T.C.C.

 

Provate a confrontare le seguenti due proposizioni:

1) Romelu Lukaku ha indossato le scarpe Puma One. 2) Romelu Lukaku  ha indossato le scarpe Puma One. 

 

Trovate delle differenze? e se sì, quante?

Senza ‘barare’, e quindi arrestando la lettura proprio adesso, provate a rispondere.

Avete risposto? Bene.  

 

Le possibili risposte sarebbero potute essere:

 

  1. non c’è alcuna differenza;
  2. c’è una differenza soltanto; 
  3. ci sono due differenze;
  4. ci sono tre differenze.

 

Ancora senza ‘barare’, provate a rivedere la vostra risposta di prima.

Adesso leggete il post, se ne avete il coraggio, poi ritorneremo sul punto.

 

*** *** ***

avvertenza:

questo, diciamolo subito, non è un post sugli ‘errori’ cognitivi, o sull’attenzione: non è un giochino enigmistico.

*** *** ***

 

Facciamo un passo indietro. Esistono dei software che confrontano delle stringhe di testo. Qualunque linguaggio di programmazione lo fa. Per esempio, nel linguaggio C esiste la funzione strcmp (che sta per string compare) che fa il lavoro che voi doppiovubiani avete (forse) fatto (per inciso, Doppiovubi si augura che non l’abbiate affatto fatto, dato che Doppiovubi vuole lettori liberi, che decidono di non fare qualcosa, soprattutto se viene detto loro di farla). 

Per il momento (anno 2021) un computer è in grado di confrontare due testi dal punto di vista formale, forse in futuro un computer proverà a confrontare i rispettivi significati, ma dubitiamo molto che ci riesca (a farlo correttamente, ammesso che un significato si possa dire corretto rispetto a un altro, che è uno dei motivi per cui non ci riuscirà), per tanti motivi che adesso non stiamo a enucleare. 

Ma torniamo al confronto che ci occupa, che è chiaramente ed esclusivamente formale.

Infatti Doppiovubi non vi ha chiesto di confrontare le seguenti frasi:

1) Romelu Lukaku ha indossato le scarpe Puma One. 2)  Il giocatore di calcio belga che ha militato nell’Inter nel campionato 2020-2021 e che in quel campionato ha segnato 24 gol, ha indossato le scarpe modello ‘One’ prodotte dalla società tedesca fondata, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, dal fratello di Adolf Dassler, che a sua volta è stato il fondatore della concorrente Adidas.

 

Se guardiamo al significato, le due proposizioni indicano la stessa entità (ricordiamolo, più tardi, in fondo al post, ci tornerà molto utile).

Ma qui, per ora, parliamo di forma pura.

Dicevamo, anche Word - o analoghi elaboratori di testo - hanno la funzione delle ‘revisioni’, che vi consente - a colpo d’occhio - di scovare le differenze formali tra due entità testuali. Comodo, no? In rosso - o in altri colori - vedete subito le modifiche: quella virgola è sparita, quel parola è comparsa. Possiamo risparmiare tempo. Risparmiare tempo! Fare più cose! Dedicarci ad altro rispetto a un’attività noiosa che possiamo demandare a una macchina!

 

*** *** ***

avvertenza:

e questo non è nemmeno un post sul modo in cui gli esseri c.d. umani della c.d. società c.d. moderna trascorrono il c.d. loro c.d. tempo.

*** *** ***

 

Dai presocratici, e poi via via fino a Hegel, e ancora fino a Doppiovubi, i filosofi si interrogano da sempre sul divenire. Tutto scorre, questo lo sanno anche gli idraulici. Scorre l’acqua nei rubinetti, scorrono soprattutto i soldi dal vostro portafoglio al loro, quando con destrezza e rapidità vi cambiano una braga: tutto scorre. Tutto cambia, muta, diviene. Il tempo è inarrestabile (anche se Doppiovubi sta progettando una macchina per arrestare il tempo; è quasi pronta, col brevetto dovrebbe farci un po’ di soldi). 

Sappiamo che il tempo è collegato - in qualche strano modo - con l’entropia. Il tempo ha una direzione precisa. Lukaku non segnerà per sempre 24 gol in un campionato, non indosserà per sempre le Puma One (o forse sì, non è detto). Sarà progressivamente più lento, più goffo (più goffo), invecchierà, lascerà il calcio ‘giocato’, e giocherà a pallone nel retro della sua bella villa, insieme ai suoi nipotini (“passa, nonno Rom, e passala!”), e infine morirà. Giacerà in una capace bara, a braccia incrociate (magari con le Puma One). Col tempo, il suo corpo - ora atletico e tonico - si ridurrà in polvere.

Il divenire dunque è concetto fondamentale, per noi filosofi. Il cambiamento, in generale. Il rapporto tra essere e divenire. 

 

Non solo dunque c’è il cambiamento, ma tutto cambia.

