prende a prestito.
Ma non lo facciamo.
Molto meglio “Amore 14” di Federico Moccia.
Sarà il lato oscuro, che effettivamente è più forte.
Sarà che lo sbagliato, approfittando della stanchezza dell’uomo, ha il sopravvento sul giusto.
Non sto dicendo che il tramviere o il carrozziere, la sera, debbano leggersi l’Iliade. In questa vita, è andata così, va bene così, per loro.
E’ giusto, più che giusto, che il tramviere o il carrozziere ascoltino Aldo Biscardi che picchia il pugno sul tavolo invocando “la moviola in campo”, o il bel José Mourinho che ci informa dell’entità del suo stesso ingaggio, o che i suddetti si appassionino alle “notizie” di cronaca su “City”, del tipo, fa a fette la famiglia a colpi di machete e poi va a giocare alle slot machine con gli amici.
Mi riferisco a chi potrebbe comprendere, almeno in parte, Omero, o Dante, o Shakespeare, e non lo fa.
Non si tratta di ritirarsi nell’eremo.
L’unica speranza per dare un contributo, un proprio - anche se modesto - contributo all’umanità, non può prescindere dall’abbandono di Pippo Baudo, per nutrire il proprio spirito di contenuti altissimi, potendolo fare, affinché ci sia la flebile speranza di dare il proprio apporto all’evoluzione della coscienza umana.
Basterebbe anche solo qualche riga, lasciata in un post, a commento, proprio e originale, e non importa se completamente sbagliato, del Parmenide.
Ma, prima, il Parmenide bisogna pur leggerlo, o quanto meno provare a farlo.
W.B.

“Ahnest Du den Schöpfer, Welt?
Such ihn überm Sternenzelt!
Über Sternen muß er wohnen.”
(Friedrich von Schiller)

Commenti

Anonimo ha detto…
tutto giusto.
Unknown ha detto…
"Ego diligentes me diligo"

Il Cielo è fatto solo di estetica d'Amore, nello spirito di una giustizia non retributiva, bensì constatativa: ogni rinuncia, ogni passo indietro dell'ego, ogni dono di sé a farsi strumento per la crescita altrui, ogni riconoscimento del proprio limite, ogni degna reazione a questa consapevolezza, ogni volta che si lasci vincere una legge superiore e incompresa sulle voglie, ogni volta che si impari a gioire per questa arresa quando pareva impossibile felicitarsi di quella scelta. Ogni riconoscimento della gratuità delle qualità proprie, ogni spendita delle stesse per gratuità. Ogni volta che si torni bambini indifesi nel guardare il mondo con incanto, e adulti responsabili e disincantati nel conferire silente contributo all'esistenza. Essere "servi inutili" a mani vuote, a rappresentare il possesso di quel che conta, per vedersele riempite con sovrabbondanza di benefici impensabili.

Tutte cose nascoste ai sapienti e rivelate ai piccoli. Perché la sapienza non si prende con la forza né per il Cielo, è un dono elargito in conseguenza di una debolezza e di un desiderio di pienezza espresso col capo abbassato e le membra stanche. Anch'esso non è un fine, ma strumento.

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