Con schifo e riluttanza
Il fato
beffardo - il karma -, in una gita
scolastica primaverile, mi fece finire in stanza doppia proprio con l’odiato
Giovanni G.. (quando la frase finisce con una lettera puntata, io metto i due puntini, sia chiaro).
Se non erro andammo in Toscana, meta classica e banale degli anni
ottanta.
Sul far
della notte, estrassi lo spazzolino dal mio c.d. beauty case (un antico pezzo d’antiquariato in sky, tristemente sponsorizzato, esumato da un cassetto e pulito con
l’alcool - la sera prima della
partenza - dalla mia premurosa mamma, Mamma,
è bruttissimo, faccio una figura di merda, Ma no, guarda, è comodo, tiri la zip
ed ecco fatto, adesso te lo pulisco io bene bene con l’alcool).
Il b.c., oltre ad essere bruttissimo, puzzò, così, pure di alcool.
Tantissimo.
In
stanza con G.G., nell'albergo toscano, mi apprestai al consueto lavaggio dentario, o dentale.
Spruzzai
sulla setola media - la setola è bene che sia media - il dentifricio, dal tubo flessibile (che, come adesso sappiamo, ha
lanciato la Colgate & Company).
G.G. mi
guardava perplesso.
G.G. mi fissava.
Io mi
sentivo esplorato dal mio nemico.
Cominciavo a sentirmi
male.
Il punto
è che io avevo sempre spruzzato sullo spazzolino una quantità di dentifricio
pari alla lunghezza dello spazzolino stesso, perché così la pubblicità mi aveva insegnato.
Nella pubblicità però compare anche
un "ricciolino" finale, che non sono mai riuscito a realizzare. All’epoca non avevo ancora capito che lo scopo della pubblicità è far vendere il prodotto, e anche
farti sprecare il prodotto. Se usi
tanto dentifricio, il tubo si svuota in fretta, e ne compri un altro. Il target dei pubblicitari – in questo caso
la parola target è proprio azzeccata – era costituito da
famiglie - ingenue e semplici - come la mia.
Non certo come quella di G.G..
Giovanni
G. mi guardò con schifo e riluttanza.
Poi mi disse la frase che mi si è
scolpita nel cervello.
(segue)