E non solo tutto cambia - e tutto significa tutto, fatto salvo che 'tutto' qui significa un 'certo' tutto - ma cambia continuamente. Quando si pensa all’infinitamente piccolo, si va subito con la mente agli atomi, alle particelle sub-atomiche, e così via, ma c’è anche l’infinitamente piccolo temporale. C’è un milionesimo di secondo, c’è un miliardesimo di miliardesimo di secondo. Ma la percezione umana non arriva sin lì. A prescindere dal fatto che non viviamo praticamente mai nel nunc , perché siamo preda di rimorsi sul passato, e di preoccupazioni sul futuro, anche quando crediamo di entrare nel nunc , il tempo inesorabile scorre via, e già tutto è cambiato, dentro di noi e intorno a noi. Il contenuto di quel miliardesimo di miliardesimo di secondo è già archiviato nel passato, e quando pensavamo - illusi - di esserci concentrati sul presente, esso è già archiviato nel passato, e senza volerlo stiamo ricordando anziché percependo. E’ un bel problema, che rende ancora più urgente il completamento del macchinario di cui sopra.

Tutto cambia continuamente. Tutto cambia continuamente. Tutto cambia continuamente.

E questa cosa, che fa parte eraclitianamente delle regole di questo gioco a cui tutti stiamo giocando da quando siamo nati, questa regola del ‘tutto cambia continuamente’, è una regola basilare, una di quelle che nel foglietto (“ISTRUZIONI DEL GIOCO”) di carta un po’ oleosa ti descrivono, con inchiostro blu, subito dopo l’elenco del contenuto della scatola (non chiedetemi cosa c’è scritto sotto il paragrafo “Scopo del Gioco”, oppure chiedetemelo, e ci scriverò sopra il post dei post, post postorum, a condizione che mi arrivino almeno centomila richieste in tal senso, perché non è un lavoretto da niente).

Tutto cambia continuamente, tutto cambia continuamente, tutto cambia continuamente.

Quel filibustiere di Einstein ha incollato definitivamente tra loro spazio e tempo, per cui non ha molto senso parlare di ‘spazio’ senza parlare, al contempo, di ‘tempo’. A Doppiovubi piace parlare di ‘caselle spazio-temporali’, concetto che ha inventato lui. Se osservi un bicchiere che contiene del prosecco che stavi per bere, esso si trova in una casella spaziale i cui confini sono determinati secondo tre assi di coordinate, più o meno, ma se arriva tua moglie e te lo sposta per berselo lei, in quella stessa medesima casella spaziale - con le stesse identiche coordinate spaziali - adesso non c’è più niente. Dunque la casella spaziale va obbligatoriamente definita anche con il parametro del tempo. Il tempo, come la moglie, ‘sposta’. Doppiovubi ha immaginato un navigatore che si basi sul suo concetto di casella spazio-temporale, cioè che ti dica non soltanto dove sia qualcosa (usando le coordinate geografiche), ma anche quando lo sia, aggiungendo la dimensione 't'.

Le caselle spazio-temporali mutano continuamente, tutte, quanto al contenuto. Anche se sembra che non ci sia dentro niente, e quindi pensi che la casella A (coordinate x, y, z, t) sia completamente vuota, e poco dopo rimanga ancora, perché ancora vuota, la stessa casella, che ora chiamiamo B o se volete A', con le stesse coordinate (a parte ‘t’, che muta continuamente per definizione), in realtà è solo perché la nostra percezione è limitata: nella casella B c’è forse (anzi sicuramente) una particella (pulviscolo, un atomo qualsiasi, o un virus con ciò che ne consegue dal punto di vista amministrativo) che prima non c’era, oppure c’era e non c’è più, il che la rende certamente e sempre e continuamente diversa dalla casella A, e fa ripartire le cartelle esattoriali.

Questo continuo cambiamento delle cose - di tutto, abbiamo detto - tutto cambia continuamente, è un fatto che ci disturba, perché vorremmo poterci ‘basare’ su qualcosa, qualcosa di ‘immobile’ (spazio-temporalmente parlando), qualcosa di cui possiamo parlare adesso, essendo sicuri che tra pochi secondi la nostra doxa, la nostra opinione su quel qualcosa non si tramuti in storia, puro racconto, un mero commento inattuale. Siamo tutti, in fondo, nel nostro piccolo, degli Alessandro Barbero. Quando parliamo, valutiamo, commentiamo, descriviamo, necessariamente ci riferiamo al passato. Tutto cambia continuamente.

E c’è poi un aspetto che i filosofi, quasi tutti (tranne Doppiovubi e pochi altri) non hanno considerato adeguatamente. Tutti si sono messi a distinguere il rapporto tra soggetto e oggetto, tutti a pensare al divenire degli oggetti, all’inconoscibile noùmeno dell’oggetto, ma anche il soggetto percipiente cambia. Essendo il soggetto, oltre che soggetto -diciamo- cosciente, anche oggetto (vedi il tema della inter-soggettività, per un altro soggetto noi siamo un oggetto da percepire), anche noi siamo soggetti (!) al divenire. E anche se ammettessimo (ciò che non è), che un oggetto - magari grazie alla costruenda c.d. Macchina di Doppiovubi (che è progettata per fermare il tempo relativamente a un oggetto specifico, e non a tutto il Sistema, altrimenti Doppiovubi sarebbe il Grande Architetto) smettesse di mutare, cambierebbe tuttavia il soggetto (tutti i soggetti! quindi non provate a puntare la Macchina anche su voi stessi oltre che sull'oggetto, anche perché gli effetti sugli umani non sono ancora chiarissimi) che la percepiscono, e dato che (sempre il filibustiere di cui sopra) ci ha spiegato che tutto è relativo, nella relazione tra me - soggetto percipiente che cambia continuamente - e l’oggetto percepito (ipoteticamente freezato dalla Macchina di Doppiovubi) se cambio io, cambia anche l’oggetto, perché husserlianamente cambia la relazione. Dunque non c’è via d’uscita, Tutto Cambia Continuamente, anche i soggetti che percepiscono, e con loro gli oggetti (e i soggetti) percepiti.

Dicevamo: questa Regola del Gioco (TCC) ci disturba parecchio. Sentiamo il bisogno di riposarci su qualcosa - almeno qualcosina - di stabile; non tanto, basterebbe qualcosa che rimanesse uguale a se stesso non per un giorno, ma almeno per qualche minuto. Invece no. TCC. E così i filosofi si sono industriati a ragionare sull’essere, non tanto perché l’essere sia lì a essere (appunto) osservato e descritto - perché l’essere in quanto tale non si vede, se si vedesse sarebbe già soggetto al divenire, anch’esso, e non sarebbe più essere - quanto perché l’essere è una speranza; di più, un desiderio. Studio l’essere in quanto tale, qualcosa di stabile e non mutevole, perché lo voglio, voglio che sia, voglio che l’essere esista. Voglio che l’essere sia. Perché se l’essere non c’è, TCC, e basta.

In altri termini, non mi arrendo al divenire.

Non ci arrendiamo al divenire, anche se è tutto intorno a noi, dal giorno in cui ci siamo seduti, in sala parto, al Tavolo da Gioco, fino a quando non ci accomoderemo, a braccia incrociate sul petto come R.L., nella lignea scatola. 

Non ci arrendiamo al divenire, anche in un altro senso. Cerchiamo leggi, regolarità, norme, ordine, prevedibilità, canoni, misure, equilibri, schemi, modelli. Siamo costantemente all’inseguimento di un ubi consistam, per potere, in qualche modo, governare il cambiamento. E a forza di cercare schemi regolari in ciò che accade, ci innamoriamo dei risultati conseguiti - quando abbiamo stabilito, dopo una lunga frequentazione, che Tizio è così e così, fatichiamo a cambiare idea su Tizio, anche se Tizio è cambiato, com’è normale che sia, non può non cambiare. E non percepiamo più ciò che è adesso, ma quello che era prima

 

E dunque, la risposta al quesito iniziale non è certamente la 1), perché di differenze ce ne sono, e nemmeno la 2) - che qualcuno potrebbe avere ipotizzato dopo aver individuato con un conato attentivo un carattere vuoto in più, dopo la ‘u’ del secondo ‘Lukaku’ -, perché ce n’è più di una, di differenza, e nemmeno la 3), che qualcuno potrebbe avere individuato avendo colto, oltre allo spazietto di prima, la differenza tra il segno grafico ‘1)’ e il segno ‘2)’, perché di differenze ce ne sono più di due, e infine nemmeno la 4), perché, sulla base di quanto abbiamo detto, il numero di differenze tra le due frasi - considerando le rispettive caselle spazio-temporali, considerando cioè che le due frasi si trovano in spazi e tempi diversi - sono situate in due luoghi diversi persino del display che le hanno visualizzate, con gradazioni di luce impercettibilmente diverse che hanno attivato solo alcuni, e non altri, dei bastoncelli nelle vostre retine (bastoncelli che sono centinaia di milioni) -, e infine considerando che i percipienti (voi stessi) ‘cambiano’ in ogni miliardesimo di miliardesimo di secondo, ebbene il numero delle differenze tra le due proposizioni è letteralmente infinito. E siamo rimasti rigorosamente in ambito formale.

 

Il ‘concetto’, però, espresso dalle due proposizioni, rimane il medesimo, oltre lo spazio e oltre il tempo.

L’Essere dunque, al di là delle sue manifestazioni formali, esiste.

Si annida, si nasconde in un luogo avulso dalla materia. La materia rappresenta soltanto (soltanto?!) il suo segno. Tramite il segno, seguendo à rebours le tracce, lo potremo stanare. 

Infatti, il concetto è frutto di un procedimento di astrazione che il nostro intelletto, per come è stato progettato, è in grado di creare.

In sostanza, ci siamo seduti (siamo stati invitati a sederci) al Tavolo da Gioco con tutti gli strumenti adeguati per comprendere, in qualche modo, l’Ideatore del Gioco - che appunto li ha forniti (gli strumenti), ai Giocatori, e per comprendere, in qualche modo, il Gioco medesimo.

A patto che non decidiamo - la libertà è un'altra basilare regola del gioco - di occuparci di altro, per esempio delle differenze formali tra due proposizioni qualsiasi.

W.B.

 

 

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